Ti racconto una storia, a Catanzaro il Festival d’autunno chiude con Edoardo Leo
Serata ricca di risate ed emozioni quella in scena al Politeama. Al termine dello spettacolo consegnato all’attore il Cavatore d’argento realizzato per il Festival dall’orafo Michele Affidato
C’è un bisogno antico, viscerale, che ci accomuna tutti: quello di ascoltare storie, capaci di farci ridere, piangere e riflettere su chi siamo. Ieri sera, al Teatro Politeama di Catanzaro, il tempo ha rallentato il suo passo. In un’atmosfera sospesa, fatta di parole, musica e memoria, Edoardo Leo ha portato in scena Ti racconto una storia, lo spettacolo che ha chiuso con una ventata di allegria la XXII edizione del Festival d’Autunno, fondato e diretto da Antonietta Santacroce. Da quel momento, il teatro si è trasformato in un luogo di profonda, sacra condivisione emotiva. Il regalo alla città voluto dal direttore artistico ha registrato un sold out, nonostante i pochi giorni di programmazione. Un attestato di stima nei confronti di una rassegna che da anni si distingue per le sue attività culturali.
La filosofia del racconto e il segreto di Márquez
Ti racconto una storia è un inno all’arte del narrare, un contenitore di idee e sorrisi, in cui, come amava dire Gigi Proietti, maestro sempre presente nei lavori di Leo, “tutto è finto ma nulla è falso”. È un balsamo per l’anima, la prova che l’arte, quando è autentica, può ancora toccare le corde più profonde del cuore. È stato anche improvvisazione quando ha cercato spunti comici attraverso il confronto con il pubblico o con i due bambini invitati sul palco.
Leo non ha semplicemente raccontato storie. Le ha vissute, le ha respirate, le ha donate. E lo ha fatto con una confidenza disarmante. Ha preso il pubblico per mano e lo ha condotto in un viaggio fatto di ricordi, risate, malinconie, paradossi e poesia. Da narratore d’eccezione, ha aperto il sipario con una confidenza disarmante: la sua fascinazione per l’arte del racconto è nata accanto al nonno, un uomo umile la cui vita semplice diventava leggenda nella narrazione. Il suo talento straordinario affascinava a tal punto che anche le storie meno verosimili diventavano reali.
Attraverso questa scintilla, l’attore ha svelato il segreto dello show: come sosteneva Gabriel García Márquez, “la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. Ogni storia è un balsamo, una riscrittura che ci permette di affrontare la solitudine e la frenesia del mondo.
Il palcoscenico come aula: letteratura e comicità
Da lì è cominciato un viaggio fatto di aneddoti, barzellette, micro-racconti, citazioni letterarie e incursioni musicali, in cui Márquez e Alessandro Baricco convivono con Pierino, i pannolini da cambiare e Bruce Springsteen. Ogni storia, vera o romanzata, ha avuto il potere di far ridere, commuovere, riflettere. E il pubblico, sin dalle prime battute, ha capito di trovarsi davanti a qualcosa di speciale.
La scenografia, essenziale e poetica, evocava un’aula scolastica: lavagne in ardesia, libri sparsi, citazioni appuntate come indizi di un tesoro da scoprire. Leo, sul palcoscenico, suo habitat naturale, ha assunto il ruolo di professore dell’anima, capace di spiegare come si racconta una storia con ironia, leggerezza e una sorprendente capacità di introspezione. Il ritmo era serrato, ma mai affannoso: ogni passaggio fluiva con naturalezza, come se le parole si cercassero da sole. Un ambiente che ha reso ancora più intimo il dialogo tra parole e suoni.
L’alchimia sonora
A dare respiro e profondità ai racconti, la musica di Jonis Bascir, “l’orchestra più piccola del mondo”. I suoi giri di blues, le incursioni vocali, il brano in romanesco scritto da Stefano Fresi, hanno reso lo spettacolo un concerto di emozioni. Ogni nota era un ponte tra le parole e il cuore. In maniera sorprendente ha introdotto il decalogo, molto apprezzato dal pubblico, “Cose che accadono quando si cambia un pannolino” di Baricco con l’intro di In My Time of Dying dei Led Zeppelin.
“Nebraska”, emozione e intensità emotiva
Quasi sul finale, è arrivato uno dei momenti più intensi e struggenti. Leo ha raccontato di aver scoperto “Nebraska” di Bruce Springsteen grazie a suo zio, una figura ammirata. Quella canzone, che narra un fatto di cronaca nera, è diventata il simbolo della sua vita.
Mentre Jonis Bascir accarezzava le corde della chitarra con l’intro del brano, Edoardo Leo ha letto il testo tradotto in italiano. La sua voce, intensa e misurata, ha reso ogni parola un colpo al cuore. Il teatro si è fatto silenzioso, quasi sacro. Poi, come in un rito condiviso, è arrivato il duetto: Leo e Bascir insieme, voce e musica, a dare corpo e anima a quel brano. Un’esecuzione intima e sentita, che ha attraversato la platea come un’onda emotiva, lasciando ogni spettatore rapito e col fiato sospeso.
Il trionfo finale e l’inno all’arte
Il pubblico, numerosissimo, ha risposto e partecipato sempre con entusiasmo travolgente. Ha riso apertamente, ha applaudito con fervore e ha ascoltato con il cuore. Ogni battuta era una naturale condivisione, rafforzata dal continuo dialogo che Leo ha instaurato con la platea, anche scendendo in mezzo agli spettatori. E quando l’attore ha concluso lo spettacolo dicendo “Io mi chiamo Edoardo Leo e di mestiere racconto storie, ed è la cosa più bella che potesse capitarmi”, il teatro è esploso in un applauso interminabile. Un riconoscimento che non era solo gratitudine, come ha evidenziato il direttore artistico consegnandogli al termine dello spettacolo il Cavatore d’argento realizzato per il Festival dall’orafo Michele Affidato. Perché in quelle storie, ognuno ha trovato un pezzo di sé.
Con questa serata indimenticabile, il Festival d’Autunno si è concluso con un desiderio rinnovato: continuare a cercare storie, a viverle, a raccontarle. Perché, come ci ha insegnato Leo, abbiamo maledettamente bisogno di storie. E di chi, quelle storie, le sa raccontare così.
Un evento sostenuto dalle istituzioni
Il direttore artistico presentando l’ultimo spettacolo in cartellone ha sottolineato l’importanza delle Istituzioni, degli Enti, degli sponsor che hanno condiviso e sostenuto il progetto Festival d’Autunno. Ha ringraziato il Ministero della Cultura, la Regione Calabria - Calabria Straordinaria, il Comune di Catanzaro, la Camera di Commercio, la Fondazione Carical, Banca di Montepaone, Main Solution, Algida, Aon per il loro fondamentale supporto, senza il quale non si sarebbero potuti offrire al pubblico ben 24 spettacoli, dei quali 8 erano produzioni originali del Festival presentate in prima nazionale.