Trump, cento giorni di fuoco e furia (e caos organizzato) per stravolgere gli Stati Uniti
Disuguaglianze in aumento mentre la tutela dei diritti diventa sempre più rarefatta. Le misure del tycoon spesso sono una scusa per spiazzare e destabilizzare gli avversari. E tornano alle mente le parole di Jeff Daniels in The Newsroom: «L’America non è più il più grande Paese del mondo»
di Francesco Gallo
«Il primo passo per risolvere qualsiasi problema è riconoscere che ce n’è uno: l’America non è più il più grande Paese del mondo». Così parlava Will McAvoy (Jeff Daniels) a una sconvolta platea televisiva nella prima puntata della serie The Newsroom. A 100 giorni dall’insediamento di Donald Trump, le parole dell’anchorman creato nel 2012 da Aaron Sorkin, tornano attuali».
Fuoco e furia: dentro la Casa Bianca di Trump
Ventiquattromila minori privi di protezione legale. Dimezzato il personale del Dipartimento dell’Istruzione. Settantotto ordini esecutivi in appena cento giorni. I numeri della nuova presidenza Trump raccontano uno stravolgimento che sta ridisegnando il tessuto stesso della democrazia americana.
Cento giorni possono cambiare il volto di un Paese? Donald Trump dimostra che è possibile attraverso un centinaio di ordini esecutivi che vanno oltre la normale attività di un Presidente, ridisegnando l’architettura politica, sociale e culturale degli Stati Uniti.
Prima del suo insediamento, aveva promesso ai suoi elettori di intervenire su molti fronti fin dal cosiddetto day one. Un’inondazione di norme e misure controverse che, con ogni probabilità, verranno contestate nei tribunali o richiederanno interventi da parte del Congresso. Secondo Steve Bannon, regista della prima vittoria elettorale di Trump, si tratta di un’astuta tattica politica volta a spiazzare e destabilizzare gli avversari. «Gli organi d’informazione non riusciranno ad esaminare e giudicare».
Ordini esecutivi di tutti i tipi: dai simbolismi formali (niente più bandiere a mezz’asta per la morte di Jimmy Carter e il Golfo del Messico rinominato Golfo d’America), a dichiarazioni di principio (ministeri sollecitati a fare politiche per abbassare il costo della vita o lo stop a una fantomatica censura), alla Giustizia (perdono agli assalitori del Congresso del 6 gennaio 2021 che non hanno commesso atti violenti), ad ambiente (Usa fuori dagli Accordi di Parigi sul clima), energia, immigrazione, sessualità, razza. Stop alle assunzioni nel pubblico impiego e obbligo per tutti i dipendenti federali a tornare subito nei loro posti di lavoro.
Il governo Trump ha deciso di tagliare i fondi che garantivano le tutele legali a circa 24mila minori, a cui era stato riconosciuto in passato il diritto di rimanere negli Stati Uniti mentre le loro richieste di asilo venivano esaminate. Questa tutela riguardava tutti i minorenni che avevano attraversato il confine da soli, per ricongiungersi alle famiglie e che permetteva loro di non essere rinchiusi nei centri di detenzione o finire nel torbido traffico di esseri umani.
La cancellazione delle sovvenzioni di circa 200 milioni di dollari per aiutare gruppi di avvocati a seguirne i casi, può favorire la carcerazione e la deportazione dei bambini. Nel 2023 un bambino su due entrato da solo negli Stati Uniti aveva ottenuto assistenza legale. Riducendo l’assistenza, i minori avranno meno possibilità di ricongiungersi ai genitori. Dal 2019 ne sono entrati illegalmente oltre 600mila, provenienti da Guatemala, Honduras e El Salvador.
Democrazia al limite
La decisione del governo americano si aggiunge a un altro colpo inferto da Trump ai diritti civili. Il Dipartimento di Sicurezza Interna ha smantellato a New York un’unità di cento persone che si occupava di diritti degli immigrati e raccoglieva denunce di soprusi. Secondo alcune organizzazioni umanitarie, l’obiettivo è avere mano libera nel contrasto all’immigrazione illegale e silenziare eventuali abusi.
Sull’immigrazione, lo stato d’emergenza al confine col Messico ricorda il primo mandato di Trump, ma ora c’è di più: una dichiarazione di guerra alle gang criminali in alcune metropoli americane da combattere con gli strumenti straordinari previsti da una legge del 1798: l’Alien Enemies Act.
Interventi su gender, razza, minoranze svantaggiate. Esistono solo due sessi: norme in contrasto eliminate, comprese le tutele per studenti transgender. E poi, proprio nel Martin Luther King Day, cancellate le politiche DEI (diversity, equity, inclusion) a favore degli afroamericani.
Scene di lotta di classe
Il mondo trumpiano è caratterizzato da una condotta politica populista. Molti americani lo vedono come il loro portabandiera, anche se ha tentato di rovesciare l'esito delle elezioni del 2020, è stato incriminato e messo due volte sotto impeachment. Ciò significa che il vecchio partito repubblicano è morto. Non è più il Paese di Roosevelt, né il partito di Nixon o Reagan.
Oggi si assiste a una nuova lotta di classe, non più tra operai e capitale, ma tra la classe istruita e quella meno istruita. Sempre più persone ricevono redditi da lavoro e da capitale, aumentando le differenze economiche.
Branko Milanovic, esperto di disuguaglianza mondiale e professore alla City University di New York, afferma che in questo modo termina l’epoca della globalizzazione neoliberale. Stiamo vivendo un contraccolpo a trenta o quarant’anni di cambiamenti economici, tecnologici e culturali e quello era solo l’inizio. Per capire le ragioni e i precedenti, bisogna analizzare le rivoluzioni che causarono contraccolpi simili. Dobbiamo riesaminare il passato, il XVI e XVII secolo, rintracciando la stessa storia di spinte in avanti, progressi che sfuggono di mano e diventano dirompenti, e quindi di contraccolpi».
Secondo l’esperto, presto negli Stati Uniti aumenterà la disuguaglianza. E ciò avverrà anche in un’Europa che politicamente è già in tumulto. Dobbiamo starne certi: «Trump esaspererà la situazione».