Sergio Castellitto: «Francesco? L’ho amato. E mi ha commosso la sua sofferenza»
Nel film “Conclave” interpreta il cardinale Tedesco, figura spigolosa e conservatrice. Così racconta l’incontro privato con papa Bergoglio: «Zoppicava, non voleva che lo vedessimo appoggiarsi al muro»
Sergio Castellitto torna al centro della scena con Conclave, il film tratto dal romanzo di Robert Harris che si è trasformato in un caso cinematografico, non solo per la qualità della regia di Edward Berger, ma anche per la sua inquietante attualità. Otto nomination agli Oscar, un premio ai Golden Globe, una candidatura ai David di Donatello e, adesso, un ritorno in televisione proprio nei giorni in cui la Chiesa reale si prepara davvero a un nuovo conclave. Una coincidenza potente, che ha riportato il film sotto i riflettori internazionali.
Nel cast, Castellitto interpreta il cardinale Tedesco, figura di spicco della corrente conservatrice, personaggio duro, affilato, insofferente ai compromessi. Un uomo che nel film rompe il silenzio con un discorso tagliente sull’ipocrisia vaticana, sull’eccessiva apertura al dialogo interreligioso, sull’identità da difendere. «Tedesco spacca quel mondo – racconta Castellitto – perché rompe la diplomazia e dice la verità. Non è gentile, non è moderato, ma è sincero». Il suo personaggio è il simbolo di una Chiesa che si interroga, divisa tra chi vuole cambiare e chi vuole conservare. «Non è una massa compatta quella dei cardinali – spiega –. Noi la vediamo come una marea rossa, ma in realtà è fatta di singole gocce. Uomini anziani, spesso nel momento della vita in cui si riflette, si fa bilancio».
Secondo l’attore, il film ha colpito il pubblico proprio per questa umanizzazione dei personaggi. «Per una volta non vediamo figure astratte o spirituali e basta. Ma esseri umani con le loro fragilità, con le ambizioni, con i limiti. Ed è questo che li rende più vicini a noi». La forza del film, secondo Castellitto, sta anche nel suo coraggio: «Apre una porta che normalmente resta chiusa. Racconta un mondo proibito, che esercita un enorme fascino proprio perché ci è vietato».
Il paragone con la realtà non è forzato. Anzi. «Nel film si riflette una divisione che esiste davvero – dice –. Quella tra i progressisti e i conservatori è una frattura reale, che attraversa la Chiesa da sempre». E il potere, dentro le mura vaticane, non è mai un’astrazione. «La Chiesa è l’unico luogo al mondo dove convivono il massimo della spiritualità con il massimo della politica. È un’enorme macchina di governo. Anche quando sembra restare in silenzio, è in conclave permanente».
Castellitto conosce bene Roma e conosce il Vaticano. «Chi non vive a Roma non capisce quanto sia presente la Chiesa nella vita quotidiana. Ho vissuto vent’anni a cinquecento metri da San Pietro. È una capitale dello spirito, ma anche del potere». Si definisce «un cristiano peccatore», ma non ha mai avuto un rapporto distaccato con la religione. E l’incontro con Papa Francesco – avvenuto prima della morte del Pontefice – gli ha lasciato un ricordo che ancora lo emoziona. «Mi ha colpito la sua sofferenza fisica – racconta –. Alla fine del nostro colloquio si alzò, zoppicava. Quando pensava di non essere visto, si appoggiò al muro per non cadere. Era stremato, ma non voleva mostrarlo. Ho provato una fitta al cuore. Era un uomo che soffriva, e voleva proteggere gli altri dalla sua sofferenza».
Del pontificato di Bergoglio, Castellitto apprezza la schiettezza, ma ne riconosce anche i limiti. «Amavo molto Francesco, anche se non sempre il suo coté social. Ma ha avuto il coraggio di dire cose scomode. Ha parlato dell’aborto come omicidio, ha detto che nessuno deve morire in mare, ha definito l’omosessualità nella Chiesa come un nodo ancora irrisolto. Non si è mai sottratto». E quando la politica ha cercato di appropriarsene, Castellitto si è infastidito: «Lo trovo deplorevole. Il Papa non è né di destra né di sinistra. È il Papa. Non fornisce opinioni: fornisce parole».
Sul futuro della Chiesa, l’attore non si sbilancia. «Credo che il prossimo conclave non porterà a una rivoluzione, ma a un piccolo spostamento. La Chiesa si muove tra tradizione e cambiamento. Fa due passi avanti e uno indietro. Cerca un equilibrio. Ma resta un fatto unico nella storia».
A colpirlo, nei funerali di Francesco, è stata l’immagine dei potenti della Terra seduti compostamente sotto il sole per ore. «Sembra banale, ma solo la Chiesa può ottenere una cosa del genere. Quel senso di misura, quella disciplina. Solo lei sa unire lo spirituale e il politico con tanta potenza simbolica».
Conclave, intanto, continua il suo viaggio. E Castellitto può dire di aver lasciato un segno in una storia più grande. «C’è una frase nel film che mi porto dentro. Tedesco dice che la Chiesa è aperta, ma fragile. È una verità che vale ancora. E che fa riflettere».