Scomparve nel ‘94, ora si riapre il caso del giudice Adinolfi: si scava sotto la Casa del Jazz per trovare i resti
Cani molecolari e tecnici nei tunnel sotterranei: dopo 31 anni si indaga di nuovo sulla fine del giudice romano svanito in una mattina d’estate
È una mattina qualunque quando Paolo Adinolfi, giudice romano appena trasferito in Corte d’Appello, esce dalla sua casa in via della Farnesina. È il 2 luglio 1994. Dice alla moglie che tornerà a pranzo, un dettaglio che in qualsiasi altra famiglia scivolerebbe via innocuo, ma che nel tempo è diventato l’ultimo frammento certo di una storia che oggi, trentuno anni dopo, continua a spaventare. Perché Adinolfi non è mai più tornato, e la sua scomparsa è rimasta uno di quei buchi neri della cronaca italiana in cui i fatti verificabili finiscono presto per mescolarsi con sospetti, silenzi e fantasmi criminali.
Stamattina a Roma quei fantasmi hanno ripreso forma. Cani molecolari, tecnici e investigatori stanno scavando sotto la Casa del Jazz, all’inizio di via Cristoforo Colombo, un luogo simbolo della cultura cittadina che prima di diventare auditorium era una villa appartenuta a Enrico Nicoletti, il temuto cassiere della Banda della Magliana. Un bene confiscato alla criminalità, ora al centro di un’operazione che sembra aprire un varco nei sotterranei della città, letteralmente e metaforicamente.
Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha dato l’autorizzazione alle ricerche dopo una richiesta dell’ex giudice Guglielmo Muntoni. A spingere verso questa decisione ci sarebbero elementi nuovi, ma su quali siano non c’è ancora alcuna conferma ufficiale. Quel che è certo è che sotto il complesso si snodano gallerie di epoca romana, alcune note, altre ancora inesplorate. Ed è lì, tra il tufo e la terra umida, che gli esperti stanno cercando un segnale, anche minimo, che possa riaccendere una speranza rimasta sospesa per oltre tre decenni.
Quando Paolo Adinolfi è scomparso, lavorava da pochissimo in Corte d’Appello, ma veniva da una lunga esperienza nella sezione Fallimentare, un settore delicatissimo dove si incrociano soldi, imprese, poteri e ombre. Tra i fascicoli che aveva trattato c’era quello del fallimento della Fiscom, vicenda in cui il nome di Nicoletti era comparso con una condanna in primo grado. Poi erano arrivati gli atti della Ambra Assicurazioni, altro terreno minato. Un lavoro che in quegli anni non passava inosservato, tanto meno a Roma, dove i confini tra finanza, politica e criminalità erano sottilissimi.
Il giudice uscì da casa con la sua auto, che fu ritrovata ore dopo al Villaggio Olimpico, parcheggiata senza segni evidenti di effrazione. In mezzo, solo ipotesi. Una testimonianza lo avrebbe collocato su un autobus, nonostante fosse partito in macchina. Un’altra sosteneva di averlo visto negli uffici di piazzale Clodio accompagnato da un giovane mai identificato. Due dettagli rimasti sospesi, mai verificati fino in fondo, ma abbastanza inquietanti da alimentare per anni la convinzione che Adinolfi non fosse scomparso volontariamente.
La sua famiglia – la moglie Nicoletta, i figli Giovanna e Lorenzo – ha atteso a lungo risposte che non sono arrivate. L’inchiesta è stata archiviata, ma il mistero non si è mai chiuso. Soprattutto perché le voci su un possibile collegamento con Nicoletti non si sono mai spente. L’ipotesi che il giudice fosse stato eliminato per il suo lavoro nella Fallimentare ha circolato a lungo, insieme a quella che il suo corpo potesse trovarsi in una proprietà riconducibile al cassiere della Banda della Magliana. La stessa proprietà che oggi ospita la Casa del Jazz.
Gli scavi non sono semplici controlli. Sono un gesto che riapre una ferita. Le pale degli operai cercano un varco nei punti indicati dagli investigatori, seguendo mappe antiche e segnalazioni recenti. I cani si muovono tra le gallerie in cerca di tracce biologiche. Gli agenti avanzano lentamente, sapendo che ogni metro di terreno rimosso porta con sé l’eco di un passato mai pacificato.
Se questa sia la volta buona nessuno lo sa. Ma la sensazione è che qualcosa, dopo trentun anni, si sia mosso. Forse una testimonianza finita oggi sotto nuova luce. Forse un dettaglio rimasto sepolto negli atti e riemerso nelle ultime settimane. Forse solo il tentativo istituzionale di non lasciare che una scomparsa così pesante continui a rimanere un vuoto senza spiegazione.
Nessuno si illude che gli scavi sotto la Casa del Jazz possano restituire certezze immediate. Ma il fatto stesso che si torni a cercare dove un tempo viveva Nicoletti, in un luogo che incrocia storia criminale e memoria civile, racconta quanto il caso Adinolfi continui a pesare sulla città. E quanto, nell’Italia dei misteri irrisolti, ci siano storie che non trovano pace finché non si tenta l’ultima risposta possibile.