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06/04/2025 ore 06.15
Storie

Ferrovie Calabro Lucane: dall’ambizioso progetto di unire tutto il Sud alla nuova sfida per la riscoperta dell’entroterra

In mezzo, tante difficoltà dovute alle guerre e alle caratteristiche del territorio che non portarono mai alla realizzazione di un’unica rete ferroviaria.Tante però le tratte, anche calabresi, che ancora oggi potrebbero far rivivere il proprio fascino

di Domenico De Luca

Le Ferrovie Calabro Lucane rappresentano un importante capitolo della storia dei trasporti nel sud Italia. Nate con l’obiettivo di collegare le aree interne e montuose del Mezzogiorno, queste linee ferroviarie hanno contribuito per decenni allo sviluppo economico e sociale delle comunità attraversate. Alle origini di questo straordinario patrimonio ferroviario si trovano una serie di progetti redatti tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, spesso nati dalle istanze degli stessi territori. In un contesto storico in cui il Meridione necessitava urgentemente di infrastrutture moderne per superare l’isolamento geografico, queste proposte furono attuate all’inizio del Novecento dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, successivamente divenuta Mediterranea Calabro Lucane (MCL). L’azienda, forte del capitale ottenuto dalla cessione delle proprie linee costiere allo Stato nel 1905, richiese e ottenne tra il 1910 e il 1911 la concessione per costruire una rete ferroviaria interna.

L’obiettivo era ambizioso: connettere Calabria, Basilicata, Campania e Puglia attraverso un unico grande sistema ferroviario. Tuttavia, la conformazione montuosa di molte aree, in particolare in Calabria, rendeva difficoltosa la realizzazione di linee a scartamento ordinario. Per questo si optò per lo scartamento ridotto di 950 mm, più adatto a percorsi tortuosi e a forti dislivelli. Ai complessi problemi tecnici e ingegneristici - che comportarono la costruzione di arditi ponti, gallerie e viadotti – si aggiunsero le difficoltà legate al primo conflitto mondiale, alla successiva campagna coloniale in Etiopia e infine alla seconda guerra mondiale.

Questi eventi rallentarono inevitabilmente i lavori, portando a una rete composta solo da poche tratte completate e molti tronconi isolati e incompiuti. Nonostante ciò, nella sua massima estensione, la rete delle MCL raggiunse i 700 km di strada ferrata. In Calabria, l’unico tronco ferroviario effettivamente completato fu la linea Cosenza–Catanzaro, iniziata nel 1916 e inaugurata nel 1934: un percorso di circa 110 km caratterizzato da numerosi viadotti e gallerie, che collegava i due capoluoghi attraversando zone collinari e impervie. Nel 1922 da Pedace partirono anche i lavori per prolungare la linea verso il porto di Crotone. Tuttavia, i lavori si arrestarono rispettivamente a San Giovanni in Fiore (la cosiddetta Ferrosilana, completata solo nel 1956) e a Petilia Policastro (la tratta Crotone–Petilia, soppressa nel 1972). Di grande rilievo fu anche la linea Spezzano Albanese–Castrovillari–Lagonegro, lunga 105 km e realizzata tra il 1915 e il 1931. Attraversando il massiccio del Pollino, la ferrovia collegava la Calabria settentrionale alla Basilicata meridionale, raccordandosi con la linea FS Lagonegro–Sicignano degli Alburni. Nonostante i limiti tecnici, la tratta contribuì sensibilmente allo sviluppo dei collegamenti fino alla sua soppressione nel 1979.

Un’altra linea significativa fu la Vibo Marina–Mileto, completata con soli 28km tra il 1917 e il 1923, che servì per decenni l’hinterland vibonese fino alla definitiva chiusura nel 1966. Il suo destino fu segnato da un tragico incidente nel 1951 in località Timpajanca di Pizzo e dall’incompiutezza del progetto originario, che prevedeva un collegamento molto più esteso.

Le Ferrovie Taurensi

Un capitolo a parte meritano le Ferrovie Taurensi, una rete che si sviluppava nella provincia di Reggio Calabria attraverso due diramazioni: Gioia Tauro–Sinopoli e Gioia Tauro–Cinquefrondi, completate alla fine degli anni ’20. Entrambe cessarono l’attività per motivi di sicurezza, tra la fine degli anni ’90 e il 2011. Anche in questo caso si trattava di un progetto incompiuto: la tratta Gioia Tauro–Cinquefrondi, infatti, avrebbe dovuto raccordarsi alla Gioia Tauro–Mammola (inaugurata nel 1931 e soppressa nel 1968). Alla congiunzione fra i due tronchi mancavano una manciata di km. Nel secondo dopoguerra, la mancata conclusione dei progetti, la scarsità di investimenti e le difficili condizioni di sicurezza – basti pensare al disastro ferroviario della Fiumarella del 1961 – portarono alla statalizzazione della rete, affidata alle Ferrovie Calabro Lucane. Tuttavia, negli anni successivi, una graduale crisi spinse alla chiusura di numerose tratte, considerate come rami secchi, in una stagione di progressivo disimpegno.

Oggi, dell’intera rete calabrese, rimane attiva soltanto la tratta Cosenza–Catanzaro, parzialmente riconvertita a servizio metropolitano e gestita da Ferrovie della Calabria. Negli ultimi anni si è però registrato un rinnovato interesse nei confronti delle vecchie linee, soprattutto in chiave turistica. La Ferrovia Silana, ad esempio, in un tratto del tracciato compreso fra la stazione di San Nicola Silvana Mansio e Moccone, viene ad oggi costantemente utilizzata per treni storici affidati alla locotender a vapore 353 ed a splendide carrozze terrazzini, permettendo di rivivere il fascino di un viaggio d’epoca attraverso paesaggi mozzafiato.

Le Ferrovie Calabro Lucane hanno lasciato un’impronta indelebile nella memoria collettiva delle comunità attraversate. Sebbene oggi molte tratte siano solo un ricordo, il patrimonio storico e ingegneristico che rappresentano è una testimonianza della tenacia con cui si è cercato di connettere territori difficili da raggiungere. La sfida attuale è valorizzare ciò che resta, restituendo nuova vita a questo patrimonio attraverso il turismo ferroviario, la mobilità dolce e soprattutto la riconversione in metropolitana di superficie per le tratte ancora esistenti. In un’epoca in cui la sostenibilità è tornata al centro dell’agenda politica, il recupero della rete delle Calabro Lucane potrebbe essere la chiave per riscoprire l’entroterra calabrese e offrirgli una nuova opportunità di sviluppo.