Dal precariato al caro affitti: i “nodi” e le promesse tradite dal governo Meloni
Per molti giovani, la "nazione" tanto celebrata dal governo sembra essere un luogo in cui le generazioni precedenti hanno blindato i propri privilegi, lasciando ai nuovi entranti un futuro di instabilità, salari stagnanti e sogni rinviati
Quando Giorgia Meloni è diventata presidente del consiglio dei ministri nell'ottobre 2022, la sua vittoria, trainata da un'immagine di rottura e dalla promessa di "riscrivere le regole" dopo una disastrosa precedente legislatura che aveva registrato alcune fasi di stallo politico, aveva suscitato in una parte della popolazione giovanile un cauto ottimismo.
Tre anni dopo, quell'ottimismo che si era diffuso nella popolazione si è trasformato a piccoli passi in un enorme delusione e ad un amaro senso di tradimento.
Le speranze di noi giovani italiani di vedere affrontare strutturalmente le tematiche che noi affrontiamo quotidianamente come quelle della precarietà del lavoro, del costo della vita e della fuga dei cervelli sembrano essersi infrante contro un'agenda che, nei fatti, ha offerto più retorica che soluzioni concrete.
Se parliamo della tematica del lavoro, il governo ha rivendicato dei risultati come quello del trend positivo nell'occupazione totale, grazie a misure come la "super-deduzione" per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani e mamme, e la riduzione delle aliquote Irpef per i redditi medio-bassi.
Tuttavia, un'analisi critica rivela che questi dati nascondono una fragilità strutturale. L'aumento degli occupati è spesso trainato da: Contratti a Termine e Precariato, che vengono favoriti grazie anche al cosiddetto "Decreto Lavoro" che ha allentato i vincoli sui contratti a termine, rendendo più facile per le aziende ricorrervi, attuando il modello del lavoro "usa e getta".
Il vero "tradimento" percepito dai noi giovani riguarda l'assenza di interventi risolutivi sui due ostacoli principali per la nostra indipendenza: il caro-affitti e il caro-vita.
Milioni di giovani si trovano intrappolati in città universitarie o centri economici con costi di locazione insostenibili, che erodono salari già bassi.
Su questo fronte, le politiche del governo sono state percepite come insufficienti.
Per esempio, si è puntato sul Fondo di garanzia per i mutui prima casa (destinato a giovani coppie e under 36), un aiuto che, pur essendo utile, è a beneficio di chi ha già un contratto stabile e la capacità finanziaria per accedere a un prestito, ignorando la maggioranza che non riesce a lasciare la casa dei genitori.
Parallelamente, l'inflazione e il rallentamento dei salari reali hanno ulteriormente ridotto il potere d'acquisto, rendendo l'obiettivo di autonomia finanziaria un miraggio.
In questi primi tre anni, il Governo Meloni ha avuto l'opportunità storica di usare le risorse del PNRR e di avviare una fase economica di ripresa per avviare riforme coraggiose e durature in favore dei giovani, investendo sulla qualità del lavoro, sull'accesso alla casa e sull'istruzione di alto livello.
Al contrario, la politica è stata vista come timida sulle riforme strutturali e troppo concentrata a favorire un modello di lavoro flessibile che acuisce la precarietà.
Per molti giovani, la "nazione" tanto celebrata dal governo sembra essere un luogo in cui le generazioni precedenti hanno blindato i propri privilegi, lasciando ai nuovi entranti un futuro di instabilità, salari stagnanti e sogni rinviati. Il tradimento delle aspettative giovanili è il prezzo più alto che l'Italia rischia di pagare in termini di potenziale inespresso e, soprattutto, di fuga dei suoi talenti migliori.