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19/04/2025 ore 10.53
Opinioni

Solo strade nei desideri dei calabresi di ieri e di oggi? Attualità di Malifà

Nel romanzo che Sharo Gambino dà alle stampe nel 1965 l'incapacità di un popolo che confonde allucinazioni, credenze e realtà. Allora come ora?

di Alessandro Gaudio

Ad un certo punto di Sole nero a Malifà, romanzo che Sharo Gambino dà per la prima volta alle stampe nel 1965, un deputato, «a piedi insieme alla guardia comunale che pareva accompagnasse il Santissimo», arriva nel piccolo paese immaginario ma situato, con ogni evidenza, dalle parti di Nardodipace, lungo il margine sud-orientale delle Serre calabresi.

L'occasione è dettata dalla campagna che precede le elezioni del consiglio provinciale nella quale l'onorevole distribuisce banconote da cinquecento o mille lire e, prima di partire, promette il massimo che i malifioti potessero desiderare, una strada: «la potevano considerare già fatta, perché lui, in quella stessa giornata, avrebbe parlato per telefono col Ministro dei Lavori Pubblici il quale era suo intimo amico e certo presto, assai presto, prestissimo, sarebbero cominciati i lavori». Cosa potevano volere di più?

La strada promessa non fu mai realizzata ma, al di là della delusione di un popolo «minchionato» ancora una volta, colpisce il fatto che, decennio dopo decennio, i calabresi abbiano continuato a eccitarsi esclusivamente davanti a «ruspe e rulli compressori». I sogni, si sa, dicono sempre quello che dovrà accadere nella realtà ma, perlomeno, la gente di Malifà prova a ribellarsi di fronte all'ennesima promessa disattesa, scegliendo di non pagare le tasse. Tuttavia, anche il moto di insofferenza dei malifioti sarà destinato a fallire ma, nelle pagine di Gambino, si coglie, più che altro, l'amarezza di dover prendere atto ancora una volta del fatto che le esigenze dei calabresi, persino quando passano dalla sfera dei sogni, persistano nell'ignorare le effettive necessità di una terra che, negli anni in cui è ambientata la vicenda, è priva di scuole, telefono, fognature e anche di «una fontanella in mezzo alla piazza della chiesa» e che oggi essi continuino a smaniare per mega-strade inutili e ponti quando manca tutto il resto.

Lo scrittore nato a Vazzano e vissuto a Serra San Bruno proietta su Gesuino, il protagonista di Sole nero a Malifà, l'incapacità di un popolo che confonde allucinazioni, credenze e realtà, ma che ora come allora, con contraddizione soltanto apparente, non vede con l'anima che quello che vede con gli occhi: «nero e nero e nero e non una luce e nemmeno una speranza di luce». È proprio sull'assenza di luce e di speranza, insita anche nell'ossimoro del titolo, che si sono infrante tutte le promesse.