Sezioni
Edizioni locali
12/11/2025 ore 16.03
Politica

La montagna vibonese guarda a Catanzaro: i Comuni delle Serre pronti a lasciare la Provincia di Vibo

Crescono le adesioni alla proposta del sindaco della città della Certosa. Un’idea già caldeggiata in passato soprattutto da Brognaturo e Simbario ma che ora prende quota sulle ali della campagna elettorale in vista delle amministrative di primavera e sulle macerie politiche dell’Ente provinciale

di Enrico De Girolamo

La montagna vibonese vuole andarsene con Catanzaro. Negli ultimi giorni ha ripreso forza e sostanza l’ipotesi che i Comuni montani della Provincia di Vibo tornino sotto l’amministrazione di Catanzaro, dalla quale si sono staccati nel 1995, anno in cui assunse piena autonomia la quinta provincia calabrese istituita con legge tre anni prima, nel 1992. A rilanciare con forza la proposta è stato il sindaco di Serra San Bruno, Alfredo Barillari, che - complice anche la ricandidatura in vista della tornata elettorale per le amministrative di primavera - ha annunciato l’intenzione di promuovere in Consiglio comunale la delibera che sancirebbe la volontà di chiudere l’esperienza con Vibo capoluogo.

I motivi della fuga

I motivi non sono identitari, ma estremamente pratici: strade migliori, maggiori servizi, un sistema sanitario più efficiente e, soprattutto, vicinanza geografica a città come Soverato, Chiaravalle e Catanzaro stessa. Per molti cittadini delle Serre vibonesi, prendere l’auto e andare in direzione Catanzaro per fare una visita medica, sistemare una pratica o semplicemente fare acquisti è un fatto cristallizzato da sempre nella loro quotidianità. Anche perché raggiungere Vibo partendo da quelle zone significa affrontare un lungo viaggio su strade a pezzi e spesso molto pericolose, soprattutto d’inverno.

Iter complesso

Certo, cambiare gonfalone non è certo un iter facile, visto che la pronuncia dei Consigli comunali interessati rappresenta solo il primo step di un cammino che passa attraverso una consultazione popolare, un parere (non vincolante) della Regione e, soprattutto, una legge nazionale che ridisegni confini e competenze.

Un’idea che da queste parti non è affatto nuova. Già nel 2017 alcuni Comuni dell’area - Simbario e Brognaturo - si espressero in questo senso, ma poi non se ne fece più niente. Ora, con la spinta del comune più grande e famoso, quello della Certosa appunto, le cose potrebbero andare diversamente.

Serra senza gli altri Comuni non va da nessuna parte

Dal canto suo, Serra, che non ha una vera e propria continuità territoriale con la provincia Catanzarese, ha bisogno - letteralmente - che il fronte sia ampio e che aderiscano i comuni che confinano con la provincia di Catanzaro, a cominciare da Spadola, che separa geograficamente Serra dalla provincia di Catanzaro. Infatti, uno dei presupposti che devono essere soddisfatti per ipotizzare l’ingresso nel Catanzarese è che i comuni interessati confinino con quel territorio.

Il sindaco di Serra: «Si può fare»

Ne è consapevole Barillari, che sta coinvolgendo le amministrazioni vicine: «Il comune di Serra San Bruno non confina direttamente con la provincia di Catanzaro - spiega - e la continuità territoriale, sebbene non espressamente prevista da una singola norma, è un principio fondamentale e ineludibile dell'ordinamento italiano, implicito nella natura stessa della Provincia come ente territoriale unitario». Dunque, per «assicurare questo requisito, è necessario che anche i Comuni limitrofi di Brognaturo, Simbario e Spadola, attualmente appartenenti alla Provincia di Vibo Valentia, aderiscano alla medesima iniziativa». Ma è un po’ come sfondare una porta aperta, perché, il consenso verso questa ipotesi non è mai mancato e anche Mongiana, Fabrizia e Nardodipace ci stanno pensando.

Il sindaco di Simbario: «Qua strade da Terzo Mondo»

«Perché vogliamo passare con Catanzaro? Per capirlo basta percorrere le strade tra una provincia e l’altra, cosa che facciamo ogni giorno da queste parti: sembra di passare dal Terzo Mondo agli Stati Uniti». Magari strapperà qualche sorriso la metafora usata dal sindaco di Simbario, Gennaro Crispo, ma rende l’idea. Notte e giorno, incuria e manutenzione, erbacce e cunette pulite. «Quotidianamente ci interfacciamo maggiormente con il Catanzarese – spiega Crispo -. Per noi è più normale e semplice andare, ad esempio, a Chiaravalle, Soverato o Catanzaro per qualunque esigenza. Anche per gli ospedali vale lo stesso ragionamento: ci rivolgiamo a quelli catanzaresi. E appena usciti dai confini vibonesi ce ne accorgiamo subito, perché le strade cambiano letteralmente aspetto. Ci lasciamo alle spalle erbacce, buche, avvallamenti e torniamo nel mondo civilizzato».

Il sindaco di Brognaturo sulle orme del padre: «Non vogliamo morire»

Altrettanto esplicita la sindaca di Brognaturo, Rossana Tassone, che parla di «battaglia di civiltà» e intende ripercorrere le orme del padre Cosmo Tassone, sindaco dal 2017 al 2021, che fu il primo a dare impulso a questo progetto con parole trancianti: «Oggi siamo morti! - disse - Qualsiasi segnale di vita che porti benefici è meglio di adesso». La figlia è sulla stessa lunghezza d’onda: «Quando vengono meno i servizi, quando gli uffici sono fini a stessi e non hanno alcuna utilità per la popolazione, un Ente non dovrebbe neppure esistere».

Tutta colpa della legge Delrio… e della politica

Il riferimento è alla legge Delrio, riforma costituzionale che avrebbe dovuto condurre all’abolizione delle Province ma rimasta a metà dopo la caduta dell’allora governo Renzi e così lasciata da chi è venuto dopo di lui. Nel frattempo l’acqua che è passata sotto i ponti ha ulteriormente logorato il significato e le funzioni delle Province, ridotte a un’arena politica con pochi soldi e molte gatte da pelare (scuole e strade soprattutto), dove i cittadini non hanno diritto di voto perché, appunto, la Delrio prevede solo elezioni di secondo grado. In pratica, una cosa “inter nos”, dove quel “noi” sono gli amministratori locali che formano l’elettorato attivo e passivo.

Le macerie politiche alla Provincia di Vibo

Un pasticcio che ha forma plastica proprio a Vibo, dove il Consiglio provinciale è caduto dopo le dimissioni di sette consiglieri ma il presidente dell’Ente, Corrado L’Andolina, è rimasto in sella e non ha nessuna intenzione di scendere da cavallo. Tant’è che il 12 dicembre prossimo si “voterà” per il rinnovo dell’Assemblea provinciale in un clima di guerra aperta all’interno delle stesse coalizioni di centrodestra e centrosinistra. Insomma, un casino.

Ma mentre i partiti litigano e l’asfalto si sbriciola, sono sempre più quelli che si stanno convincendo che si stava meglio quando si stava peggio, con buona pace di un’autonomia territoriale che in montagna, a quanto pare, ha portato più danni che benefici.