Un Papa tra continuità, silenzi e misura: i primi cento giorni di Leone XIV in Vaticano
In tre mesi di pontificato il nuovo pontefice ha delineato il suo stile: prudente, sereno, poco incline alle uscite spiazzanti. L’eredità di Francesco resta presente, ma Prevost sembra voler costruire un’immagine meno personale e più collegiale, parlando di pace, intelligenza artificiale e cura della casa comune
Quando, in una serata di inizio estate, Leone XIV ha sorpreso migliaia di giovani con un giro improvvisato in papamobile attorno a piazza San Pietro, molti hanno rivisto un frammento della spontaneità che aveva contraddistinto Francesco. Ma il tono del discorso che seguì era tutto suo: in tre lingue, Robert Francis Prevost ricordò ai ragazzi di essere “sale della Terra e luce del mondo”, esortandoli a portare speranza e pace ovunque.
Era l’8 maggio quando il cardinale agostiniano di Chicago, già vescovo missionario in Perù e prefetto della Congregazione dei Vescovi, venne eletto come primo Papa nordamericano. Da allora sono passati cento giorni, nei quali il tratto dominante è stato la sobrietà. Nessun viaggio internazionale, nessuna intervista, nessun annuncio dirompente. Leone XIV ha preferito un passo lento e misurato, quasi a voler rassicurare una Chiesa uscita da un lungo ciclo turbolento.
Lo ha detto con chiarezza a chi lavora nei palazzi della Curia, che sotto Francesco aveva spesso vissuto tensioni: «I papi vanno e vengono, ma la Curia resta». Una frase che suonava come un invito alla continuità, ma anche come un modo per stemperare il clima. Ed è proprio questo uno dei tratti più evidenti: il tentativo di ricucire, di smussare contrasti e riportare serenità.
Non mancano le linee di continuità. Leone ha confermato la spinta di Francesco sulla trasparenza finanziaria e ne ha semplificato alcune norme, ha portato avanti la causa di John Henry Newman come dottore della Chiesa, ha consolidato l’impegno ecologico autorizzando la creazione di un grande parco solare a nord di Roma che dovrebbe rendere il Vaticano il primo Stato al mondo a zero emissioni di carbonio.
Ma al tempo stesso ha evitato prese di posizione che potessero dividere. Non ha ripreso l’affermazione di Bergoglio sulla “immoralità” del semplice possesso di armi nucleari, né ha cercato di dare continuità ai gesti verso le coppie omosessuali che avevano suscitato discussioni tra i fedeli. Su questi temi ha preferito tacere, scegliendo un profilo più tradizionale.
Il suo essere agostiniano emerge spesso nelle omelie e nei discorsi, nei quali cita di frequente Sant’Agostino. Non è un dettaglio: fin dall’inizio Leone ha insistito sul presentarsi come “figlio di Agostino”, un modo per radicare la sua immagine nella spiritualità della vita comunitaria, dell’interiorità e
della ricerca condivisa della verità. Anche per questo alcuni osservatori vaticani ipotizzano che possa aprire il Palazzo Apostolico a una presenza stabile di frati agostiniani.
C’è chi lo definisce un “Papa missionario a immagine di Francesco”, ricordando che lo stesso Bergoglio lo nominò vescovo nel 2014 e poi lo chiamò nel 2023 a uno dei ruoli più strategici della Curia. In effetti,
la sua biografia parla di un religioso cresciuto tra Chicago e le periferie del Perù, capace di incarnare quella “Chiesa in uscita” che Francesco aveva invocato nel discorso al conclave del 2013.
Eppure tra i due non sono mancati contrasti. Prevost racconta di quando, da priore generale degli Agostiniani, respinse la richiesta dell’allora arcivescovo di Buenos Aires di destinare un frate a un incarico particolare. “Pensai che non me lo avrebbe mai perdonato e che non mi avrebbe mai nominato vescovo”, confidò in seguito. La storia andò diversamente, fino alla sorprendente elezione del maggio scorso.
A differenza di Francesco, Leone non ama i microfoni né i titoli a effetto. Non cerca lo scontro con i poteri del mondo, non lancia dichiarazioni inedite, non improvvisa. A 69 anni, sembra voler dare alla Chiesa un tempo di respiro, dopo le tensioni e i cambiamenti radicali del ciclo precedente. Un funzionario vaticano lo ha definito “una pioggia calmante”.
Non è poco, in un momento storico segnato da divisioni, conflitti e incertezze. Nei suoi primi cento giorni Leone XIV ha scelto la via della misura: quella che prova a ricomporre senza gridare, a camminare senza
correre. E per molti fedeli, oggi, questa è già una buona notizia.