L’intervento al cuore, l’inchiesta e poi le dimissioni, Occhiuto si confessa a Perfidia. «Ho dato tutto alla Calabria. Ora si riparte»
Il presidente uscente ospite della seconda puntata della trasmissione di Antonella Grippo in onda su LaC Tv: «Ho governato con rigore assoluto e decisionismo domando un sistema che da decenni si definisce un “mostro”»
È un fiume in piena Roberto Occhiuto, ospite della seconda puntata del nuovo ciclo di Perfidia, la trasmissione di Antonella Grippo andata in onda su LaC Tv (CLICCA QUI PER VEDERE LA PUNTATA). Il presidente dimissionario della Regione Calabria, ora ricandidato per il centrodestra, si è raccontato senza filtri.
Ha rievocato i mesi difficili, il dolore personale, l’inchiesta giudiziaria e, soprattutto, ha rivendicato le scelte compiute. Grippo ha affrontato con consueto stile ed ironia "la declinazione diabolica" di Occhiuto. Il mutamento da giovane democristiano, moderato e negoziatore, a figura dai tratti diabolici. Un mutamento, cadenzato dalla regia con la musica di Zucchero "Diavolo in me", che si è manifestato negli ultimi anni ma senza disdette ufficiali. Con gli alleati che dicono "non ci fila di striscio".
«Gli alleati - ha osservato Occhiuto - hanno un ottimo rapporto con me, sia i leader nazionali dei partiti che quelli locali e vedrete che alle elezioni ci sarà una grande affermazione delle liste dei miei alleati. Certo, cerco di decidere le cose e in fretta. Ho letto che i miei avversari hanno riunito intorno al tavolo di coalizione 12 sigle tra movimenti e partiti e sorridevo perché rispetto alle urgenze della Calabria non si possono sentire 12, 13 persone. Rispetto alle urgenze bisogna fare quello che è urgente. Alcuni pensano che questo sia un atteggiamento da uomo solo al comando, ma è l'atteggiamento di chi vuole governare cercando di affrontare e risolvere i problemi. Poi i miei assessori sanno che in questi anni hanno goduto di totale autonomia e lo dimostreranno raccogliendo un ottimo risultato alle urne».
Grippo ha rilanciato offrendo all'ex presidente, l'opportunità di destituire di fondamento tutte le carezze verbali dei suoi detrattori. Occhiuto è un cinico, egoista, vendicativo, affetto da ipertrofia del proprio ego, senza rispetto delle istituzioni, poco ossequioso delle liturgie democratiche e interessato solo al suo personale destino. Tutto questo sei tu?, ha chiesto Grippo.
«In questi quattro mesi ho dato tutto a questa regione, anche a costo di sacrifici che hanno inciso nella mia vita quotidiana», ha esordito Occhiuto.
Poi il ricordo amaro di novembre: «Scoprivo di dovermi operare al cuore. Un mese difficile, complicato. Ho lavorato fino all’ultimo minuto, ricordo che ho fatto Giunta e poi sono andato in ospedale a ricoverarmi».
Ma la vera ferita, dice, è arrivata dopo. «La sofferenza più grande non è stata fisica, ma provocata dalla strumentalizzazione politica dell’inchiesta giudiziaria. In 56 anni non avevo mai ricevuto un avviso di garanzia. Ho governato con rigore assoluto. Vedere il mio nome associato a certe accuse, leggere menzogne sulla mia famiglia, è stato devastante. Ho letto di tutto, anche cose terribili».
Il presidente parla apertamente del peso delle “campagne di fango” e rilancia: «Chi oggi mi attacca forse non conosce il giudizio dei calabresi. In strada, in questi giorni, ho incontrato persone che mi hanno detto “Presidente, non molli”. Per questo ho deciso di rimettere il mandato ai calabresi».
Ma attenzione: la legittimazione popolare - ha ricordato Grippo - non è immunità. La magistratura fa il suo corso e se ne frega del consenso. «Ma io non avevo alternative: restare avrebbe significato immobilizzare la Regione per un anno». Una decisione difesa anche sul piano politico: «Mi accusano di aver strumentalizzato io l’inchiesta, ma chi è senza argomenti sono proprio quelli che ora strumentalizzano a sinistra. Non scherziamo, in una inchiesta giudiziaria possono incappare tutti e anche quelli che oggi la strumentalizzano sono gli stessi che sostengono candidati indagati come accade nelle Marche. Gli stessi che, in Calabria, non hanno nemmeno avuto il coraggio di chiedere le mie dimissioni. Quando l’ho fatto, si sono pure arrabbiati».
Occhiuto si dice «assolutamente convinto» della propria correttezza. E si lascia andare a un confronto con chi lo ha preceduto: «Avrei potuto fare la fine di Oliverio, come altri presidenti archiviati o prosciolti, ma poi archiviati anche politicamente. Io invece ho detto no. Ho affrontato la burocrazia, ho governato con decisionismo. Ho domato un sistema che da decenni si definisce un “mostro”».
Poi un affondo verso la nostra testata giornalistica: «Proprio questa emittente, ha rilanciato le fake news più gravi su di me. Articoli costruiti su “voci di corridoio”, senza fondamento. Ma se avessi avuto qualcosa da temere, avrei fatto quello che ogni avvocato consiglia: stare in silenzio. Invece ho parlato, ho spiegato, perché non ho nulla da nascondere».
E ancora: «Ho detto tanti no, mi sono fatto nemici, ma ho sempre lavorato per l’interesse dei calabresi. Ora ripartiamo, con lo slancio necessario».
Stuzzicato in merito alla candidatura di Wanda Ferro che pare assumere i contorni di una sorta di commissariamento nei suoi confronti voluto da Meloni, Occhiuto ha replicato: «In questo sottobosco della politica calabrese — e anche in un certo pseudo-giornalismo calabrese — molti non hanno contezza dei miei rapporti personali con i leader nazionali dei partiti, e anche con persone straordinarie come Wanda Ferro. È così che questo sottobosco viene alimentato con chiacchiericci assolutamente inesistenti. Ma forse è proprio questa la realtà: anche in un ambiente mediatico, diciamo, scadente — perché in alcuni casi lo è — qualcuno mi ha dato per morto. O addirittura hanno scritto che mi sarei dimesso per ragioni di salute» - ha evidenziato Occhiuto prima di lanciarsi nella citazione di un proverbio, italianizzato con il patetico obiettivo di colpire il direttore responsabile di LaC News24 Franco Laratta. "La gatta frettolosa fa i figli ciechi" - ha detto Occhiuto che evidentemente non riesce a contenere la propria insofferenza nei confronti del nostro network, colpevole unicamente di non fare sconto alcuno a chi governa. A prescindere dal cognome che porta.