Catanzaro, capitale della seta nel Rinascimento e marchio di autentica qualità: il cuore del lusso nel Mediterraneo
I tessuti catanzaresi giungevano fino a Genova, Venezia, Napoli, ma anche in Francia e nei territori dell’Impero asburgico, apprezzati non soltanto per la loro bellezza ma anche per la resistenza e la precisione della manifattura
Nel corso del Cinquecento, mentre l’Europa si infiammava di idee nuove, di guerre dinastiche e di rivoluzioni culturali, in un angolo del Sud Italia fioriva una storia poco nota ma straordinaria. Catanzaro, oggi conosciuta come tranquillo capoluogo della Calabria, fu un tempo uno dei più importanti centri della manifattura della seta in tutto il bacino del Mediterraneo.
Questa vocazione non nasce per caso: la città possedeva condizioni ideali per l’allevamento del baco da seta, tra cui il clima temperato e la diffusione del gelso, indispensabile per la sua alimentazione. Ma fu l’intraprendenza dei suoi artigiani e l’organizzazione proto-industriale della produzione a renderla celebre.
Già nel Quattrocento, documenti d’archivio attestano la presenza di maestranze specializzate, alcune delle quali provenienti da Bisanzio, dalla Sicilia araba e dal Levante, regioni da cui la Calabria aveva assorbito tecniche e segreti antichi.
Nel Cinquecento, Catanzaro era ormai un marchio di qualità: le sue sete – fini, colorate, lavorate con motivi floreali o geometrici – erano richieste dalle corti italiane e straniere. Secondo le cronache, i tessuti catanzaresi giungevano fino a Genova, Venezia, Napoli, ma anche in Francia e nei territori dell’Impero asburgico. In particolare, la seta catanzarese era apprezzata non solo per la sua bellezza ma per la resistenza e la precisione della tessitura, al punto che nel 1519 l’imperatore Carlo V avrebbe concesso ai setaioli catanzaresi il privilegio di apporre un sigillo di garanzia sulla loro produzione.
L’importanza della città si riflette anche nella sua organizzazione corporativa: la confraternita dei setaioli era influente e regolava con rigore ogni fase della filiera, dalla filatura alla tessitura, fino al commercio. Ed è proprio qui che la storia si fa ancora più intrigante. Si sa che Catanzaro intratteneva rapporti intensi con le repubbliche marinare, in particolare Venezia e Genova, le grandi potenze commerciali del tempo. Alcuni studiosi hanno ipotizzato l’esistenza di fondachi – ossia magazzini e sedi commerciali ufficiali – di queste città proprio nel cuore di Catanzaro, ma la documentazione è frammentaria. Alcuni documenti genovesi e napoletani fanno riferimento a rappresentanti e mercanti attivi in loco, ma non è chiaro se esistessero strutture fisiche stabili o se i rapporti fossero gestiti attraverso intermediari locali.
Il dibattito accademico resta aperto. Alcuni archeologi e storici locali hanno avanzato ipotesi sulla presenza di fondachi in alcuni quartieri storici – come il rione Filanda, non a caso chiamato così – ma le prove definitive mancano. Eppure, questo non sminuisce il ruolo di Catanzaro nel Rinascimento. Al contrario, rende il suo passato ancora più affascinante. Una città dell’Italia meridionale, lontana dai grandi centri del potere, che seppe imporsi come capitale del lusso e del commercio in un’epoca segnata da scambi globali e raffinatezza.
Riscoprire questa pagina di storia significa anche restituire dignità e centralità a un Mezzogiorno troppo spesso marginalizzato nei racconti ufficiali. La seta di Catanzaro non fu solo un bene di consumo: fu un vettore culturale, un simbolo di eccellenza e, in un certo senso, un ponte tra civiltà.
Chissà quanti altri fili di seta si nascondono ancora tra le pieghe della storia.