Roma, un milione in corteo per Gaza: blindata la Capitale, tra bandiere, cori e massima allerta sicurezza
In testa la grande bandiera verde, bianca e rossa, dietro studenti, lavoratori, sindacati e associazioni. Massiccio dispositivo di sicurezza: sequestrati caschi, aste e maschere antigas
Roma oggi è un fiume che scorre in direzione di San Giovanni. Un fiume di bandiere palestinesi, striscioni, cori e tamburi che partono da Porta San Paolo e promettono di riempire ogni strada lungo il percorso. Gli organizzatori parlano di un milione di persone: una cifra che la questura non conferma ma che basta a dare il senso della marea che ha invaso la Capitale.
La manifestazione è stata indetta dal Movimento degli studenti palestinesi e dall’Unione democratica arabo-palestinese, ma la rete di adesioni è vastissima. Ci sono Usb e Cgil, i collettivi studenteschi come Osa, Cambiare Rotta e Zaum, ci sono Anpi e Arci, il mondo dell’associazionismo, gruppi universitari e liceali. Un mosaico che, nelle ultime settimane, si è ritrovato a marciare per sostenere la Global Sumud Flotilla e per chiedere lo stop del “genocidio a Gaza”.
In testa al corteo una bandiera palestinese lunga decine di metri che scivola sulle mani alzate dei ragazzi. Dietro lo striscione che recita: “Stop al genocidio. Stop accordi con Israele. Palestina libera”. I cori si alzano senza sosta: «Dal fiume al mare, Palestina libera», accompagnati dal battito secco dei tamburi e dalle note di Bella Ciao.
La città è blindata. Stazioni presidiate, decine di blindati e più di 1500 agenti tra poliziotti, carabinieri e vigili. Già dalle prime ore del mattino il piano sicurezza della Questura è scattato con bonifiche lungo il tragitto, chiusure al traffico e divieti di sosta. Due pullman e un’auto provenienti da Massa Carrara sono stati fermati ai caselli: a bordo maschere antigas, aste e mazze di legno. Sessanta persone identificate, il materiale sequestrato, probabile un foglio di via per i passeggeri.
Nonostante la tensione, il corteo appare compatto. Gli studenti universitari, reduci dall’occupazione di Giurisprudenza alla Sapienza, si sono radunati a piazzale Aldo Moro in mattinata e da lì hanno raggiunto Ostiense per unirsi alla marcia. Altri arrivano da San Lorenzo in sella a motorini e scooter, in una sorta di carovana improvvisata.
Dietro gli studenti, i sindacati. Usb e Cgil hanno portato migliaia di bandiere rosse e il ricordo ancora caldo dello sciopero generale di ieri, che ha fermato treni, bus e taxi in tutta Italia. E ancora Emergency, delegazioni del Pd di Roma, associazioni culturali e comitati locali. Tutti uniti da una parola d’ordine: “Cessate il fuoco subito”.
La memoria corre alle ultime due settimane: i cortei da Termini, la marcia notturna fino a piazza San Silvestro, i trecentomila in sciopero che hanno attraversato la città fino all’A24. Oggi, però, la mobilitazione assume i tratti di una prova di forza nazionale.
Sul percorso si intonano slogan contro il governo: cartelli mostrano i volti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini con la scritta “complici del genocidio”. Altri accostano Gaza ad Auschwitz. In piazza prendono la parola anche giovani militanti romani: «Siamo qui perché non possiamo restare a guardare, perché il genocidio dei palestinesi ci impone di gridare la nostra rabbia».
La segreteria romana dei Giovani democratici, per voce di Jacopo Augenti, dichiara: «È la responsabilità storica che ci chiama, perché davanti al peggior crimine non si può tentennare. Il governo resta complice, in silenzio, piegato alle imposizioni di Netanyahu e Trump».
Non mancano gli episodi di tensione. A Termini, sabato mattina, ignoti hanno imbrattato la statua di Giovanni Paolo II con la scritta “fascista di merda” e il simbolo della falce e martello. Le telecamere di sicurezza sono ora al vaglio per risalire agli autori.
Il corteo procede lungo l’Aventino, passa accanto al Colosseo, imbocca via Labicana e via Merulana. L’arrivo a San Giovanni è previsto nel pomeriggio, ma già ora la piazza è gremita. Le note arabe si mescolano a quelle italiane della resistenza partigiana, i cori si intrecciano con le grida dei megafoni.
Sullo sfondo, l’incognita di possibili scontri. Ma l’obiettivo dichiarato dagli organizzatori è trasformare la Capitale in un’unica voce di solidarietà, una capitale che parli per Gaza. «Non ci fermeremo – dicono – finché il blocco non sarà rotto e la Palestina sarà libera».
Roma, oggi, è una piazza che si sente centro del mondo. Una piazza che guarda oltre i confini italiani e che pretende di essere ascoltata, a costo di fermare il traffico, bloccare i treni, deviare autobus e chiudere temporaneamente le stazioni della metro.
È una giornata che resterà impressa nella memoria politica del Paese: il giorno in cui la voce per Gaza ha occupato la città eterna, trasformandola in un’enorme bandiera sventolata al vento.
Dal Pollino allo Stretto, in Calabria 15mila in piazza per Gaza. Striscioni, canti e una sola voce: «Palestina libera»