Falcomatà col «vuoto nel sacco», Occhiuto che insidia Tajani: a Perfidia il fuoco sotto la cenere tra presunti alleati
Su LaC un dibattito tagliente che mette a nudo ambizioni, contraddizioni e tensioni trasversali alla politica calabrese e nazionale. Scintille tra Borrelli e Toscano: «Chi ha ucciso davvero Falcone e Borsellino?»
Perfidia non si limita a commentare il reale, ma lo fruga, lo “sfruculia”, per riprendere quel verbo popolare e insieme affilatissimo con cui, sin dall’incipit, viene delineata la trama della nuova puntata. Una puntata, sin dall'inizio, densissima, gravida di spunti, tensioni, paradossi e scintille: il tutto orchestrato secondo l’ormai riconoscibile conoscenza e competenza di Antonella Grippo, che di questa macchina scenica è al tempo stesso custode e demiurga.
Sin dall’avvio, il tema cardine, avvolto in un’aura di ironia implacabile, viene sintetizzato con una formula quasi proverbiale: “Io, soreta e tu”. Una triade semantica in cui l’“io” sembra incarnarsi nella figura di Roberto Occhiuto, la “soreta” pare assumere le fattezze di Marina Berlusconi e il “tu” allude nemmeno troppo velatamente ad Antonio Tajani. La ripresa dunque di un filone già esplorato nella precedente puntata della trasmissione, successivamente rilanciato da tutte le principali testate nazionali, ossia la concreta possibilità che Roberto Occhiuto possa ascendere al ruolo di segretario di Forza Italia, scalzando di fatto Tajani e proiettandosi in uno scenario politico che trascende i confini regionali per abbracciare una dimensione nazionale.
La trasmissione convoca un novero autentico di ospiti, eterogeneo e potenzialmente deflagrante. Franz Caruso, sindaco di Cosenza, accolto da Antonella, con la consueta ironia tagliente, sulle note della celebre “La mia storia tra le dita”, chiamata in causa come se fosse un immaginario dialogo sentimentale tra Luigi Incarnato e lo stesso Caruso – “i miei problemi senza te si chiaman guai” – quasi a evocare la frattura, tutt’altro che celata, che separa i due socialisti. Elisa Scutellà, nuovo consigliere regionale, unica eletta nelle fila del Movimento 5 Stelle, alla sua prima esperienza a Palazzo Campanella. Maria Limardo, ex sindaco di Vibo Valentia, esponente della Lega e avvocato. Francesco Toscano, Democrazia Sovrana e Popolare.
L’apertura di Antonella: Falcomatà e il “sacco vuoto”
Antonella, senza indugiare, apre la trasmissione con un affondo chirurgico: Falcomatà, elevato dagli analisti come ipotetico leader in grado di fronteggiare Occhiuto, sembrerebbe essere rimasto «col vuoto nel sacco». Un’immagine che, per la sua potenza evocativa, già imprime un tono di amara ironia al dibattito.
Alla domanda su Tridico, che avrebbe ventilato l’idea di costituire una nuova opposizione, Elisa Scutellà risponde con misurata fiducia: «Si sono riuniti e vi sono buoni auspici per fondare un fronte oppositivo credibile».
Franz Caruso, con taglio più severo, ammette che «nel Pd volano le pezze», pur specificando che tali problematiche interne non possono e non devono essere la preoccupazione della coalizione più ampia, chiamata piuttosto a riorganizzarsi per offrire ai calabresi una vera alternativa ad Occhiuto.
Nel frattempo, Roberto Occhiuto pare tessere strategie che superano il perimetro regionale: guarda oltre, sembra proiettarsi verso un futuro in cui potrebbe perfino – per usare la vernacolare e irresistibile immagine della trasmissione – “fottere la quaglia a Tajani”.
Scutellà confessa una duplice tensione: da un lato desidererebbe che Occhiuto abbandonasse subito la scena regionale per inseguire le sue ambizioni romane; dall’altro teme che questo provocherebbe l’ennesimo ritorno alle urne per i calabresi. Una dialettica interna che mette a nudo un disagio diffuso: l’idea – sottolinea – che Occhiuto consideri la Calabria un dominio personale, quasi un territorio disposto a seguirlo a prescindere.
L’ironia di Antonella e la destra come bancarella di Totò
Antonella rincara, evocando con grande forza linguistica l’idea che l’«armonia» della destra sia paragonabile agli ingenui acquirenti della fontana di Trevi venduta da Totò. Una metafora che dischiude la visione di una coalizione frammentata:
– la Lega che rispolvera l’autonomia differenziata;
– Fratelli d’Italia alle prese con una “compagnia debola” sulla riforma della giustizia.
Autonomia differenziata: lo scontro
Limardo difende l’autonomia differenziata sostenendo che essa sia inscindibile dai Lep (Livelli Essenziali di Prestazione), garanzia – secondo la sua interpretazione – di equità territoriale.
Scutellà rigetta con vigore: definisce un errore madornale continuare a propugnare l’autonomia differenziata in una regione fragile come la Calabria. Accusa la Lega di farne mera campagna elettorale e la Limardo di sostenere in modo blando una linea di partito più che di territorio.
La Limardo ribatte affermando che la Scutellà parla «alla pancia dei calabresi».
L’intervento di Toscano: una schiettezza senza filtri
Toscano irrompe definendo l’Italia un «paese disastrato», dove nei momenti elettorali la popolazione si aggrappa al primo «capobastone» disponibile. Qui emerge con nettezza la sua cifra stilistica: schiettezza dialettica e chiarezza concettuale, ma con un’aggressività intellettuale quasi ieratica, un modo di scuotere gli interlocutori più che di contraddirli.
Arriva il momento dell’editoriale del generale Giuseppe Graziano, autentico capolavoro di ironia calibrata: «Il centrodestra è unito, ma solo nella foto di gruppo». Una frase che cristallizza la natura effimera di certe alleanze.
Separazione delle carriere: il dire, il contraddire
Scutellà è per il no, sottolineando che la maggior parte degli italiani intuirebbe che qualcosa non funziona nella separazione delle carriere, pur non sapendo precisamente cosa. Limardo, dal canto suo, sostiene che la riforma non intende stravolgere l’intero sistema giudiziario.
Toscano, invece, denuncia il rischio di una politica ridotta a «gruppo di figuranti», con magistratura e stampa come strumenti di delegittimazione verso chi osi un’interpretazione politica profonda.
Collegamento con Borrelli: le scintille
In collegamento interviene Francesco Emilio Borrelli (Avs), sostenendo che non vi sia alcun miglioramento reale per i cittadini e che la riforma sia una politicizzazione.
Qui scattano scintille auliche e incandescenti: Toscano richiama i processi di Caltanissetta, Borrelli si infiamma. «Chi ha ucciso Falcone e Borsellino?» tuona Toscano. «La mafia», risponde Borrelli.
Toscano insiste sui mandanti esterni e sul processo 92/93, invocando le indagini in corso. Non è possibile credere che non ci siano stati dei mandanti esterni.
Entra in collegamento Luca Palamara
Egli sostiene che la riforma sia importante anche perché interviene sulla composizione del Csm.
Afferma che il «cuore» della riforma non è la separazione delle carriere, bensì il sorteggio, che ridisegna gli equilibri della magistratura.
Toscano lo incalza ricordando che la procura di Roma è stata guidata a lungo da Pignatone, indagato per favoreggiamento mafioso a Caltanissetta, e che egli stesso, Pignatone, avrebbe acquistato immobili dai Bonura Buscemi, come è dichiarato agli atti.
Palamara ammette di non stupirsi: già nel 2017 gli atti della vita di Falcone avevano rivelato molti elementi oscuri, e le parole di Pignatone «fanno male».
Si torna a questo punto al tema cardine della puntata: "Io, soreta e tu", con la locandina iconografica di Samuele Vallone, che sintetizza le fibrillazioni: Salvini e Meloni appartati; Occhiuto che conversa con Marina Berlusconi; Tajani defilato, forse inquieto.
La confessione di Sua Santità El Diablo
Nell'ultimo segmento della trasmissione arriva uno dei momenti rituali più attesi. Sua Santità El Diablo chiama all’inginocchiatoio Franz Caruso. Alla domanda sulla lite con Incarnato, Caruso risponde con moderazione: rapporti personali e politici possono incrinarsi, sono cose che accadono a tutti.
Il tutto accompagnato dal motivo “Ritornerò in ginocchio da te”, che rende il quadro irresistibilmente ironico.
Sua Santità El Diablo convoca anche Scutellà: ella parla delle molte correnti interne al Pd.
Antonella chiude lasciando un dubbio sospeso, un’eco di ironia citando Salvatore Cirillo e dal suo enigmatico “altresì”...
La trasmissione si conferma, ancora una volta, un prodotto magistrale di contaminazione, una miscela irripetibile di satira, analisi politica, filosofia e scienza politica, e cultura alta. Un’opera che solo la conduzione di Antonella, con la sua intelligenza acuminata e il suo dominio assoluto delle forme dell’ironia, può rendere possibile.
La promessa finale è una soglia spalancata e l'appuntamento è a venerdì prossimo, con una puntata speciale: l'intervista esclusiva di "Perfidia" al procuratore Nicola Gratteri.