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19/11/2025 ore 20.03
Politica

Fusione dei comuni della Locride, la proposta di Fragomeni può cambiare la geografia della Calabria

Superando i campanilismi si creerebbe un’area che supera i 120 mila abitanti e i 2.5 miliardi di Pil: dagli eventi alla mobilità, dai grandi progetti ai servizi, ecco come un progetto di questo tipo potrebbe cambiare il volto dell’intera regione

di Francesco Rende

Un unico grande comune, nell’area della Magna Grecia, che tenga insieme le potenzialità turistiche della Riviera dei Gelsomini, le bellezze dei monti incontaminati dell’Aspromonte, le aree archeologiche di Locri e Monasterace e tanto altro ancora. Un progetto che supera i campanilismi e che potrebbe stravolgere totalmente la geografia della Calabria e del Sud Italia, spostando ulteriormente l’asse verso lo Jonio dopo la grande area urbana nata a Corigliano Rossano. 

Fusione della Locride, la proposta del sindaco di Siderno Mariateresa Fragomeni

La proposta di Mariateresa Fragomeni di rispondere ai tagli degli enti locali inseriti dal Governo Meloni nell’ultima manovra economica attraverso la fusione dei comuni, da lei definita un anticorpo alla crisi economica e dei servizi, è una vera e propria bomba destinata a far discutere ma che propone una via d’uscita e una prospettiva di crescita finora mai presa in considerazione nel sud della Calabria:

[Missing Credit]Il sindaco di Siderno, Mariateresa Fragomeni[Missing Caption]

«L’ultima manovra economica – spiega il sindaco di Siderno - taglierà due miliardi ai comuni fino al 2029, mettendo a rischio servizi come scuola, ambiente, manutenzione e assistenza sociale, ed a pagare il prezzo più alto saranno i comuni del Sud. È la classica goccia che fa traboccare il vaso, giunta dopo un quindicennio in cui l’attuazione del federalismo fiscale e la conseguente riduzione all’osso dei trasferimenti statali ai Comuni stanno relegando questi ultimi al ruolo di meri esattori di tributi – anche per conto degli enti superiori – mantenendo però, nel contempo, i doveri tipici di un’istituzione di prossimità alla quale i cittadini si rivolgono in prima istanza, considerando il palazzo municipale il presidio dello Stato nella propria comunità ed esigendo diritti e servizi che, con l’attuale tendenza alla riduzione dei cordoni della spesa, ogni Ente, specie se di piccole dimensioni, ha sempre maggiore difficoltà a garantire». 

Per questo motivo, a suo avviso, la soluzione per evitare tagli è quella di fondere gli enti locali, lanciando la proposta di un grande comune della Locride: «Il comprensorio più penalizzato dalla rete infrastrutturale e con il Prodotto Interno Lordo tra i più bassi d’Italia non ha ancora colto quest’opportunità – spiega la Fragomeni – eppure, lo spopolamento è in atto da lustri. Va da sé che la creazione di una città frutto della fusione di due o più Enti darebbe respiro, risorse e prospettive di sviluppo a un territorio dilaniato da annose problematiche, accentuate da un bieco campanilismo che ha originato una guerra tra poveri, degenerata in un conflitto tra poverissimi».

Le fusioni dei Comuni possibili anticorpi alla crisi che colpisce gli enti locali

Comune unico della Locride, un colosso da 120 mila abitanti: tutti i numeri

Se già negli ultimi anni la Locride ha vissuto una nuova primavera, con una possibile fusione diventerebbe una delle aree più importanti ed influenti, se non la più influente, della Calabria. Le potenzialità turistiche e la rilevanza sugli eventi di Roccella, gli imponenti lavori in corso su Siderno e Locri, lo sviluppo delle aree interne dell’Aspromonte e le splendide esperienze di comuni come Sant’Agata del Bianco, Riace e tante altre realtà più piccole messe insieme sono davvero senza limiti nel panorama regionale. 

Al netto dei temi e delle specificità territoriali, la rilevanza di un’operazione di questo tipo è nei numeri: unendo i 42 comuni della Locride, si creerebbe un’area da 120 mila abitanti stabili, con picchi che superano le 400 mila presenze nelle settimane estive, soprattutto nella riviera dei Gelsomini. Numeri enormi, che la proietterebbero immediatamente al secondo posto tra i centri più popolosi della Calabria, seconda solo all’area urbana di Reggio Calabria (che registra circa 168 mila abitanti) e di un terzo superiore all’attuale terza città della Calabria, Corigliano-Rossano, nata anch’essa da una fusione, superando anche la seconda in classifica, Lamezia Terme.

Il peso politico quindi non solo all’interno della Città Metropolitana ma anche all’interno della stessa regione cambierebbe totalmente: se già in questa legislatura regionale la Locride esprime due assessori regionali (Calabrese e Micheli), un presidente e un vicepresidente del Consiglio Regionale (Cirillo e Crinò) con un peso politico decisamente rilevante, il tavolo si ribalterebbe con un comune (e di conseguenza un sindaco) che andrebbe a pesare quasi quanto le province di Vibo Valentia e Crotone. 

Dalla micro-gestione alla capacità di investimento: come cambierebbe la Locride

A questo va aggiunto che la frammentazione amministrativa limita in modo drastico le possibilità di investimento dei comuni della Locride: bilanci ridotti, organici minimi, scarsa capacità progettuale e accesso quasi nullo ai grandi bandi. Un comune di dimensioni medio-grandi, invece, disporrebbe di trasferimenti statali e regionali molto più consistenti e, soprattutto, avrebbe la forza amministrativa per assumere tecnici, progettisti, urbanisti e figure specializzate nella gestione dei fondi europei. Questo significa poter intercettare risorse che oggi rimangono fuori portata: PNRR, CIPE, ZES, programmi di rigenerazione urbana e infrastrutture complesse come trasporto pubblico, waterfront integrati o sistemi portuali coordinati. La fusione, quindi, non sarebbe un esercizio teorico: è il passaggio dall’artigianato amministrativo di 42 piccoli comuni a una macchina capace di programmare sviluppo, attrarre capitali e sostenere interventi su larga scala. Basti pensare ai fondi PINQUA che in diverse realtà d’Italia hanno permesso di avviare profondi processi di rigenerazione urbana, o all’integrazione dei servizi: ferrovie, trasporto pubblico locale su gomma e tanto altro potrebbero essere ravvivati e finalmente resi sostenibili da un progetto di integrazione che non parcellizzi ma che anzi spinga fortemente anche la creazione di nuove infrastrutture viarie. 

Fusione della Locride, un PIL da 2,5 miliardi con un’unica progettazione

Dal punto di vista economico, un progetto di questo tipo avrebbe potenzialità enormi. In questo momento il peso finanziario della Locride oggi è reale ma disperso: un PIL stimato tra 2,5 e 2,6 miliardi di euro, non propriamente irrilevante, che però è frammentato in micro-sistemi che dialogano poco e non offrono un’immagine unitaria. Grandi gruppi industriali, realtà turistiche internazionali, trovano la difficoltà di avere davanti a sé differenti interlocutori, diversi livelli di servizi e mai una regia univoca con la quale creare un rapporto finalizzato: così diventa sempre più complesso avvicinare investimenti importanti, siano essi nei servizi o nel campo industriale. 

Una nuova città — sia essa l’intera Locride o anche soltanto una grande dorsale costiera da 80 mila abitanti — creerebbe invece un mercato urbano riconoscibile: un bacino demografico unico, continuità territoriale, servizi integrati e un waterfront che diventerebbe un asset competitivo. In questo scenario, la nuova entità supererebbe gran parte dei centri del Sud Italia per dimensione e attrattività: per fare un esempio, la forza economica e demografica sarebbe paragonabile a città in Cosenza-Rende ma con l’enorme vantaggio di avere un potenziale turistico ben più ampio e con un futuro totalmente da disegnare.

Questo significa maggiore attenzione da parte di operatori turistici, catene alberghiere, logistica, telecomunicazioni, banche e grandi marchi, ma significa anche ribaltare la narrativa identitaria: da area fragile e marginale a sistema urbano con ambizioni, visione strategica e riconoscibilità mediatica. Il sasso è lanciato nello stagno: quanto adesso si propagherà l’onda, dipenderà solo dall’abizione e dalla capacità di visione degli amministratori locali e delle comunità che potranno decidere di sposare una sfida tanto impegnativa ed allo stesso tempo visionaria.