Sezioni
Edizioni locali
23/11/2025 ore 16.00
Storie

Vincenzo Gullo, il contadino-filosofo che ha coronato il suo sogno a Palmi: «Coltivo la terra per coltivare me stesso»

Tra ulivi e social, il giovane ha costruito un modello nuovo di agricoltura: emotivo, culturale, profondamente calabrese. La sua scelta diventa un messaggio ai giovani: «Inseguite la vostra felicità»

di Battista Bruno

Vincenzo Gullo è un ragazzo calabrese straordinario che seguiamo fin dal primo momento, da quando ha dimostrato un amore immenso per la terra e per l’agricoltura, partendo dal nulla nel comune di Palmi. Lo abbiamo incontrato.

Vincenzo, dopo qualche anno è rimasto quell’amore per la terra o ti sei pentito?
«La risposta è semplice e complessa allo stesso tempo. È come l’amore tra due persone: se è un invaghimento, svanisce presto; se è amore vero, resta per sempre. Il mio amore per la terra è assoluto e cresce ogni giorno. La terra è il mio presente e il mio futuro, il luogo in cui mi sento felice e realizzato. Per questo dico che il nostro è come un matrimonio: una promessa di dedizione che si rafforza giorno dopo giorno, fatta di emozioni, di esperienze positive e negative che mi aiutano a crescere e a diventare una persona migliore.»

Ricordi il momento in cui hai capito che sarebbe diventata la tua vita?
«Momento? Quale momento? È sempre stata la mia certezza. Non mi sono mai chiesto che lavoro volessi fare, ma chi volessi essere da grande. E io volevo essere felice, nient’altro. La mia non è una scelta lavorativa: è una scelta di felicità e di benessere.»

Hai iniziato giovanissimo e da solo. Cosa ti ha dato la forza di crederci fin dall’inizio?
«La terra è un amore che mi accompagna da sempre. Chi mi stava intorno diceva che non avrei potuto farcela, che non avevo le condizioni di base. “Altri con più mezzi si arrendono, e tu pensi di farcela?” dicevano. La mia determinazione nasce sia dal desiderio di realizzarmi, sia dalla voglia di dimostrare che potevo costruire ciò che avevo sempre immaginato, superando le credenze limitanti degli altri.»

Non avevi nulla. Eppure non hai avuto timore.
«Non avevo terra, mezzi, conoscenze. Ma avevo un sogno, ed era molto più grande di tutto quel “niente” apparente. Ho rivoluzionato la mia vita e ho realizzato più di quanto potessi immaginare: ho trovato la terra, ho imparato a usare il trattore, ho incontrato le persone giuste. Tutto continua a crescere. Non esistono limiti nel cuore di chi ha un sogno.»

C’è un legame familiare o affettivo con l’olivo e con Palmi che ti ha ispirato?
«Per me l’ulivo è famiglia. Sotto gli ulivi sono cresciuto e ho capito chi volevo essere. Palmi è la protagonista della mia vita: il luogo in cui ho sempre saputo di voler restare e costruire il mio futuro. Ho voluto che la mia azienda raccontasse questo legame già dal nome. Da qui nasce Io & Palmi: non semplice denominazione aziendale, ma il titolo di un racconto.»

L’agricoltura sta cambiando rapidamente e il clima sempre più instabile sembra una trappola.
«Il nostro è il settore più fragile perché dipende dal clima. Una notte di grandine può cancellare mesi di lavoro. Oggi, però, esistono tecnologie e metodi di mitigazione che aiutano ad affrontare meglio queste sfide. Servono comunque maggiori strumenti di tutela, perché i cicli naturali sono lenti e recuperare una piantagione rovinata richiede mesi, spesso anni.»

Qual è la tua filosofia produttiva? Qualità, sostenibilità, amore per il territorio?
«La qualità è al primo posto. Voglio produrre qualcosa di buono e genuino, capace di trasmettere un’emozione. E far conoscere il valore del nostro territorio attraverso i suoi prodotti.»

I tuoi post sui social uniscono agricoltura, filosofia e psicologia. Come nasce questo stile di comunicazione?
«L’azienda è parte di me, come io lo sono dell’azienda. Per questo, quando racconto la vita nei campi, racconto me stesso. Non ho un momento in cui lavoro e uno in cui vivo: è tutto un tutt’uno. Così il trapianto delle cipolle diventa una riflessione su Platone, e i cerchi concentrici di una cipolla raccontano l’evoluzione di un percorso amoroso.»

È incredibile come tu riesca a coniugare la terra con i principi dello spirito.
«Ogni gesto materiale — piantare, raccogliere — è accompagnato da un’azione interiore. La mia idea di azienda unisce corpo e anima. Produrre è importante, ma per me lo è ancora di più coltivare la felicità, cogliere emozioni dalle piccole cose. Coltivare la terra significa coltivare me stesso.»

Raccontare la vita dei campi in chiave emotiva può avvicinare i giovani all’agricoltura?
«Credo di sì. È una narrazione diversa, che rompe lo stereotipo del contadino povero e ignorante. Voglio elevare il valore culturale dell’agricoltura, dimostrando che si può essere profondamente acculturati e fare comunque il lavoro più umile. Oggi l’agricoltura non è un ripiego: è una scelta consapevole.»

C’è un messaggio che vuoi trasmettere a chi ti segue?
«Due: la felicità e il credere nei sogni. Chi insegue i propri sogni arriva alla felicità. Vedo tante persone smarrite perché credono che la via più comoda sia quella giusta. Ma non porta a niente.»

La tua passione significa affrontare momenti duri e situazioni complicate.
«Tutte le cose belle sono difficili: è la loro difficoltà a dare valore. Il messaggio che voglio trasmettere è proprio questo: credere nei sogni, nonostante tutto. Inseguire i propri desideri — che è come inseguire se stessi — dà senso alla vita.»

Cosa significa per te “rimanere” in Calabria?
«È una sfida avvincente. Dicono che non ci sia nulla… Benissimo: allora abbiamo la possibilità di costruire tutto da zero e colmare quel “niente” di cui tutti parlano.»

Cos’è per te la Calabria?
«Un laboratorio di idee, un contenitore di opportunità che aspettano solo di essere colte. È difficile? Difficilissimo. Dove altrove realizzi 10, qui realizzi 2. Qualcuno potrebbe chiedersi: che senso ha? Ma il senso della vita è solo il risultato? Lessi una frase: “Tu ragioni per risultati, io ragiono per stati d’animo”. Ecco cosa significa restare qui: vivere emozioni che altrove non potrei trovare.»

Ammetterai momenti difficili.
«Quando mi scoraggio, guardo il cielo, la natura, il mare. E capisco la fortuna che ho avuto a nascere calabrese. Molti giovani stanno cambiando idea: vogliono restare, o tornare. Sta cambiando la narrazione della Calabria “che non ce la fa”: ne sta nascendo una nuova, di una Calabria che vuole farcela.»

L’ulivo che cresce sullo scoglio in mezzo al mare è simbolo di Palmi e forse della tua storia. Ti ci riconosci?
«Sì. Lo scoglio dell’ulivo è richiamato anche nel mio logo. È la metafora perfetta: un ulivo che cresce senza terra, sfidato dal sale e dal vento, in un ambiente ostile. Ma resiste, si ostina, diventa simbolo. Una storia di resilienza, come il nostro territorio.»

Quali sono i tuoi progetti per il futuro di Io & Palmi?
«L’azienda è in continua crescita ed espansione, quindi anche le idee aumentano. Credo moltissimo in questo progetto, anche se spesso seguo il flusso della vita: a volte abbiamo un’idea per noi, ma la vita ne ha una più grande. L’unica certezza è che il sogno continuerà a essere coltivato e Io & Palmi avrà sempre nuove sfumature. Continuate a seguirmi: scoprirete quante cose realizzeremo».