Congresso Pd, DpC: «Operazione del peggiore trasformismo meridionale di gattopardiana memoria»
La fronda contestatrice interna al partito auspica che la fase assembleare serva a «riaprire il dibattito coi militanti, a individuare un candidato alternativo, ed un “votificio” già deciso a tavolino»
di Lu. La.
Sono tornati a riunirsi i Democratici per la Calabria, la fronda interna al Pd in disaccordo coi vertici del partito e col segretario regionale, Nicola Irto, per discutere della campagna congressuale «anticipata decisa dalla direzione nazionale a seguito delle innumerevoli sconfitte elettorali subite in Calabria, unica Regione del Mezzogiorno dove il Pd arretra rispetto alle europee precedenti 15,88%». L’incipit di della nota diramata ne fa subito intendere il tenore. Un contenuto alquanto critico nei confronti della “stanza dei bottoni”, rea, a loro dire di essersi arroccata in una situazione di «convetio ad excludendum».
I DpC sottolineano anche lo «stato di crisi profonda politico organizzativa in cui versa il partito nei nostri territori», rivelando come siano «poco più di 4mila gli iscritti del Pd in Calabria nel 2024».
«Nei mesi precedenti, con puntuale e circostanziata descrizione abbiamo denunciato alla segretaria nazionale Schlein, con una lettera aperta e un documento – è riferito – lo stato comatoso del Pd calabrese e l’inadeguatezza dei gruppi dirigenti nell’affrontare la grave crisi del partito di cui sono in massima parte loro i responsabili. Inadeguatezza che si riflette nell’assoluta assenza di direzione politica e di azione e presenza organizzativa nei territori. Nei mesi precedenti abbiamo accompagnato la nostra critica con precise denunce rispetto a situazioni specifiche di degrado in cui versa il Pd in realtà importanti e fondamentali della Calabria. Corigliano Rossano, Lamezia, solo per citare le più emblematiche ed eclatanti, sono le vicende in cui il gruppo dirigente regionale non solo ha latitato e latita in maniera pilatesca, rifiutando di assumersi ruoli e funzioni di direzione politica ed organizzativa, per quanto alimenta, sulla base di logiche di affiliazione e di appartenenza a gruppi che a loro si richiamano, forme di arroganza e protervia che isolano il Pd dalla società civile e nell’opinione pubblica di quelle realtà, rendendolo sempre più marginale e residuale anche all’Interno dello stesso centrosinistra».
Per i Democratici per la Calabria la prossima campagna congressuale anticipata «può certamente rappresentare l’occasione per invertire la profonda crisi che attraversa il Pd in Calabria e il suo gruppo dirigente, se da parte di tutti c’è la disponibilità al confronto ed alla discussione, superando la convetio ad excludendum che negli anni hanno allontanato tanti militanti iscritti ed elettori dal Pd. Molto dipende da chi dirige ed ha diretto il partito in Calabria in questi anni e dalla loro disponibilità a rompere rendite di posizioni parassitarie, finalizzate a collocazioni politiche e soprattutto istituzionali personali. Sarebbe un errore esiziale se chi dirige il Pd attualmente in Calabria non cogliesse l’occasione dei congressi per riaprire un dialogo con i suoi militanti ed elettori, ma soprattutto con la società civile e con i Calabresi. Sarebbe un errore imperdonabile se il Pd non recuperasse la sua funzione storica, così come sta avvenendo a livello nazionale, di essere punto di riferimento della sinistra e perno centrale per la costruzione di un centrosinistra largo, competitivo e vincente».
Un ruolo, quello del Pd, definito «sempre più marginale, partendo dalle vicende ed alleanze per le prossime Regionali, fino alle elezioni amministrative, a vantaggio di un protagonismo di 5Stelle e Avs. Non è un caso che poco tempo fa le due organizzazioni politiche abbiano firmato un documento congiunto sulla prossima scadenza elettorale per le regionali in Calabria».
Nel Cosentino nasce un nuovo Pd che attacca quello vecchio: «Segretario e dirigenti mossi solo da interessi»«Certo – proseguono – la decisione di trasformare il congresso in un frettoloso seggio elettorale, per come deciso dalla ultima direzione regionale, si voterà infatti in tutti i circoli il 15, 16 e 17 maggio, fa di questo congresso un’operazione del peggiore trasformismo meridionale di gattopardiana memoria: cambiare tutto per non cambiare niente. Un unanimismo che si regge sulla debolezza e sulla paura che qualsiasi novità possa mutare gli equilibri esistenti e mettere in discussione quel poco di rendita di posizioni politiche e soprattutto amministrative personali acquisite. Confidiamo però che il nostro pessimismo sia contraddetto almeno da qualche voce che, anche se isolata, permetta un minimo di interlocuzione e di speranza per il futuro. Per quanto ci riguarda, coscienti che a distanza di un mese e mezzo non sono ancora chiare le regole democratiche, statutarie e regolamentari di come si possa partecipare ai congressi ad iniziare da quello Regionale, ci muoveremo in accordo con coloro che all’interno delle altre federazioni si renderanno protagonisti e disponibili a rompere la morta gora che attanaglia il Pd calabrese, individuando un candidato alternativo in modo da poter avviare un confronto reale e riaprire un congresso “votificio” già deciso a tavolino, nella totale e completa indifferenza e disinteresse di iscritti, elettori e militanti, ma soprattutto della società civile calabrese».
Infine dalla riunione – conclude la nota diramata dai Democratici per la Calabria – «è emerso in maniera preoccupata il rischio che anche per Rende possa verificarsi un “Lamezia bis” e cioè che, per come avvenuto per la Lo Moro, anche in questo caso il Pd sia costretto alla fine a subire una candidatura da esso contrastata e non voluta, imposta alla fine dagli altri attori del Centro Sinistra al nostro partito».