Strage di Bologna, la memoria negata torna a urlare: «Non si può estirpare un veleno ignorandone le radici»
Le parole del presidente dell’Associazione familiari delle vittime alla presidente Meloni suonano come un’accusa: «Bisogna riconoscere la matrice fascista»
«Presidente Meloni, condannare la strage di Bologna senza riconoscere la matrice fascista è come voler estirpare un veleno ignorandone le radici». Una frase netta, forte, dura. Che forse sarebbe stato meglio se non fosse stata mai pronunciata, non adesso, ma da sempre, se solo lo Stato e le nostre istituzioni avessero sentito bisogno di dire la verità, di non mentire, di non cancellare una verità storica.
Bologna, 2 agosto 2025: la memoria negata torna a urlare. Nel giorno della commemorazione della strage che pesa ancora tanto nella storia della Repubblica italiana, le parole di Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione familiari delle vittime, risuonano come un’accusa chiara e coraggiosa. Un appello morale e civile, ancor prima che politico.
«Presidente Meloni, condannare la strage di Bologna senza riconoscere la matrice fascista è come voler estirpare un veleno ignorandone le radici». Non è solo una frase, ma il riassunto di 45 anni di dolore, depistaggi e ritardi nella ricerca della verità.
Il 2 agosto 1980 una bomba esplose nella sala d’aspetto della stazione di Bologna, uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200. Una strage di Stato, con esecutori neofascisti – condannati in via definitiva – e mandanti occultati tra servizi deviati e apparati istituzionali.
Eppure, nel 2025, si deve ancora chiedere alla Presidenza del Consiglio il riconoscimento ufficiale di quella matrice ideologica. Non è un dettaglio politico, ma una questione di verità e giustizia.
Bolognesi parla con forza in nome della verità: non grida odio, ma pretende verità. Una verità che incontra resistenze culturali e istituzionali, perché ammettere l’infiltrazione fascista nello Stato significa mettere in discussione troppi equilibri comodi, troppe bugie di Stato e di alcuni suoi rappresentanti.
«Il rispetto per le Istituzioni non può diventare complice di riscritture della storia», ha ricordato, sottolineando come la violenza nera sia radicata in un’ideologia che ancora oggi alcuni preferiscono ignorare.
A Bologna c’è rabbia e dignità. Qui la memoria non è retorica: è il dolore delle famiglie, l’assenza di chi non c’è più, la vita spezzata in un solo attimo.
La verità sui mandanti e finanziatori resta offuscata dal tempo e dall’omertà, ma finché ci sarà chi come Bolognesi e Bologna stessa custodisce questa memoria, l’Italia potrà ancora confrontarsi con il proprio passato.
Questa è la vera paura: non il ricordo antifascista, ma la sua verità. Perché riconoscere che quella strage è fascista significa scegliere da che parte stare. Molti ancora non vogliono farlo, o hanno già scelto il silenzio.
Per questo quelle parole sono rivoluzionarie. In un Paese normale sarebbero ovvie, ma qui sono un atto di resistenza: la memoria che non si piega, la verità che continua a camminare.