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03/10/2025 ore 15.12
Politica

Elezioni in Calabria: le promesse riciclate della politica a confronto con la nuda realtà

Sanità, lavoro, legalità: i temi restano gli stessi, ma la distanza tra politica e cittadini aumenta. Alle Regionali si ripete un rituale elettorale che non tocca i problemi reali

di Franco Sangiovanni

Cambia il titolo del film, forse anche qualche interprete ma alla fine la trama resta invariata, la Calabria soffre e continuerà a soffrire. Si parla delle elezioni regionali in Calabria, e come un orologio svizzero, la scena politica si ripropone immutabile e inconfondibile con una proliferazione di candidati, con un valzer di comizi che promettono la luna e, soprattutto, con il ricco copione di cavalli di battaglia talmente rodati da suonare ormai come un rumore di fondo.

La litania è sempre la stessa, le promesse sulla sanità, lavoro, sulla ndrangheta, sulla povertà e sulla corruzione vengono elargite da ogni punto cardinale, che sia a destra o a sinistra. Drammaticamente reali e urgenti per i calabresi, diventano puntualmente oggetto di discussione per ogni schieramento, senza distinzione di colore politico, non ci interessa. Tutti, nessuno escluso, tutti si ergono a paladini delle stesse cause, come se le soluzioni fossero semplici formule magiche e non il risultato di un lavoro complesso, onesto e duraturo che storicamente è mancato. Che poi sembra anche bizzarro schierarsi da un lato o dall’altro se le soluzioni ai problemi li proclamano tutti, si potrebbe spendere meno semplicemente coalizzandosi.

Se vengono palesate nei programmi le diverse soluzioni, perché non sono state esercitate? Non conviene? Il vero dramma di questa campagna elettorale, di tutte le campagne elettorali, non risiede solo nelle promesse riciclate, ma nella distanza siderale tra chi chiede il voto e chi lo concede. Mentre il candidato sceglie con cura la cravatta che meglio si intona all'occasione, pronto a salire sull'auto blu con autista per il prossimo comizio, gran parte della Calabria vive una realtà fatta di notti insonni. Non per i sondaggi, ma per l'avviso di distacco di un'utenza a cui è impossibile far fronte, per la ricerca spasmodica del distributore di benzina che costa 2 centesimi in meno a litro, per il dolore sordo di una famiglia distrutta dalla partenza di un figlio in cerca di futuro altrove o, purtroppo, per un viaggio della speranza, prestandosi il danaro necessario, verso presidi sanitari alla ricerca spasmodica di una assistenza sanitaria diventata un favore e non più un diritto.

Per il lavoratore medio, l'incubo si materializza in ogni spesa imprevista: portare l'auto dal meccanico si trasforma in un atto di fede, un rivolgersi all'Altissimo pregando che la parcella non sia insostenibile. Con le promesse elettorali è quasi come fornire appiglio finto nella scalata di una parete rocciosa. Per alcuni, la parete si trasforma un uno specchio per la personale scalata della vita con il rischio concreto di precipitare nel baratro senza alcuna rete. Posto che innanzitutto deve esserci anche lo specchio per tentare la scalata. 

A rendere ancora tutto più amaro è la consapevolezza che le spese necessarie per una media campagna elettorale superano le entrate annuali di un'intera famiglia che produce e fatica onestamente. Il divario tra l'opulenza della corsa al voto e la povertà che si cerca di combattere è il sintomo più palese di una politica avulsa dalla realtà. Se la classe politica scendesse per un attimo dal palco e lasciasse titoli e uffici lussuosi con tutti gli altri “benefit” immedesimandosi con l’ottica di un salario medio, troverebbe una Calabria sofferente con gli occhi di chi fatica e vedrebbe che i problemi non sono i tecnicismi dei programmi ma la quotidiana sopravvivenza.

A rendere lo spettacolo ancora più stanco e prevedibile, è la discesa periodica e strategica dei "personaggi della Repubblica" dalla Capitale. Leader nazionali, ministri o ex-ministri che, improvvisamente, riscoprono il loro viscerale legame con questo "lembo di terra". La loro presenza, massiccia e mediatica, non è percepita come un segnale di vicinanza istituzionale ma come una palese manovra di "raccolta del frutto prelibato chiamato voto". Il comizio è fatto, l'incasso in termini di consensi è segnato (le strette di mano e i baci post comizio ancora non li capisco), e si torna alla normalità, quella, cioè, dove la Calabria torna a essere lontana e invisibile, lasciata nello stesso stato di abbandono prima della campagna elettorale. 

In questo scenario di promesse standardizzate e di ingerenze esterne, la vera rivoluzione non deve partire dalle segreterie dei partiti ma dalle cabine elettorali. Il vero scontro non è tra un candidato e l'altro ma tra la rassegnazione e la pretesa di un cambiamento vero. Il voto in Calabria non può più essere un atto di fede cieca o una preferenza di stampo familistico-clientelare, deve diventare un esercizio di consapevolezza critica per il luogo che vedrà il susseguirsi dei propri giorni di vita. È ora che il calabrese faccia valere le proprie idee uscendo dalla gabbia di un copione politico che si ripete da decenni. Illustri candidati, egregi politici, date risposte e speranza, quelle vere e serie, e vedrete che diminuiranno anche gli astensionisti su cui ora state facendo pressione con le solite promesse, le conosciamo.

Se in una regione solo la metà degli elettori (o quasi) si reca alle urne, un motivo ci sarà. La sanità, il lavoro, la legalità non sono slogan, ma diritti negati. L'unica risposta efficace al "giardino per la raccolta del voto" è la scelta di chi dimostra di conoscere non solo i problemi ma anche il prezzo che gli elettori pagano ogni giorno per risolverli. La Calabria ha le risorse e le intelligenze per scrivere un finale diverso a questo eterno déjà vu. La matita è in mano agli elettori, quelli liberi, quelli che amano la propria terra.