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26/09/2025 ore 18.11
Opinioni

Fahrenheit 2025: le piazze che gridano «Gaza» riflettono la lotta globale contro le disuguaglianze

Dalle manifestazioni internazionali pro Palestina emerge uno scontro ancor più profondo tra poveri e super-ricchi, un conflitto sociale che attraversa il mondo e chiede giustizia

di Francesco Viafora

In pochi si rendono conto che il mondo è arrivato ad una resa dei conti epocale; Trieste, Milano, Roma, New York, Istanbul, in ogni angolo cresce la tensione, ma non si può più essere divisi. Le manifestazioni per Gaza non sono, infatti, soltanto proteste contro un genocidio inumano, ma sono qualcosa di più profondo, sono specchi che riflettono un conflitto ben più radicale interno alla nostra società. Quello in atto è uno scontro che è prodotto di una contrapposizione quotidiana, che non riguarda soltanto il Medio Oriente, ma la geografia del potere nel mondo.

In queste piazze si insinua una certezza, una certezza che in pochi vogliono ammettere, la vera lotta in atto è quella tra i poveri e il ceto medio da una parte, e i super-ricchi dall’altra. I super ricchi non sono solo una parte ristretta e privilegiata, sono una anomalia del sistema, sono il prodotto ultimo di un mondo in cui istituzioni come la UE, il commercio internazionale ed il marcato hanno permesso tutto ai privati, mentre sottraevano ricchezza e benessere e tutti noi. Chi è in guerra non è solo Gaza, ma siamo anche noi, siamo anche noi perchè è una lotta necessaria, da combattere in ogni modo che riguarda ognuno di noi.

Gli ingenui vedono caos e vetrine rotte, ma quando migliaia di persone si riversano per strada, con bandiere, striscioni, slogan, non scendono in campo soltanto per solidarietà. Scendono perché percepiscono, con una chiarezza che i rappresentanti politici spesso tacciono, che il mondo reale è tagliato da barriere di ricchezza e ingiustizia, che i potenti possono giocare con i confini, con le risorse, con le vite, mentre chi è sotto sopporta la violenza diretta o indiretta. Quando le differenze sociali diventano insostenibili, nessuna regola deve essere più rispettata, non c’è legge che tenga.

Negli ultimi decenni, le cifre delle diseguaglianze sono diventate impressionanti; mentre le persone si dividono tra destra e sinistra, la ricchezza mondiale si concentra sempre di più nelle mani di pochi. Secondo un rapporto di Oxfam, dal 2015 in poi, il 1% più ricco del pianeta ha accumulato almeno 33,9 trilioni di dollari in più rispetto al resto del mondo, una cifra sufficiente a cancellare la povertà estrema decine e decine di volte. Negli Stati Uniti, la disuguaglianza patrimoniale si è radicalizzata: una fetta piccolissima vicina all’1% detiene oltre un terzo della ricchezza nazionale, mentre il 50 % più povero detiene solo una minima parte (2-3 %).

Negli ultimi decenni, mentre il patrimonio del “ceto medio alto e alto” cresceva del 200-300 %, quello dei gruppi più deboli avanzava pochissimo, se non arretrava, come è accaduto in Italia. In Italia la situazione è ancora più grave, infatti nel sistema fiscale e tributario del nostro paese, chi guadagna meno finisce spesso per essere più gravato, soprattutto nei sistemi in cui prevalgono imposte indirette (IVA, accise, tasse sui consumi) che colpiscono maggiormente i redditi bassi.
La visione della flat tax altro non è che una trasferimento dai più poveri ai più ricchi. La lotta deve essere ormai totale e combattuta in ogni sede; non c’è solo il pensiero di miliardari vestiti da profeti come Kirk, quella della guerra totale ai supermiliardari è una visione ormai necessaria, che richiama le parole di James Talarico, secondo cui “il confine più grande nella nostra politica non è sinistra contro destra: è chi sta in alto contro chi sta in basso”.

Destra e sinistra, nella loro forma attuale, ovvero quella forma depotenziata dal conflitto sociale e di classe sono la faccia dello stesso potere, ovvero un potere che produce le narrative che dividono persone che vengono giornalmente espropriate di ogni cosa. Meloni vs Schlein, Kirk vs Harris, più in generale qualsiasi contrapposizione che non mette in discussione il potere estremo dei super miliardari, è messa in atto da distrattori di professione, è una finta scenografia, creata per generare rallentamenti utili a chi detiene il potere affinché non vediamo il vero antagonista.

La protesta contro l’oppressione di uno Stato o di una strategia militare diventa allora simbolo e sintomo di una resistenza più vasta: contro chi accumula ricchezza sempre più smisurata, contro chi plasma le regole del gioco, come è accaduto in pandemia, o come accade con la rivoluzione green, solo a proprio favore. Quella che si è innescata è una lotta contro chi impone una redistribuzione regressiva e concentra ricchezze mentre ammette solo briciole per chi sta sotto. Non bisogna più ragionare in termini di pace sociale, il nemico non è Putin, il nemico è tra di noi, e prima o poi dovrà essere, anche con la forza, messo davanti alla necessità storica di pagare con i propri beni per i danni che ha fatto.