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27/04/2025 ore 08.53
Opinioni

Pregiudizio e bonifica nella piana di Sibari

Nel romanzo Oroverde di Raoul Maria De Angelis c’è la lotta tra Pietro, uomo della palude e pastore di Terranova da Sibari, e gli uomini della bonifica. Infine l'abbraccio finale che ha tutta la dolcezza e la solennità di un'era ormai agli sgoccioli

di Alessandro Gaudio

Al centro di Oroverde, romanzo che Raoul Maria De Angelis scrisse nel 1937 e pubblicò per Mondadori nel 1940, c'è la lotta tra Pietro, uomo della palude e pastore di Terranova da Sibari, e gli uomini della bonifica, «quelli che guastano la terra, giorno per giorno, che fanno morire i cavalli di insolazione, che hanno macchine per rubare il lavoro ai mietitori», lupi che scavano un altro letto per il fiume, spogliano gli alberi e rubano la pianura pezzo a pezzo.

Agli occhi del primo, uomo rude e impenetrabile, le colpe degli invasori sono aggravate dalla disposizione delle donne più inclini a tollerare la loro presenza e a giustificarne le azioni, talvolta persino decantando maliziosamente i modi e la forza di quella gente arrivata da lontano. Succede, poi, che Annarosa, figlia di Pietro, aspetti un bambino da Marcello, un lavoratore della bonifica e che il loro rapporto venga osteggiato furiosamente dai parenti della ragazza.

Marcello muore, precipitando da un carrello in corsa e battendo la testa su un piolo di ferro dell'arginatura, ma i rapporti tra Pietro e Annarosa, consumati dal sospetto, sembrano ormai compromessi per sempre. La ragazza, addolorata, raggiunge gli altri bonificatori nel loro villaggio, per far crescere suo figlio in un ambiente meno logorato da odio e falsi miti.

Comincia così il viaggio di Pietro che, per andare incontro ad Annarosa, giunge nei luoghi della bonifica, rendendosi conto che quegli uomini non avevano danneggiato la terra, «l'avevano anzi protetta e nutrita, avevano edificato sulla pianura, e amato da buoni cristiani gli animali e le piante». È l'alba di un nuovo giorno, quella che forse prepara una disposizione d'animo diversa, che preveda una maggiore apertura alla modernità, all'umanissima magia che ha operato per deviare le correnti in facili direzioni, per trapiantare gli alberi in modo da fortificare la terra smossa, per trasformare la roccia e costruire centrali elettriche e, parallelamente, una minore ostinazione, una fedeltà meno pronunciata alle memorie e alle fantasie del luogo.

L'abbraccio tra padre e figlia che chiude il bel romanzo di De Angelis, purtroppo non più disponibile in commercio, ha tutta la dolcezza e la solennità di un'era ormai agli sgoccioli, ma trattiene e conserva il sapore amaro e metallico del grano cresciuto troppo precocemente.