Sezioni
Edizioni locali
10/05/2025 ore 15.57
Politica

Guccione: «Il Pd riparta da sanità e lavoro, serve una proposta politica radicale che ci differenzi dal centrodestra»

L’ex consigliere regionale punta sulle assemblee di circolo per discutere di una base programmatica da proporre al campo largo: «Abbiamo bisogno di una coalizione che tenga conto della specifica situazione calabrese e che parta da uno schieramento ampio e da un programma chiaro»

di Massimo Clausi

Carlo Guccione parte sparato elencando tutte le negatività che ancora si registrano sulla sanità in Calabria, nonostante i “super poteri” di cui gode il presidente/commissario Roberto Occhiuto. Il tema però è un altro ovvero il congresso regionale del Pd e lo stato di salute del centrosinistra.

Il senatore Irto dice che è difficile fare opposizione alla Regione…
«Il problema è che ci dovrebbe essere un'opposizione che lavora per diventare forza di governo. Non mi pare che siamo in questa fase».

Non c'è la proposta, dice?
«Non solo la proposta, ma la prima manifestazione sulla sanità in Calabria è stata promossa da associazioni. I partiti sono andati a rimorchio, sono stati di rincalzo. Ma se uno vuole proporsi come alternativa al centrodestra, non può non partire dalla sanità. Perché noi parliamo dello spopolamento delle aree interne, ma abbiamo visto i dati anche delle città e dei centri urbani calabresi. Dove non c'è sanità, non c'è nemmeno sviluppo e non ci sono i cittadini. Poi c'è una questione che riguarda il lavoro. In Calabria chi ha il lavoro, ha un lavoro povero. Abbiamo i salari più bassi d'Italia, lo dice l’Istat. Dove sono le politiche che affrontano queste questioni?».

Non è certo colpa solo del centrodestra...
«Obiettivamente ci sono state scelte sbagliate negli anni passati, non voglio dare responsabilità, non mi interessa. Ma il fatto che in Calabria ci fosse l'alternanza ogni cinque anni si è interrotto. Perché dopo l'esperienza di Jole Santelli ha rivinto il centrodestra che governa la Calabria da sei anni».

Dopo la scomparsa della Santelli era difficilissimo vincere, c’era anche una spinta emotiva…
«Tutte le giustificazioni in questo mondo, ma devo ricordare che abbiamo perso malamente l'ultima volta. È stato il più basso risultato della sinistra nella storia del regionalismo, mi pare il 27%. Il congresso del Pd, e io sono stato uno di quelli che è stato d'accordo ad anticiparlo, serve proprio per costruire un progetto, una proposta politica. Dobbiamo tenere conto degli errori del passato. Dobbiamo fare alleanze sociali, cioè costruire l'alternativa alla destra, non una semplice sommatoria di sigle e di partiti, come è avvenuto. Io non penso a sovrapposizioni di coalizioni che valgono a Roma, a Trieste, a Calabria, a Napoli o in Campania. Abbiamo bisogno di una coalizione che tenga conto della specifica situazione calabrese. Quindi che parta da uno schieramento ampio e da un programma chiaro. Un programma radicale, nella sostanza, che faccia percepire veramente la differenza tra quando governa la destra e quando governa la sinistra. Questo molte volte non si è percepito. Ci sono stati governi di destra, centrodestra e di centrosinistra in Calabria. Ma molte volte a governare sono stati sempre gli stessi interessi».

Si ma che punto siete nella discussione?
«Francamente la discussione di oggi è sbagliata. Non è il nome del candidato presidente che farà la differenza. Se uno guarda i dati elettorali, mai un presidente in Calabria con questo sistema elettorale ha preso più di 1500 voti rispetto alle liste. Il problema è costruire l'alleanza che ti permette di mettere in campo liste forti su un progetto chiaro. Poi il presidente, è ovvio che deve essere uno che abbia un profilo politico questa volta».

Basta società civile?
«Io non credo nel personaggio pescato all'ultimo dalla società civile. La mia esperienza mi dice che nel Mezzogiorno, il trasformismo politico, si trova in molte liste civiche. Attenzione che anche i poteri criminali oggi, per quanto vedo, per quanto osservo nel Mezzogiorno, preferiscono farsi rappresentare da liste civiche. E fare il congresso del Pd che deve essere il perno di questo progetto politico, è utile a condizione che si apra una discussione».

Non mi pare che sia aperta. Irto dice che a breve partiranno le discussioni dei circoli…
«Il congresso si farà così. Ci saranno due o trecento appuntamenti nei circoli calabresi. Io mi auguro che non sia solo una discussione tra iscritti, ma sia aperta al contributo di altri rappresentanti, di forze che si identificano nel centrosinistra, di votanti del Pd, ma si apra la discussione alla società calabrese. I congressi di circolo devono avere questa grande apertura di confronto con le varie realtà territoriali. E anche il contributo dei sindaci è importantissimo da questo punto di vista, perché i sindaci sono un campanello sul territorio, sono l'antenna sul territorio e devono contribuire a questo dibattito per dare più robustezza anche alla proposta politica. Senza ovviamente cadere nell’errore del partito dei sindaci, a cui  non credo».

A proposito, ma che sta succedendo ai sindaci?
«Loro sono i primi a pagare le conseguenze di questa situazione calabrese. Si cerca di scaricare alcune contraddizioni sui sindaci, come questa questione dei tirocinanti, per esempio. Le ambizioni sono legittime, ma tutte queste fibrillazioni che ci sono nei comuni capoluogo, sono dovute a questo tentativo di coltivare i propri orticelli. Ma io penso anche al fatto che esista una difficoltà dei partiti ad interloquire con gli amministratori locali».

In che senso?
«Credo che, da una parte all'altra, prevalgono spinte anche ad affermare un ruolo rispetto ai partiti, e ai partiti rispetto al ruolo dei sindaci, che molte volte non portano a una sintesi positiva. Penso che il congresso del Pd possa essere un luogo, se è quella l'impostazione dei congressi di circolo, in cui alcune cose possono essere discusse e a cui si può dare uno sbocco politico positivo che possa contribuire a creare le condizioni per un'alternativa in Calabria».

Certo che, rimanendo sulle amministrative, avete fatto una specie di capolavoro a Rende, avete contestato la candidatura di Principe, poi non avete nemmeno presentato la lista, così come in molti paesi del Tirreno, ma anche in centri importanti come Cassano: il simbolo del Pd non è presente.
«Ma queste sono scelte che riguardano i territori. A Rende c'è il progetto progressista, una lista che è stata ispirata dal Pd. Lì non si è voluto dare un'impronta partitica al sostegno a Bilotti, con simboli di partito, e si è allestita una coalizione di carattere civico, così come anche  a Cassano. È meraviglioso, invece, quanto accaduto sul Tirreno: sono state sfiduciate tre amministrazioni di Forza Italia e nessuno rileva questo dato. Eppure è un fatto politico impressionante rispetto a come un partito che è espressione del governo, che ha il presidente, ha assessori importanti, non riesca a gestire le crisi neanche in un Comune. È il segno di una sofferenza che c'è nel centrodestra calabrese, a cui noi dobbiamo guardare con molta interesse e umiltà, perché ci sono sofferenze che mettono in discussione e non sopportano più il metodo di governo regionale. E questa può essere un'occasione anche di poter intercettare, attraverso il congresso del Pd ed il confronto, pezzi, esponenti, che hanno votato centro-destra nell'ultima competizione regionale, per aprire anche la possibilità di avere una nuova visione rispetto a quello che è successo in questi anni in Calabria. Quello che manca non è un confronto solo nel Pd, come qualcuno di voi fa rilevare, è che la politica non ha più sedi di confronto.

Il Pd è l'unica forza che organizza un congresso e mette in pista 250, non so quanti, non ho i numeri aggiornati, un appuntamento collettivo in tre giorni di confronto e di discussione intorno a queste questioni, quindi mi pare che in Calabria sia l'unico partito che fa una cosa di questo tipo. Responsabilmente ha voluto anticipare il congresso per non essere condizionato da scadenze elettorali. E lo fa mettendo da parte lo scontro tra i gruppi dirigenti e responsabilmente decide di costruire un percorso inclusivo, capace di andare oltre gli schieramenti tradizionali per mettere in campo la possibilità di avere un appuntamento regionale con la possibilità di concorrere, io non dico di vincere, ma di concorrere. Perché dovremmo fare un esempio di una proposta radicale che potrebbe differenziare».

Lei parla di radicalizzare la proposta politica, faccia un esempio…
«Ma guardi, sul welfare, noi siamo la regione che spende di meno, questo significa non avere servizi sociali, non dare possibilità alle persone svantaggiate, ai portatori di handicap, di lasciare da sole le famiglie rispetto a un problema di avere un bambino che ha difficoltà a esercitarsi nel mondo scolastico. Quindi la sinistra deve partire da chi oggi vive profonde diseguaglianze e io penso che il welfare, insieme alla sanità, siano due importanti settori in cui dobbiamo individuare i nostri obiettivi, individuare le risorse per ridurre le importanti diseguaglianze. La sinistra si identifica su questo, sull'abbattimento delle diseguaglianze che sono aumentate enormemente in Calabria, proprio perché c'è l’incapacità di mettere in campo un piano che sia capace di non lasciare sole tante famiglie che si trovano in questa situazione».