Lo youtuber Cicalone, Brumotti e la presunta giustizia fai da te: un’offesa alle nostre forze dell’ordine
Impegnati in una sorta di crociata urbana contro borseggiatori e spacciatori, non fanno male alla criminalità né bene alla sicurezza: le loro sono solo clip virali mentre chi lotta davvero lo fa in silenzio
Una premessa doverosa:In Italia operano le forze dell’ordine tra le più competenti, preparate e professionalizzate d’Europa. Il lavoro che svolgono è un servizio fondamentale per ogni comunità, ed è per questo che la sicurezza pubblica, la prevenzione dei reati e l’applicazione della legge spettano a loro, ed alla magistratura. Nel nostro sistema costituzionale viene tassativamente rifiutata ogni forma di giustizia privata o sostitutiva.
Quando un cittadino vuole per mero protagonismo, interesse economico o visibilità social cercare di appropriarsi di questo ruolo, non compie soltanto azioni imprudenti, ma compie un gesto ai limiti della legge, azione che offende i valori della Repubblica, la divisione dei poteri e l’idea stessa di Stato di diritto.
Appare dunque davvero grottesco che, in un contesto come il nostro, dove il territorio è presidiato da ragazzi impegnati nel difendere il territorio, ragazzi che credono nello Stato, si siano diffusi personaggi che definire ridicoli è riduttivo. Tali personaggi si sono riciclati come nuovi giustizieri dei social, o vigilantes armati di gimbal e bibite sfiatate. Inoltre in Italia la giustizia privata non solo è un reato, ma è uno sfregio al lavoro di polizia e carabinieri, è solo una caricatura mal riuscita di qualche telefilm degli anni 70 dove ci sono i buoni ed i cattivi.
Ai margini delle periferie, nei parchi isolati, in un ridicolo teatro dell’assurdo si inseriscono personaggi come Cicalone e Brumotti, impegnati in una sorta di crociata urbana contro borseggiatori e spacciatori. Crociata, si fa per dire: perché, curiosamente, questi paladini della legalità trovano sempre il coraggio di filmare ragazzini sprovveduti, ragazzine nella metro e piccoli manovali della microcriminalità, ma non hanno mai, e sottolineo mai, cercato di arrivare a filmare i livelli superiori della catena di comando. Questo non è coraggio, è vigliaccheria travestita da eroismo da pianerottolo.
Bisogna anche avere il coraggio di dire che: per molti ragazzi ai margini, in molte realtà senza futuro il crimine non è una vocazione romantica, non è una scelta ponderata, ma è una scelta obbligata: è il risultato di contesti familiari fragili, quartieri privi di opportunità, scuole che non riescono a trattenere chi scivola fuori dal sistema e comunità che offrono più barriere che alternative. Questo non assolve nessuno, ma spiega molto di quello che i giustizieri del panino scovano con le loro azioni. E soprattutto stabilisce una verità fondamentale: il giudizio e la sanzione di un crimine spettano allo Stato, alle sue leggi e alle sue istituzioni, non a Cicalone, non a Brumotti e non a nessuno che trasformi un problema sociale complesso in un set per contenuti moralisti da pomeriggio sul divano.
Se con Brumotti si era raggiunto un buon livello di commedia, oggi è anche arrivato il capolavoro finale, una rappresentazione così imbarazzante che neanche l’AI più potente o lo sceneggiatore più bravo avrebbero saputo realizzare nella sua involtarla comicità. Come in una commedia demenziale, la giornata di oggi ci ha consegnato il video dall’ospedale dello youtuber Cicalone, ferito, con la faccia stanca e ripreso in camice mentre giace con lo sguardo di un eroe caduto. Dalla sua camera di ospedale Cicalone ci parla al cuore, con la solennità di chi ha combattuto una guerra, si muove mostrando le profonde ferite, fissa l’orizzonte come se stesse annunciando un messaggio alla nazione. Oggi si diventa eroi se si finisce in corsia non per salvare il mondo, ma per aver scambiato TikTok per un reparto investigativo della Dda. Imbarazzante è dir poco. Il letto d’ospedale, in sfregio a chi davvero sta male e non può ricoverarsi, diventa il pulpito degli imbecilli, diventa uno sgabello da talk show usato come set cinematografico, andando dove neanche le soap opera di metà pomeriggio riescono ad osare.
Tutta questa teatralità da badante avviene anche ignorando un piccolissimo dettaglio legale: riprendere persone riconoscibili senza il loro consenso e diffondere le immagini è vietato, punto e basta. Lo stabiliscono numerose norme che si trovano nel Codice Civile, nel Codice Penale, nella normativa sulla privacy e soprattutto nel buonsenso che ci dovrebbe fare stare al nostro posto, e che, in questi casi, pare essere il grande assente. Il risultato finale? Nessuna criminalità debellata, nessuna sicurezza aumentata, nessuna rete di spaccio smantellata. Solo clip virali, indignazione prêt-à-porter e un folklore urbano sempre più folkloristico e demenziale. Non si sa neanche bene con certezza se tali azioni siano concordate con i presunti criminali, magari in nome di compensi o dell’hype sui social. Intanto, chi davvero combatte il crimine, forze dell’ordine, magistratura, investigatori, continua a farlo in silenzio, con strumenti reali, competenze reali e rischi reali. Non con uno smartphone e un canale YouTube.