Ucraina, Trump: «Deluso dalla Russia, Putin smetta di sparare e tratti»
Gli americani spingono per la tregua, mentre Mosca attacca l'Europa. Il leader ucraino Zelensky ringrazia il Vaticano
Donald Trump si dice molto deluso dalla Russia e ritiene che il presidente Vladimir Putin dovrebbe smettere di sparare e raggiungere un accordo. Lo afferma Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani. Volodymyr Zelensky è «più calmo» e «vuole un accordo», ha detto Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo l'incontro con il presidente ucraino a San Pietro. Un incontro che è «andato a bene». «Zelensky sta facendo un buon lavoro e vuole un accordo. Ha chiesto più armi», ha aggiunto Trump. «Penso di sì». Trump ha risposto così a chi gli chiedeva se a suo avviso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sia disposto a cedere la Crimea nell'ambito di un accordo per la fine della guerra. «La Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama», ha messo in evidenza Trump.
San Pietro è «l'ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Lo afferma Trump riferendosi all'incontro con Zelensky a margine dei funerali di papa Francesco. Il faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump nella Basilica di San Pietro, fortemente sostenuto anche dalla Santa Sede, ha ridato speranza agli ucraini di ottenere una pace che non sia una resa, ma il percorso continua ad essere pieno di incognite. Kiev in questa fase rilancia gli appelli ai partner per spingere Mosca ad accettare almeno una tregua, mentre il Cremlino prova a tenersi stretti gli americani assicurando che sulla soluzione del conflitto le posizioni sono «coincidenti in molti punti», mentre sono gli ucraini e gli europei a voler mettersi di traverso.
A Washington, tuttavia, questo stallo viene vissuto con crescente insofferenza. Ed ora la nuova richiesta alle parti in conflitto è di accettare concessioni reciproche entro la prossima settimana. I colloqui tra Zelensky, Trump e i leader dei volenterosi, a margine dei funerali del Papa, hanno in qualche modo reindirizzato la pressione diplomatica verso la Russia. Tanto che lo stesso presidente americano, nel volo di rientro da Roma, si è lasciato andare ad un'insolita sfuriata nei confronti di Putin, accusandolo di "prendere in giro" gli sforzi di pace con i suoi raid sui civili, e minacciando nuove sanzioni.
Mosca ha provato a schivare questi strali rimarcando le distanze all'interno del blocco transatlantico. Ha iniziato il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, assicurando che il lavoro con gli americani continua, «in modo discreto e non in pubblico». E ricordando le convergenze tra le due potenze, a partire dall'idea che la Crimea sia russa e che Kiev non potrà mai entrare nella Nato. A rafforzare il concetto ci ha poi pensato Serghiei Lavrov. Il ministro degli Esteri ha accusato gli europei di «voler trasformare, insieme a Zelensky, l'iniziativa di pace di Trump in uno strumento per rafforzare l'Ucraina», a dispetto delle idee della Casa Bianca. Mosca, in particolare, conta sul fatto che le rivendicazioni territoriali di Kiev, così come le garanzie di sicurezza, non interessino più di tanto a Washington.
Gli ucraini al contrario vogliono ricompattare i loro alleati. Zelensky, pur smentendo la resa nel Kursk, ha ammesso che la situazione al fronte è difficile per gli incessanti raid russi ed ha sottolineato che il nemico insiste nell'«ignorare la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco completo e incondizionato».