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03/12/2025 ore 07.27
Politica

Il “correntone” blinda la leadership di Schlein. Ma nei sondaggi Conte è ancora il preferito per sfidare Meloni

La kermesse di Montepulciano segna la nascita del cartello politico che intende “indirizzare” l’azione della segretaria. Intanto l’ex premier si conferma in testa al gradimento degli elettori del centrosinistra

di Bruno Mirante

Montepulciano è un borgo toscano di 15mila abitanti, strade ripide che salgono senza tregua: simbolo perfetto per descrivere la discesa in campo del centrosinistra italiano in vista delle prossime politiche. A Montepulciano — e non a Roma — le correnti del Partito Democratico hanno scelto di riunirsi per dare forma ad una “coalizione che parte da M5s e Avs”. Ma soprattutto per fissare un punto non negoziabile: la leadership della coalizione sarà di Elly Schlein. Nessuna ambiguità, nessun rinvio. Il messaggio a Giuseppe Conte, dopo le frizioni sul caso Atreju, è stato chiaro: la guida della coalizione spetta al segretario del Pd, come stabilito dallo statuto.

Il correntone: chi ne fa parte

Ma a Montepulciano non si è celebrato solo un atto notarile. La kermesse ha segnato la nascita politica del nuovo correntone riformista-progressista, formato originariamente da tre aree interne alla maggioranza del partito e guidate da Dario Franceschini (AreaDem), Andrea Orlando (Dems) e Roberto Speranza (ex Articolo Uno) che poi ha allargato la propria base, inglobando anche i neoulivisti, i Giovani Turchi di Matteo Orfini e varie figure autonome: da Anna Ascani e Marco Meloni a Dario Nardella, dal deputato Gianni Cuperlo alla senatrice Debora Serracchiani. Un blocco che non si limita a sostenere la segretaria, ma rivendica un ruolo strutturale nella definizione della linea politica del Pd e del futuro campo largo. Sotto le volte di Montepulciano si è misurata la voglia di un campo largo “progressista” ma coerente. A prendersi la scena sono stati anche soggetti esterni al Pd tradizionale: dal segretario della Cgil, Maurizio Landini, al vicepresidente di Confindustria, Maurizio Marchesini; e poi l’ex sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, tra i più convinti sostenitori di Schlein come “soluzione naturale” per guidare la coalizione. Andrea Orlando lo ha spiegato con un messaggio rivolto direttamente alla segretaria: «La nostra leader è forte non solo perché ha vinto le primarie, ma perché rappresenta l’intero Pd». Tradotto: Schlein è la candidata premier, ma il Pd deve contare di più e non può essere un partito a guida solitaria.

Campo largo sì, ma a guida Pd

La coalizione, nelle intenzioni, parte da M5s e Avs. Ma la direzione politica è stata tracciata: Schlein sarà la candidata premier, il Pd si presenta come perno del campo largo, il correntone riformista si propone come nuova architettura interna, Conte resta un alleato strategico, ma non un competitor sulla leadership. Ma soprattutto per i riformisti — quelli che non alzano la voce, ma quando parlano cala il silenzio — il messaggio è chiaro: lo schema PD–M5S–Avs non è sufficiente per vincere le politiche. Serve allargare. Serve parlare ai moderati. Serve offrire un progetto credibile su sicurezza, potere d’acquisto, tecnologia, crescita. È una richiesta precisa, quasi un ultimatum politico ma in linguaggio educato: la coalizione attuale funziona alle regionali, ma la sfida nazionale è un’altra cosa.

Il sondaggio Ipsos: Conte più competitivo di Schlein

Il quadro definito dal sondaggio politico Ipsos Doxa, presentati da Nando Pagnoncelli, spiega bene la necessità, per il Pd, di mostrarsi compatto. Alla domanda su chi possa guidare il centrosinistra con maggiori possibilità di battere Giorgia Meloni in un confronto diretto, il risultato è netto: Giuseppe Conte 35%, che sale al 45% tra gli elettori del centrosinistra; Elly Schlein 18%, sostenuta dal 34% tra gli elettori di area. Un distacco importante, che evidenzia il potenziale competitivo dell’ex premier ma anche un dato che spiega l’urgenza del correntone: Schlein deve essere rafforzata, perché la percezione esterna non coincide ancora con la scelta interna del Pd. Decisivo, però, il fronte degli incerti: il 47% degli italiani non indica alcun leader o ritiene che nessuno dei due possa garantire la vittoria, percentuale che scende al 21% tra gli elettori progressisti. Una fetta enorme — quasi metà del Paese — che testimonia un clima politico segnato da sfiducia e volatilità.