Il contrappasso di Piantedosi: l’amaro respingimento da Bengasi perché «persona non gradita»
Il ministro dell’Interno atterra a Tripoli ma viene fermato al controllo passaporti e rispedito indietro. Una scena da commedia grottesca che trasforma “l’architetto dei muri” in migrante respinto
Sembra uno scherzo ma non lo è. Non è nemmeno satira, tantomeno una provocazione letteraria, perché questa cosa è accaduta davvero Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, è atterrato in Libia con una missione chiara come il sole. Doveva chiedere più respingimenti. Ma appena sceso dall’aereo è stato lui ad essere respinto. Si tratta di una scena da commedia tragi-comica, che nemmeno il migliore Paolo Villaggio lo avrebbe immaginato per il suo tragico e comico Fantozzi.
È successo che funzionari libici abbiano fermato l’italico ministro al controllo passaporti, e subito gli abbiano negato l’ingresso perché «non autorizzato». E quindi è stato dichiarato persona non gradita: lei è respinto. Semplicemente respinto. Come da Circolare Piantedosi: niente accesso, niente asilo, niente accoglienza. Tornatene a casa.
È andata bene, perché non gli è stato imposto un rimpatrio volontario e assistito, direzione Albania naturalmente. Dove ad attenderlo ci sarebbe stato un hotspot d’accoglienza e un modulo da firmare con la dicitura: «Accetto di essere trattenuto in una struttura extraterritoriale per motivi umanitari». Nemmeno Kafka avrebbe osato tanto. Questa scena rappresenta la perfetta legge del contrappasso. Il ministro che ha fatto dei respingimenti la sua bandiera (secondo i voleri del suo capo Salvini), il perfetto funzionario che innalza muri burocratici, che firma accordi extraterritoriali per tenere “lontani” gli indesiderati clandestini, quei miseri naufraghi, si è trovato improvvisamente dall’altra parte del tavolo.
Vittima di quella stessa logica fredda, disumana e cinica, che riduce le persone a dossier e quote da gestire. Anzi da respingere. E la domanda sorge spontanea: che effetto fa essere considerati clandestini? Che sensazione dà sentirsi non graditi? Non sappiamo se questa piccola grande umiliazione simbolica possa avere scosso il rigido ministro. Chissà se sia riuscito per qualche ora ad immaginare cosa significhi per migliaia di persone essere rispedite indietro, dopo aver attraversato il mare in tempesta ed essere rimasti bloccati nel deserto. Se non addirittura finiti rinchiusi e massacrati in un carcere libico. Che effetto fa sentirsi quindi senza un volto, senza un nome, senza un diritto. Piantedosi, grazie al cielo, dicono abbia preso il volo senza fare troppe storie.
Certamente durante il viaggio di ritorno non ha trovato il tempo e il modo di pensare ai tanti ragazzi rimandati indietro per «irregolarità formale», o a quelle madri disperate rimaste intrappolate in un centro libico mentre cercavano solo di salvare i loro bambini. Per ora l’unica cosa certa è che la Libia con un gesto degno di una sceneggiatura grottesca. Piantedosi certamente ora sa cosa vuol dire essere un migrante in Italia. Solo che lui aveva il jet pronto per tornare a casa. Ovviamente tutto pagato dallo Stato.