Adolescenti in crisi, genitori smarriti
Da un saggio di Narciso Mostarda uno specchio impietoso della società di oggi: educare è ancora possibile? La risposta è sì, ma bisogna divulgare nel modo giusto
La lettura del saggio di Narciso Mostarda “La società adolescente. Padri e Figli al tempo dell’identità smarrita”, edito da Rubbettino, ha riportato alla mia mente alcuni episodi del periodo adolescenziale.
Eravamo negli anni ‘70, quando mio padre, nel corso di una conversazione in cui tentavo di giustificarmi per una punizione scolastica che ritenevo eccessiva, mi disse: “ Ti ascolto, ma sappi che i tuoi insegnanti, per me, hanno ragione, a prescindere”. Ho sempre pensato che, difendendo l’autorevolezza dei docenti, mio padre tutelasse soprattutto la sua autorità genitoriale, perché un tempo genitori e docenti erano alleati e, quindi, era assolutamente necessario che nessuno dei due indebolisse il potere dell’altro.
Tale modello non sarebbe più proponibile né auspicabile, ma siamo sicuri che vada bene il suo contrario? Oggi, infatti, come scrive Mostarda, i genitori sono piuttosto alleati dei figli nella contestazione di presunti abusi di potere quali una nota o un’insufficienza, creando quindi le premesse per la non-crescita di adolescenti incapaci di affrontare un ostacolo, pronti ad essere sempre esauditi, convinti di non sbagliare mai, di non commettere errori, perché a sbagliare sono sempre gli altri.
Il secondo episodio è un racconto che mio nonno mi trasmise per veicolare, insieme ad esso, la morale che conteneva, ovvero, la storia di un vecchio contadino che, affaticato e ormai prossimo alla morte, si adoperava, con le sue ultime forze, a piantare un albero di cui non avrebbe mai visto i frutti. Non c’è immagine più efficace per descrivere il senso da dare alla propria esistenza, proiettandola al di fuori di se stessa.
Nella società contemporanea, invece, afferma Mostarda, un imperante individualismo di massa fa risiedere nella ricerca del piacere, nella delegittimazione del sacrificio, nella sostituzione dell’etica con l’estetica e l’utilitarismo, il movente del vivere. Nessun interesse verso ciò che viene indicato come bene comune.
Il terzo episodio è il ricordo della mia generazione che, durante l’adolescenza, si poneva in posizione dialettica, la sola in grado di determinare autentici processi di crescita e di autonomia, proponendo un sistema di valori altro rispetto a quello dei padri. Il riferimento alla necessità di una dialettica tra generazioni, nel saggio di Mostarda, basta a fugare ogni possibile pregiudizio ideologico che potrebbe far pensare a una rievocazione nostalgica del patriarcato, del pater familias o del padre – padrone. Nulla di più sbagliato. Si richiede piuttosto un equilibrio che faccia comunque evitare la deriva verso il padre-amico.
I genitori sono descritti, infatti, come “adultescenti”, secondo la felice definizione dell’ Oxford Dictionary che ha coniato un neologismo per descrivere persone adulte che vestono, si comportano, si divertono come se la gioventù fosse una condizione permanente e non una delle fasi dell’esistenza umana che, come tale, bisogna lasciarsi alle spalle, quando subentra il tempo di responsabilizzarsi. Il risultato? Genitori immaturi e figli fragili. Quest’ultimi sempre più afflitti da disturbi psicologici, insonnia, ansia, deficit di attenzione e, nei casi più gravi, depressione, autolesionismo e disturbi alimentari.
Tuttavia, non solo la famiglia, non solo la scuola sono alla base delle insicurezze adolescenziali ma anche la prospettiva di una precarietà lavorativa, l’impossibilità di migliorare le condizioni di vita delle generazioni precedenti, una laurea che non garantisce più certezze e stabilità, mentre la stessa IA rischia di compromettere ulteriormente una situazione già complessa.
Infine, a preoccupare è la dipendenza da smartphone e social che generano isolamento e finanche sexting, oltre alla mancanza di pensiero critico nel manicheismo del mi piace/non mi piace di un like. Esistono soluzioni per invertire la rotta? Non resta che leggere il libro per scoprirle o per essere stimolati a immaginarne di nuove. Si tratta, infatti, di una di quelle letture, scomode ma necessarie, che si avverte il bisogno di divulgare attraverso il passaparola, di consigliare a genitori e docenti, meglio ancora se come lettura da fare insieme, al fine di suscitare un confronto sereno tra educatori, nell’interesse dei nostri figli e della società che verrà.