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08/11/2025 ore 14.01
Politica

“4 ristoranti” val bene una copertina, la doppia partita di Cannizzaro e Falcomatà in riva allo Stretto: un bivio per due

I destini dei due politici scorrono paralleli senza mai apparentemente intrecciarsi, ma entrambi, tra Regione e prossime elezioni comunali, sono di fronte a scelte decisive per il loro futuro

di Claudio Labate

Da qualunque angolazione la si guardi, è sempre campagna elettorale in riva allo Stretto, dove nella prossima primavera si tornerà alle urne per il rinnovo del Consiglio comunale. In copertina ci sono sempre loro, il deputato e coordinatore regionale di Forza Italia, Francesco Cannizzaro, e il sindaco (ancora per poco) Giuseppe Falcomatà, fresco di proclamazione tra gli eletti di Palazzo Campanella.

D’altra parte, per motivazioni diverse, entrambi rimangono al centro della scena politica, e non. Lo testimonia anche l’ultima corsa al selfie con lo chef Alessandro Borghese, in questi giorni in città per le riprese di una delle puntate della nuova serie di “4 ristoranti”. Da lui parole al miele per la (ri)scoperta di una città e di una regione che grazie alla moglie conosceva, ma non così a fondo. Una presenza, la sua, che ha catalizzato in cinque giorni l’attenzione dei reggini, impegnati in vere e proprie battute alla ricerca dell’auto gialla che intanto faceva la spola tra un ristorante e l’altro. Il verdetto finale però, anche per evitare scenari diversi, si è svolta a Palazzo San Giorgio. Location istituzionale inusuale per il programma dello chef romano, campione di par condicio. A testimoniarlo anche un post del sindaco metropolitano che in serata dava conto della premiazione a Palazzo di città. «Chiacchierando con Alessandro ho scoperto che siamo “nati” insieme, esattamente quando io ho iniziato a fare il sindaco lui ha iniziato a fare "Quattro ristoranti". A lui si è imbiancato il pizzetto e a me i capelli». Poi, l’ironia, non gratuita come vedremo: «Nell'occasione abbiamo ufficializzato la sua candidatura a Sindaco della città, anche perché Alessandro è l'unico in Italia il cui voto può "confermare o ribaltare completamente la situazione"...».

Una situazione che in riva allo Stretto in molti vedono già indirizzata verso una direzione ben precisa, quella del centrodestra del “deus ex machina” Cannizzaro che anticipando la mossa del primo cittadino non ha voluto perdersi l’occasione di immortalare una passeggiata in compagnia dell’amico Alessandro, sul Lungomare Falcomatà. Così in un post luminoso, il deputato ha marcato il territorio, per non rimanere indietro (visto anche l’affetto dimostrato a Borghese dai reggini) e per rilanciare: «Questa regione ha imparato ad amarla per "proprietà transitiva", grazie a sua moglie, visitando alcune perle della nostra splendida terra... ma non era mai stato in riva allo Stretto. E in un attimo se n'è innamorato (parole sue!). Chissà che questo "amore a prima vista" non possa diventare foriero d'altro...». Mostrando così tutte le capacità “situazioniste” del coordinatore regionale azzurro all’insegna de "l'attesa del piacere è essa stessa il piacere", che per i puristi delle citazioni, è una celebre frase attribuita al drammaturgo tedesco Gotthold Ephraim Lessing.

Tutti vogliono Cannizzaro, nessuno lo vuole

Un momento di leggerezza (ma non tanto) e di marketing che arriva però in un altrettanto momento politicamente delicato per i due. Perché se è vero che Cannizzaro viaggia col vento in poppa dei risultati elettorali regionali, è anche vero che le ultime scelte che hanno riguardato la giunta regionale hanno generato più di uno scontento nella granitica coalizione di centrodestra. E d’altra parte, il momento non è facile neanche per Giuseppe Falcomatà che dopo la mezza delusione delle elezioni che pure lo hanno visto eletto – ma dietro il sindaco di Palmi Giuseppe Ranuccio – è in attesa di capire cosa sarà del suo futuro a Palazzo Campanella.

Tornando a Cannizzaro, non v’è chi non veda come l’atteggiamento degli amici della coalizione sia improvvisamente cambiato dopo la formazione della giunta bis di Roberto Occhiuto. D’altra parte, insieme, dal palco di piazza Duomo avevano lanciato la disponibilità a candidarsi a sindaco del coordinatore regionale azzurro con l’amico Roberto a fargli sponda e promettere un impegno addirittura in prima persona. Sin da subito gli amici della coalizione avevano provato a tenere il punto, sostanzialmente dicendo “ben venga la disponibilità, ma noi abbiamo anche i nostri nomi da proporre al tavolo”. Scaramucce, anche di facciata, per misurarsi all’interno della coalizione e in vista appunto della definizione dell’esecutivo. Ieri le prime risposte sono arrivate da due interviste rilasciate dagli amici Claudio Durigon e Wanda Ferro. Entrambi hanno spalancato le porte di palazzo San Giorgio al deputato. La Ferro ha addirittura ammesso che FdI non ha nomi. Mentre Durigon, memore del veto posto su Mattiani da Cannizzaro (mossa strategica per evitare almeno al momento l’entrata in Consiglio da supplente di Franco Sarica, sostenuto da Giuseppe Scopelliti) ha candidamente ammesso che va bene il nome di Francesco, ma anche che se lui dovesse scegliere diversamente, il nome della Lega sarebbe quello di – guarda caso – l’altro Franco, il Sarica che gioca la partita anche di uno Scopelliti che vuole tornare ad avere una voce nel centrodestra di oggi. Dispetto politico? Casualità? Mah, forse, ma a pensar male… D’altra parte la presenza e il peso di Cannizzaro sono cresciuti a dismisura, e non sono in pochi quelli che pensano che è meglio avere un Cannizzaro impegnato a Palazzo San Giorgio che uno stratega a dare le carte per tutti.

Il bivio del sindaco Metropolitano

Dall’altra parte c’è Giuseppe Falcomatà. È noto che il sindaco metropolitano non abbia digerito il modo in cui – dice lui – è stato trattato dal partito, accusato di non aver messo in atto una vera e propria mobilitazione, prima insistendo sul suo nome per la candidatura a presidente e poi per non averlo sostenuto appieno nelle urne. Falcomatà ha scelto un profilo basso nelle assemblee convocate per l’analisi del voto, non rinunciando però a far trapelare quella voglia di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. D’altra parte in città c’è attesa per capire le scelte del primo cittadino orientato, prima di far scattare l’incopatibilità, ad una rivisitazione della giunta comunale, per ora annunciata solo a mezze parole. A meta della settimana scorsa Falcomatà ha visto il segretario provinciale Peppe Panetta in un colloquio che i ben informati descrivono dai toni pacati. Il primo cittadino vorrebbe nominare una donna, sistemare alcune deleghe, e capire se ci sono le condizioni per mettere Peppe Marino (attuale capogruppo Pd) nella postazione di vice sindaco metropolitano, che suonerebbe anche come una sorta di punizione nei confronti di Carmelo Versace (attuale vicesindaco) candidatosi alle regionali con la seconda lista del Pd.

E tuttavia queste decisioni tardano ad arrivare. In molti naturalmente mettono in relazione l’attendismo di Falcomatà alle scelte del partito per le nomine in Consiglio regionale. I rumors fin qui raccontano che la casella del capogruppo, per questioni di anzianità ma anche di rispetto del criterio elettorale, andrà ad Ernesto Alecci. Ma anche che per lo stesso criterio, la presenza del Pd nell’ufficio di presidenza sarebbe da garantire a Ranuccio, in virtù di quello scarto di poche centinaia di voti. Non è certamente una prospettiva rosea quella che si intravede per Falcomatà che rischia di rimanere con un pugno di mosche. Anche per questo diventa cruciale la futura Direzione nazionale del Partito democratico, utile per riposizionamenti futuri. Altrimenti, dicono a mezza bocca i soliti ben informati, «c’è sempre il buon rapporto mantenuto con Renzi…». Solo ipotesi? Realtà? Non ci vorrà molto a capirlo.