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24/08/2025 ore 09.53
Opinioni

La politica territoriale è morta. Ce lo ricordiamo solo a cena, con un «ti ricordi quando c’era lui?»

Un tempo c’erano presidenti di Regione che mettevano in imbarazzo i ministri e i Comuni erano veri laboratori: avevano un’identità, una visione

di Carlo Maria Mazzei

Negli ultimi vent'anni, il potere territoriale si è lentamente sgretolato.
I Comuni, un tempo centri di politica vera, sono visti ormai come luoghi che contano sempre di meno.
Le Regioni, ridotte a un circolo di Yes man.
Un tempo c’erano presidenti di Regione che mettevano in imbarazzo i ministri.

Ex parlamentari, ex ministri, figure di peso che conoscevano i meccanismi del potere e li sapevano usare.
Non erano lì per decorazione, ma per dettare l’agenda, e soprattutto per essere ben visti e ben voluti da tutti, nessuno escluso.
Talvolta amati anche dai rivali politici.

E i Comuni? Non se la passano meglio.
Un tempo erano laboratori politici, centri di innovazione, territori da cui partivano sindaci destinati a diventare a volte anche leader nazionali.
Oggi, i sindaci devono fare i contabili.
Le casse sono vuote, i margini di manovra azzerati.

Una volta le squadre regionali e comunali erano vere e proprie centrali di potere.
Avevano un’identità, una visione.
Si muovevano in modo strategico, avevano interlocutori a tutti i livelli.
Oggi, nella migliore delle ipotesi, sono macchine elettorali.
Gli uomini e le donne che le guidavano avevano un passato, un presente, e una reputazione.

E allora la domanda è: possiamo permetterci un Paese senza Comuni forti e senza Regioni forti?
Nel frattempo, però, ci resta solo la memoria di quei nomi che ancora oggi, quando li pronunciamo, fanno sollevare il sopracciglio e dire:
«Eh, quelli sì che contavano davvero».
«Eh, quello era un grande persona».
«Eh, ti ricordi quando c’era lui».