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11/10/2025 ore 08.11
Politica

«Campolarghisti di tutto il mondo, disunitevi!»: dal trionfo di Occhiuto alla sconfitta di Tridico, l’analisi del voto a Perfidia

Nel format di Antonella Grippo dibattito acceso sulle elezioni in Calabria che hanno confermato il presidente uscente. Bilancio amaro per il centrosinistra. Tra ospiti e collegamenti, ecco com'è andata

di Ernesto Mastroianni

Perfidia bracca alle porte dei telespettatori alle 21.30 in punto, come un falco che ghermisce la preda, e Antonella — la sacerdotessa della parola televisiva, la sibilla del pungolo giornalistico — entra in scena con un suo acuto, perfido, luciferino, flagellante: “Campolarghini e campolarghisti di tutto il mondo, disunitevi!”

Una parafrasi rovesciata, un colpo di teatro hegeliano, che capovolge il principio dialettico dell’unione per proclamare la disgregazione come cifra della contemporaneità politica.

Antonella inaugura così la serata (clicca qui per rivedere la puntata) con un monologo che è una vera orazione della disillusione, un inno alla critica profondamente giornalistico, senza partito, dove la parola si fa lama e carezza, artiglio e sorriso. Ha per tutti, nessuno escluso: la sua ironia — morsus et dulcis — è il veicolo di un’intelligenza analitica e di una ferocia che scalfisce la superficie delle cose per mostrarne l’osso. Ironia, puntualità, pungente lucidità: Antonella torna a pungere, a trafiggere tutti i partiti.

Il perimetro della puntata è l’analisi del voto. Le domande sono molte, le risposte — come sempre — si dissolvono nell’aria. «Appreso che le elezioni le ha vinte Roberto Occhiuto — questo è un dato di fatto — adesso ci si può soltanto interrogare sul perché i calabresi lo abbiano preferito a Tridico o a Toscano». Il dubbio diviene così, per dirla con Nietzsche, “la febbre dell’intelligenza”, la condizione di chi non si accontenta del risultato ma cerca la causa, l’origine, il perché delle cose.

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In studio siedono Ernesto Alecci (Pd), Orlandino Greco (Lega), Filomena Greco (Casa Riformista). Tra loro, come un arbiter elegantiarum della dialettica politica, Ugo Floro, giornalista e analista di rara finezza, noto per la preparazione politica, l’attenzione analitica e l’eleganza della parola: qualità che fanno di lui una voce sempre misurata e al tempo stesso penetrante. In collegamento, Giuseppe Aieta.

Il dibattito si apre sulla egemonia di Forza Italia in Calabria. Ma subito sorge la domanda, a tratti amara, a tratti provocatoria: che figura ha fatto Fratelli d’Italia? Ugo Floro, con la sua consueta compostezza, si interroga su come sarebbe andata se non ci fosse stato il contributo di Wanda Ferro. È un interrogativo che squarcia la superficie del trionfo e fa affiorare le dinamiche interne del centrodestra, tra leadership, carismi e strategie.

Ma la domanda che continua a costeggiare e ossessionare tutti è:«Cosa non ha funzionato in questa campagna elettorale?» Ernesto Alecci ribadisce con fermezza l’orgoglio del campo largo. Antonella sottolinea che il campo largo non è bastato, perché — de facto — le elezioni sono state perse.

È il turno di Orlandino Greco (Lega), che sottolinea come Tridico non sia un leader: «È un manager, ma non un politico. Non è entrato in partita, non ha catturato l’attenzione della gente».

Filomena Greco (Casa Riformista) rincara con lucidità: anche la destra ha il suo campo largo, con posizioni spesso dissonanti; ma Tridico, pur uomo di competenza, non è un animale da palcoscenico. Si è messo a disposizione della politica senza esserne il centro pulsante.

Giuseppe Aieta, con la consueta franchezza, propone un’analisi ruvida: «Il centrosinistra non vince da Mario Oliverio. Ha perso contro la compianta Jole Santelli, ha perso con Occhiuto e continua a straperdere».

Il centrosinistra — sostiene — sembra vocato a perdere, come se avesse trasformato la sconfitta in un’abitudine identitaria. «Tridico e i candidati del centrosinistra hanno usato la strategia della tristezza, Occhiuto quella del desiderio».

Una distinzione nietzschiana, quasi dionisiaca: da una parte la malinconia rassegnata, dall’altra la volontà di potenza. Aieta afferma che anche la scelta del candidato è stata errata: con Stasi, forse, il risultato sarebbe stato diverso.

Eppure, la vera notizia che si affaccia dalle fila di Perfidia è un’altra: il vero sconfitto di questa campagna è Carlo Calenda, travolto da una polemica mal calibrata con Occhiuto. In Calabria, Renzi sorpassa Calenda, segnale di un equilibrio interno al terzo polo ormai scompaginato.

Ugo Floro sottolinea poi la variegazione dell’offerta politica di Occhiuto, e l’importanza che oggi assume il corpo sociale — “il corpo ancora prima dell’offerta”, afferma con felice sintesi. Secondo lui, Stasi se la sarebbe giocata meglio, anche perché non avrebbe accantonato temi che Tridico ha trascurato. Orlandino Greco aggiunge che la Lega deve ancora recuperare buona parte del pregiudizio storico che la Calabria nutre verso di essa: un ostacolo antropologico più che politico. Entrano in collegamento Matilde Siracusano, sottosegretario di Stato, e Pina Picerno, vicepresidente del Parlamento europeo.

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Siracusano afferma con chiarezza che nel campo largo del centrosinistra non c’è coesione, ma solo la volontà di battere il centrodestra: «I Cinque Stelle sono nati contro il PD, contro Renzi… e ora governano insieme».

Un paradosso che ricorda, per certi versi, l’“unità dei contrari” di Eraclito, ma senza la tensione vitale che rende feconda la contraddizione.

Pina Picerno, con tono pacato ma fermo, osserva che per essere credibili bisogna rimettere a posto molte cose: «I magistrati facciano i magistrati, i politici i politici. Si è innocenti fino al terzo grado di giudizio». Riflessione che riporta il dibattito nel solco della legalità e del rispetto istituzionale. Aggiunge che, in questa tornata elettorale, non si è ragionato bene sulla scelta di presentarsi insieme: il campo largo, per funzionare, ha bisogno di linee guida condivise e di candidati forti sul territorio.

Siracusano replica duramente: il giustizialismo dei Cinque Stelle è “becero”. Avevano promesso di non usare le questioni giudiziarie come arma elettorale, e invece lo hanno fatto. «La condotta di Occhiuto è stata impeccabile», aggiunge, e l’avviso di garanzia «sembra proprio un paradosso».

Pina Picerno pone poi l’accento sui giovani consiglieri eletti con grandi voti: i risultati individuali sono ottimi, ma il problema è sistemico. «Il campo largo, così com’è, non funziona. Occorre passare da un atto di fede a una scelta consapevole». Parole che riecheggiano l’etica della responsabilità di Max Weber: la politica non può fondarsi solo sulla convinzione, ma sulla lungimiranza del risultato.

In studio — nota Ugo Floro — sono presenti molti sindaci o ex sindaci, come Alecci e Filomena Greco. «Probabilmente le uniche vere risorse del PD rimangono le autonomie locali», osserva con acume. Antonella, con il suo fare perfido e sacrilego, chiede a Matilde Siracusano quali siano i motivi di conflitto politico con Roberto Occhiuto. Lei risponde che, al di là delle differenze geografiche (siciliana lei, calabrese lui), sul piano concettuale si trovano d’accordo. Poi, Siracusano lancia una bomba dialettica: «Occhiuto è il presidente della regione che tutta Italia invidia alla Calabria».

La replica di Filomena Greco è netta: «Non credo sia vero che tutta Italia invidia la Calabria per avere un rappresentante come Occhiuto. Mi auguro soltanto che i prossimi cinque anni servano realmente al bene della Calabria».

Antonella osserva che comunicazione e sostanza devono coincidere. «In politica si dice che ci sono stati i contenuti, ma è mancata la comunicazione, ma è possibile che non si riescano a coniugare forma e contenuti?». Alecci aggiunge: «Il turismo non è stato rilanciato. Le presenze sono ferme al 2019. I giovani continuano a partire. Bisogna guardare gli indicatori con onestà intellettuale».

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Antonella apre infine una finestra sul nazionale e sull’internazionale: si discute degli accordi tra Israele e Gaza, con Francesco Maria Del Vigo, vicedirettore de Il Giornale. Del Vigo commenta la figura di Trump, che «si conferma politico dal temperamento raro». Qui Antonella scherza: «Si allarga anche qui il campo, ma questa volta giornalistico!», battuta che scioglie la tensione con arguta leggerezza.

Del Vigo riconosce che la vittoria di Occhiuto è di portata nazionale, segno che il centrodestra, pur tra dibattiti infuocati, ha saputo trovare un punto di sintesi. Antonella chiede: «Potrebbe Roberto Occhiuto prendere il posto di Tajani?» Del Vigo esclude l’ipotesi: «Tajani, dalla morte di Berlusconi in poi, ha collezionato molti successi politici». Viene ricordata la compagine giovanile di Forza Italia, sempre più attiva e intraprendente.

A dare ulteriore verve al dibattito sono le domande di Raffaele Florio, giornalista e opinionista di Perfidia, che si distinguono per acutezza e scomodità, vere punte di diamante di un giornalismo che non teme di affondare il bisturi.

Antonella, con la sua consueta teatralità, chiede infine: «Il centrismo è passato dalla vostra parte?» Matilde Siracusano risponde con sicurezza: “Sì.” Poi, Antonella manda in onda la biografia perfida di Roberto Occhiuto, un racconto che unisce narrazione e potere, mito e pragmatismo. E ancora una volta emerge, come un filo carsico, la vera notizia della serata: Calenda sconfitto, Renzi che lo sorpassa in Calabria, simbolo di una geografia politica che muta sotto i nostri occhi.