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19/10/2025 ore 14.17
Opinioni

La bellezza secondo Faber: il racconto di Fernanda Pivano

Tra mare, sogni e canzoni, il ritratto intimo di De André attraverso lo sguardo poetico della celebre scrittrice e traduttrice

di Battista Bruno

La bellezza ci salverà? Forse no, non è abbastanza. È importante interrogarsi su che cosa sia la bellezza per l’uomo. Quali sono i suoi angoli di bellezza?

Ogni giorno abbiamo l’occasione di ricercare e scoprire la bellezza. Un gesto, uno sguardo, un sorriso, un abbraccio, un bacio, un ricordo sbiadito: sono tutte occasioni per riflettere sulla bellezza.

Fabrizio De André dedicò la sua vita alla ricerca della bellezza, ma interrogandosi sempre sull’uomo, cercando in lui il modo per descrivere la società. I vicoli di Genova, i pescatori, la riva del mare, le donne e la notte furono frammenti di bellezza sparsi nelle novelle e nel tempo di Faber.

Chi era Faber? La bellezza e Faber, nelle parole di Fernanda Pivano dell’11 marzo 2003.
«C’era una volta un bambino bellissimo. Era biondo. Gli piaceva guardare il mare e sognare, guardare le nuvole e sognare, guardare le bambine e sognare. Viveva con una mamma bellissima, un papà bellissimo, un fratello bellissimo, una nonna bellissima, in una casa bellissima, in una città bellissima. Poi era cominciata la scuola, che non era bellissima, e il bambino preferiva restare nascosto per strada, dove vedeva il mare e le nuvole, lo scirocco che sugli scogli diventava libeccio, i gabbiani eleganti che planavano adagio sulla spuma arricciata. I maestri non erano bellissimi, e il bambino preferiva tornare presto a casa, guardare i libri del papà, ascoltare i racconti della mamma, inventare storie col fratellino. Poi la mamma bellissima gli aveva messo vicino un violino e un maestro, e il bambino non si divertiva a studiarlo, dava al maestro dei pasticcini di panna perché suonasse per lui e invece di suonare leggeva favole di viaggio, finché la mamma se ne era accorta, ohi ohi ohi, lezioni e pasticcini erano finiti, ma non era finito il mare, non erano finite le nuvole, non erano finiti i sogni. Se ne era accorta la bellissima nonna, e aveva portato il bambino in campagna, gli aveva fatto vedere le piante e le foglie, quando escono piccole, bellissime da un ramo, e diventano grandi ma sono sempre bellissime; gli aveva fatto vedere una carota rosata diventare grande e bellissima, un pomodoro diventare rosso e bellissimo, l’erba diventare verde e bellissima. Intanto una bambina bellissima cantava una canzoncina qualunque, e al bambino era sembrata bellissima e la cantava con lei, e poi senza di lei; la cantava e sognava le nuvole e i boschi, sognava i prati e i profumi, i sorrisi e le lacrime: sognava il mondo bellissimo che c’era lì attorno. Poi, sempre bellissimo ma non più bambino, un’estate ha conosciuto in Sardegna prati e boschi in collina, profumi e fiori nell’aria, delfini e rocce nel mare, sempre bellissimi, che gli hanno fatto vedere soltanto sorrisi, perché anche le lacrime erano bellissime, ormai: erano lacrime, ma già dell’amore. Così in Sardegna è rimasto: era diventato un ragazzo e poi un uomo bellissimo, aveva fatto figli bellissimi e sempre bellissimi sogni. Ma i sogni oramai li chiamava canzoni».

Fernanda Pivano fu una grandissima scrittrice e traduttrice, colei che per anni tradusse i libri di Hemingway. Colei che fece innamorare Pavese, nonostante la distanza di un amore mai nato. Colei che seppe raccontare un Faber come nessun altro.