Lega, l’estate del ripiego: Salvini corre verso Pontida tra autonomie da sventolare e Nord in fuga
Il Carroccio punta a presentarsi al “sacro pratone” del 21 settembre con quattro intese regionali. Ma il partito che urlava «Roma ladrona» ora si aggrappa alle briciole di autonomia mentre i neo-bossiani gli rosicchiano il cuore del Nord
L’estate della Lega somiglia a una corsa affannata verso un traguardo che sa di resa. L’obiettivo dichiarato è arrivare sul “sacro pratone” di Pontida, il prossimo 21 settembre, con in tasca quattro intese di autonomia regionale: Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria. Il trofeo da esibire alla base storica del partito, per farle credere che il vecchio cuore padano batta ancora, anche se a ritmo stanco.
«Il potere serve a realizzare cose, non è il fine ma il mezzo», ha predicato Matteo Salvini tre giorni fa alla festa romagnola. Parole da catechismo di governo, certo, ma che suonano vuote quando si guarda al partito che fu: la Lega era nata da un ideale e da un urlo di rivolta, oggi sopravvive di gestione e compromessi. Il resto c’è, l’ideale non si vede.
Dallo stesso palco di Cervia, Luca Zaia ha provato a ravvivare la fiamma: «Esiste una questione meridionale, ma c’è anche una questione settentrionale…». Ricordo lontano dell’articolo 1 della vecchia Lega Nord, che parlava senza mezzi termini di “indipendenza della Padania”. Oggi ci si accontenta di un po’ di autonomia, e magari pure a rate.
Il 30 luglio il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al ddl costituzionale su Roma Capitale. La Lega, che un tempo urlava “Roma ladrona”, si ritrova a fare da portabandiera alla città-Stato, deglutendo amaro. Il piano di sopravvivenza di Salvini si regge sulle quattro intese da chiudere entro l’estate e su qualche regime speciale per Milano, Venezia e chi più ne ha più ne metta. Il ministro Roberto Calderoli giura che su sanità, Protezione civile, professioni e previdenza integrativa «ho già l’ok di tutti i ministri competenti». Se tutto fila liscio, entro fine stagione il Carroccio potrà sventolare almeno un successo tecnico.
La carezza e il veleno: cosa si sono detti Meloni e Zaia nel faccia a faccia (segreto) a Palazzo ChigiMa mentre Salvini gioca di cavilli, il Nord si ribella. La Lega 2.0, nazional-sovranista ma ancora gelosa del suo Alberto da Giussano, sente il fiato sul collo dei nostalgici del Patto per il Nord, il club degli irriducibili guidato spiritualmente da Umberto Bossi. Ieri Paolo Grimoldi ha presentato il gruppo locale a Milano Marittima, a due passi dalla festa ufficiale della Lega. E il messaggio è una stilettata: «Con Roma Capitale si completa il tradimento di Salvini nei confronti del Nord».
Per rendere l’idea dello scontro: i neo-nordisti raccolgono firme contro il Ponte sullo Stretto, pubblicano il foglio “Nuovo Vento del Nord” con il Sole delle Alpi in testata, scippato a via Bellerio, e hanno già fissato il primo congresso federale a novembre in provincia di Bergamo. Nel frattempo sottraggono pezzi di militanza alla Lega salviniana, portandosi via elenchi di iscritti e simpatizzanti.
È un’emorragia silenziosa ma costante. Ecco perché Salvini ha bisogno di cose concrete da offrire al suo Nord, che resta il cuore pulsante del partito. Non bastano più selfie e ruspe, servono autonomie firmate e timbri sul tavolo. Perché senza quel bottino da esibire a Pontida, il Carroccio rischia di arrivare al suo rito annuale svuotato di senso e di folla, stretto tra un passato tradito e un futuro sempre più incerto.
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