Vannacci show: «Tra Putin e Zelensky scelgo Putin. La Schlein? La porterei a letto, solo per dispetto»
Dal palco dello spettacolo de La Zanzara a Marina di Pietrasanta, il vicesegretario della Lega spara a zero su Ucraina e Navalny. Elogia Mussolini e ne ha anche per la segretaria del Pd
Stucchevole. Eppure ancora applaudito. È l’effetto Vannacci, l’ennesima puntata di un reality in cui la politica sembra un cartone animato sbagliato. Questa volta, il palcoscenico è quello dello spettacolo teatrale de La Zanzara, andato in scena a Marina di Pietrasanta. E quando lo inviti lì, Roberto Vannacci risponde nel suo unico registro possibile: provocazioni a pioggia, revisionismo spinto, battutine da spogliatoio e un repertorio che ormai somiglia più a un meme che a un programma politico.
«Tra Putin e Zelensky scelgo Putin. Uno fa il politico da trent’anni, l’altro faceva il comico», ha detto con l’aria di chi crede di aver appena fatto una battuta arguta, quando invece ha semplicemente rispolverato la solita cantilena da talk show dell’estrema destra europea. «Putin governa col sostegno dei russi, ci sono sempre state le elezioni». Sì, certo. Come no. Dimenticandosi di dire che, nel frattempo, gli oppositori politici vengono incarcerati, avvelenati, o semplicemente fatti sparire.
E a proposito di oppositori spariti, sulla morte di Aleksey Navalny ha detto: «Lo ha ucciso Putin? E chi lo dice? Quando me lo dimostreranno con prove oggettive ci crederò». Il garantismo, si sa, ha confini molto elastici, specialmente quando si tratta di dittatori amici. Delle torture in carcere, dell’isolamento forzato, dei mesi di condizioni disumane subite da Navalny prima di morire, ovviamente nessun accenno. Tanto a Vannacci non interessa la verità, quanto il gesto teatrale del dubbio insinuato, buttato lì come una birra calda in una serata estiva.
Poi il bis: «Valerij Gergiev? Se è bravo deve suonare anche al Parlamento europeo. Il sequestro dei suoi beni? La Costituzione protegge la proprietà privata, quindi nessuno deve toccargli niente». Come se l’arte vivesse in un universo asettico, scollegato dalla realtà, impermeabile alle responsabilità etiche e politiche. Invece Gergiev non è solo un musicista: è un uomo che ha più volte appoggiato pubblicamente l’invasione dell’Ucraina. Ma per Vannacci è un dettaglio. L’importante è difendere la libertà — quella dei suoi amici, ovviamente.
E se si parla di revisionismo, il generale non si fa pregare. Il fascismo? Per lui è finito da ottant’anni, punto. «Chi fa il saluto romano oggi non è fascista». Come se quel gesto, quel simbolo, quel richiamo non avessero più significato. E Mussolini? «Ha fatto cose buone: la bonifica dell’Agro Pontino, ha fatto nascere Latina, ha creato l’Inps». Il solito bignamino da commenti Facebook, utile a cancellare vent’anni di regime, leggi razziali, guerre, repressione e complicità con il nazismo. Ma d’altronde, Vannacci ci ha abituato a questa narrazione da libro di testo taroccato.
Il momento più grottesco, però, arriva alla fine, quando Cruciani e Parenzo gli chiedono: “Se dovessi passare l’ultima notte sulla Terra per salvare l’umanità, chi sceglieresti tra Elly Schlein e Ursula von der Leyen?”. Vannacci non si trattiene: «La Schlein non l’ho mai incontrata, ma la sceglierei. Anche perché so di farle un dispetto». Applausi. Risate. E un brivido che corre lungo la schiena. La battuta sessista mascherata da provocazione, la misoginia travestita da ironia. Roba da caserma anni ’70, e neanche delle migliori.
Sulla presidente della Commissione Ue, la battuta finale: «Da vicino sembra quasi viva. Continuo ad avere qualche dubbio che ci sia davvero qualcuno dietro a sostenerla». Applausi, anche qui. Come se bastasse questa frase per demolire anni di carriera, istituzioni europee, voti e legittimazione democratica.
Ma il pubblico ride. Perché Vannacci, nel suo ruolo di “guastatore della politica”, continua a funzionare. Per qualcuno è la voce del popolo, per altri una macchietta imbarazzante. Di sicuro è un termometro. E la febbre che misura è quella di un’Italia dove i ruoli istituzionali non bastano più a tenere a freno il circo.
Che ci sia ancora chi gli dà credito, e addirittura lo vota, dice molto più di mille articoli.