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31/10/2025 ore 20.29
Opinioni

Il Ponte sullo Stretto: simbolo, ossessione e illusione di dignità

C’è chi lo racconta come il miracolo che permetterà alla Calabria di non vergognarsi più, ma poi basta guardare a strade e sanità… Ora che la Corte dei conti ha bocciato il progetto, c’è forse il rischio che si forzino leggi e delibere pur di andare avanti 

di Alessandro Gaudio

In Calabria la politica ha un debole per i simboli muscolari. E tra tutti, nessuno è più logoro del Ponte sullo Stretto di Messina. Da decenni è il termometro della politica regionale e il feticcio della modernità calabrese: per molti, il futuro si misura in metri di cemento sospeso sull’acqua.

La maggioranza dei calabresi sembra approvarlo con una certa fede: come se il Ponte fosse un sacramento laico, capace di dispensare sviluppo, lavoro, turismo e perfino prestigio nazionale. I politici lo raccontano come la prova definitiva che la Calabria può finalmente smettere di vergognarsi e specchiarsi nell’Europa con un sorriso. Eppure, basta un’occhiata alle strade, agli ospedali, ai servizi pubblici o all’acqua che non arriva ai rubinetti per intuire che l’equazione modernità uguale Ponte ha lo stesso fascino di una promessa venduta per barzelletta.

In campagna elettorale, lo abbiamo visto, il Ponte diventa un passaggio obbligato. I candidati lo trattano come fosse il Santo Graal: chi lo sostiene è illuminato, chi lo mette in dubbio rischia la scomunica da retrogrado. Ma il mito si sgonfia in fretta: un ponte, per quanto titanico, non aggiusta la precarietà del lavoro, non moltiplica i treni regionali né rende gli ospedali miracolosamente funzionanti. Nonostante ciò, la fiaba resiste, alimentata dall’idea che un colpo d’ingegneria possa riscrivere, d’un tratto, decenni di disservizi.

Per i partiti, poi, il Ponte è un giocattolo prezioso: dichiararne l’appoggio equivale a guadagnare consenso veloce, ma mantenerne la promessa diventa un test di credibilità. Non bastano slogan o rendering suggestivi: servono calcoli tecnici, compromessi col governo centrale e risposte a chi teme danni ambientali non proprio trascurabili.

Così, il Ponte rimane mito e ossessione. Una promessa che attraversa generazioni, mescolando speranze, calcoli pragmatici e una buona dose di ingenuità collettiva. La Calabria rischia di misurare la propria dignità con un colossale arco di cemento sospeso sullo Stretto, incapace di rattoppare le crepe della vita quotidiana e di un piano politico serio.

Ora, anche se la Corte dei Conti lo ha bocciato, esprimendo dubbi su coperture economiche, stime di traffico, rispetto delle norme ambientali e antisismiche e persino sulla competenza del Cipess, non resta forse concreto il rischio che si forzino ancora leggi e delibere pur di tenere aperto all’infinito il rubinetto delle risorse pubbliche e l'inutile carrozzone della Stretto di Messina S.p.A.?