Il prezzo di una vita al ribasso: 20 centesimi in più ai rider che consegnano anche sopra i 40°
Ognuno di noi dovrebbe fermarsi un attimo. Guardare in faccia chi sta sull’uscio e domandarsi se davvero quei soldi siano un premio. O non siano piuttosto il prezzo di un’umiliazione che ci riguarda tutti
Non c’è più parola. Non c’è più pudore.
C’è solo un messaggio in una app: «Bonus caldo estremo: 20 centesimi in più per ogni consegna sopra i 40 gradi».
Venti centesimi. Meno di un caffè. Un gettone di pietà per chi pedala tra le strade arroventate delle nostre città, inghiottito nell’asfalto liquido di estati sempre più feroci, sempre più lunghe, sempre più disumane.
Li chiamano “rider”. Moderni facchini di una logistica che non conosce stagione, domenica, festività. Ragazzi, uomini, donne. Senza tutele. Senza voce. Senza volto, se non quello di un avatar su uno schermo. Invisibili, se non quando bussano alla porta di casa nostra, con il sacco fradicio di fatica, per consegnare la pizza che non avevamo voglia di andare a prendere.
Lo sappiamo tutti. Ma ci giriamo dall’altra parte.
E quando arriva la notifica di questi “incentivi” — eufemismo che sa di insulto — non ci indigniamo più.
Ci abbiamo fatto l’abitudine. Ci hanno abituati. A contare la dignità in spiccioli. A contrattare la fatica al centesimo.
A dire che tanto sono lavori di passaggio.
Passaggio verso cosa? Verso quale futuro, se nel frattempo normalizziamo lo sfruttamento in livrea fluorescente, premiato con una mancia se hai abbastanza fiato per non collassare sull’asfalto?
C’è una colpa collettiva, in questa monetina.
È la nostra fame di tutto e subito, la nostra pigrizia di scendere di casa, la nostra pretesa di ricevere tutto — adesso, qui, perfetto — a costo di bruciare esseri umani lungo la strada.
E c’è una politica vigliacca, che in nome del mercato gig, della “flessibilità”, lascia che sia il sole a decidere se un lavoratore tornerà a casa la sera con un colpo di calore o con venti centesimi in più.
È la stessa politica che applaudiva al boom delle piattaforme come simbolo di modernità.
La stessa che oggi si volta dall’altra parte, mentre una generazione intera si consuma sui pedali o sul sellino di uno scooter, stretta tra algoritmi e caldo africano.
Ognuno di noi, mentre scarta una busta termica, dovrebbe fermarsi un attimo.
Guardare in faccia chi sta sull’uscio, sudato, stremato.
E domandarsi se davvero quei venti centesimi siano un premio. O non siano piuttosto il prezzo di un’umiliazione che ci riguarda tutti.
Perché chi paga non è solo chi pedala: paghiamo tutti, quando accettiamo che la vita di qualcuno valga meno di un clic sul telefono.
E allora sì, chiamiamola pure indecenza. Ma non basta una parola.
Serve uno scatto di coscienza. E di coraggio.
Per dire che, soprattutto oltre i 40 gradi, quello che pretendiamo da queste persone è disumano: la consegna può aspettare, la vita no.
E che venti centesimi non comprano né il sudore né la dignità di chi pedala.
Perché una pizza può raffreddarsi, ma una coscienza no.