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22/08/2025 ore 15.30
Politica

Nino Spirlì si candida alle Regionali: «La Calabria è un Eldorado, ora serve pensiero e coscienza»

Dalla pandemia alla sanità commissariata, fino alla sfida del turismo culturale: l'ex presidente facente funzioni spiega perché torna alla politicae invita i calabresi a non votare per servilismo

di Silvio Cacciatore

Il ritorno di Nino Spirlì nella politica calabrese prende forma con la candidatura a consigliere regionale. Più che ribadire una decisione già resa pubblica, ha scelto di rivelarne le motivazioni profonde in un’intervista dal tono confidenziale, quasi «de core», in cui l’ex presidente facente funzioni della Calabria ha ripercorso la genesi di una decisione maturata lentamente, tra la malattia e il ricordo di quell’anno drammatico in cui si trovò a guidare la Regione nel pieno della pandemia.

«Oggi mi sento ancora più pronto», spiega, ribadendo come la sua presenza in campo non sia un atto di mera ambizione, ma il frutto di una riflessione profonda sulla politica intesa come pensiero e umanità. È da questa prospettiva personale e insieme istituzionale che Spirlì ha voluto raccontare il suo ritorno: non un passo indietro, ma un ritorno alla politic con la volontà di dare radici nuove a un impegno che considera ancora vitale per la sua terra.

«La scelta deriva da una serie di telefonate che ho ricevuto da praticamente tutto il centrodestra», racconta Nino Spirlì ai nostri microfoni. È da lì che ha preso corpo la decisione di candidarsi come consigliere regionale, dopo una pausa di quattro anni in cui aveva «scelto di restare fuori dalla scena politica». Non un silenzio di disimpegno, spiega, ma una sosta necessaria per «recuperare il pensiero sopra l’azione», perché «se non c’è pensiero l’azione è vuota».

Spirlì insiste molto su questo punto: non voleva essere trascinato nella corsa alle candidature come occasione di sistemazione personale, ma piuttosto ritrovare la dimensione ideale di una politica che abbia fondamenta e coscienza. «Oggi, anche alla luce di quello che è accaduto e che sta accadendo nella mia vita, mi sento ancora più pronto a riempire l’azione di umanità», ha confidato. Da qui il rifiuto di quella che definisce la “politichella dei galoppini”, che a suo avviso svende il pensiero per l’interesse personale. La sua ricandidatura si presenta dunque come una scelta di radici: tornare in Consiglio non per rincorrere ruoli, ma per dare sostanza a un impegno rinnovato e più consapevole.

Di colpo la memoria vola agli anni della pandemia: «Un momento storico che non ha gemelli nella storia dell’umanità», lo definisce Nino Spirlì, ripensando al suo anno da presidente facente funzioni della Calabria, e riferendosi ovviamente all’emergenza mondiale. Ricorda i giorni più duri, quando la paura aveva invaso il mondo e la Regione si ritrovava a fronteggiare la pandemia con strumenti fragili e risorse ridotte. In quelle settimane, dice, «gli occhi erano sempre aperti perché nessuna malefatta fosse portata avanti, perché nessun calabrese dovesse soffrire e perché la macchina istituzionale non si fermasse».

La sua rivendicazione passa dai numeri: nel 2021 la Calabria fu la prima Regione italiana a mettere a terra tutti i fondi europei entro il 30 giugno, oltre 900 milioni di euro tra spesa ordinaria e premialità. Un traguardo che Spirlì attribuisce a un lavoro di squadra con direttori generali e assessori, capaci di «attraversare un oceano in tempesta» mantenendo coesione e disciplina. Il tono resta fermo, quasi orgoglioso: quell’anno di Presidenza, sottolinea, «mi è valso vent’anni», non solo per il peso istituzionale, ma per la prova personale di resistenza che lo ha segnato.

L’ex presidente lega così il passato al presente: la scelta di tornare in Consiglio nasce anche dalla convinzione che la Calabria, in quell’esperienza drammatica, abbia dimostrato di poter reagire, muovendosi «alla grande in mesi difficilissimi». Una memoria che, nelle sue parole, non è solo archivio politico, ma la base da cui ripartire oggi.

Per Spirlì il tema della sanità è dirimente. «La sanità calabrese è amministrata dal governo e non dalla Regione Calabria», ricorda, evidenziando come la condizione di commissariamento abbia pesato a lungo. «Anche Roberto (Occhiuto, ndr.) in questo momento sta facendo passi da gigante, ma li fa come commissario governativo, perché purtroppo come presidente della Regione non può fare nulla». La svolta, aggiunge, è arrivata solo con la decisione di nominare Occhiuto commissario e presidente insieme: «Basta con il commissariamento, la Calabria ha menti tali da poter governare e amministrare se stessa».

Il discorso si lega all’esperienza personale della malattia: «Il problema grave è che per stanchezze, inefficienze, deficienze professionali e ignoranza si è condotto il malato nel vicolo cieco della maleducazione». La critica è rivolta soprattutto a chi non garantisce diagnosi corrette: «Un medico che non sa essere diagnosta è la fine, perché allora tanto vale rimanere a casa e farsi fare il piatto con l’acqua e l’olio».

Da qui la proposta: «Negli ospedali in cui sono stato, dopo mesi sprecati, ho trovato infermieri e dottori da tutte le parti del mondo. Noi ci scandalizziamo per i medici cubani, ma dobbiamo ringraziarli se sono bravi». Per Spirlì la questione non è la provenienza, ma la qualità del servizio: «Ben venga anche la riapertura dei concorsi e l’assunzione di italiani, ma molti dei nostri lasciano il pubblico per andare nel privato».

Il suo sguardo resta puntato sulla necessità di rafforzare la sanità pubblica: «È importante che le istituzioni vadano a cercare personale sanitario in tutte le specializzazioni. Noi abbiamo negli ospedali dotazioni come quelle dei privati, anzi spesso anche superiori». La candidatura, nelle sue parole, significa «difendere i diritti del malato», partendo dalla propria esperienza per trasformarla in battaglia politica.

Spirlì riporta la discussione sul terreno che più sente vicino: la cultura e il turismo come motore di sviluppo. «Dopo aver pensato alle strutture che devono essere rimpolpate, dobbiamo fare attenzione a non perdere di vista gli eventi culturali», spiega, mettendo in guardia dal rischio di ridurre la proposta solo ai mesi estivi. «Le sagre sono un primo passo verso l’aggregazione e hanno il loro valore, però non possiamo limitarci a quello: dobbiamo immaginare una Calabria che sappia proporre iniziative vere nei mesi di novembre, dicembre, gennaio o marzo».

Il tono si fa appassionato quando descrive la ricchezza del territorio: «Abbiamo castelli, spiagge, montagne attrezzate, piste da sci dove guardi il mare dallo Stretto, biblioteche pazzesche, grandi pittori, i Bronzi e non solo. Noi abbiamo l’ira di Dio». Per Spirlì la sfida è trasformare questo patrimonio in un’offerta che superi i confini della stagione balneare: «La Calabria deve richiamare turismo a stagione totale, senza mesi morti».

Spirlì immagina un calendario nuovo: «Perché non organizzare eventi durante le vendemmie, a Natale, a Carnevale? La Calabria non è solo mare d’estate, ma un tesoro culturale che dobbiamo saper mettere a frutto».

Incalzato sul nodo dei trasporti, ed in particolare sulle ultime vicende riguardanti Ita a Reggio Calabria, Spirlì allarga lo sguardo alle scelte che hanno inciso negli ultimi mesi. «Quella famosa affermazione che il primo nemico della Calabria è il calabrese la senti anche altrove: in Puglia dicono lo stesso del pugliese, in Toscana del toscano», osserva, spiegando che la polemica interna non è un’esclusiva regionale. Ma dietro c’è un problema più serio: la capacità di farsi rispettare ai tavoli decisionali.

«Noi dobbiamo avere amministratori in grado di sedersi da pari ai tavoli delle decisioni», ribadisce. «Battere i pugni non significa alzare la voce, significa essere padroni della parola e richiamare i nostri diritti». Un riferimento diretto anche alla vicenda dei voli tagliati da ITA su Reggio Calabria, con la riduzione delle tratte fondamentali per lavoro, turismo e cure sanitarie. Spirlì, in merito, plaude al cambio di passo della Regione: «Non possiamo mandare politici galoppini a farsi silenziare dal capo corrente come in passato col centrosinistra e coi grillini. È venuto il momento di mandare a casa chi ha fallito e scegliere chi sa difendere i diritti della propria gente».

Sulla prossima tornata elettorale, tra le immagini più incisive usate da Nino Spirlì c’è quella della matita copiativa. «Dobbiamo guardare quella matita che ci viene consegnata al seggio elettorale con maggiore padronanza», afferma. «Non deve diventare uno strumento di servitù e servilismo, ma di scelta personale». Per lui il voto non può restare intrappolato nel ricatto del favore: «Voto perché mi hanno detto, voto perché mi hanno promesso un’assunzione… basta!».

Il passaggio si fa tagliente quando alza il livello dell’immagine: «La matita copiativa deve avere un cervello. Anzi, il cervello è il nostro e dobbiamo usarlo». È un invito diretto a rompere con la logica clientelare e a riconoscere che ognuno, entrando in cabina, diventa responsabile non solo del proprio futuro, ma anche di quello degli altri. «Ognuno di noi è artefice anche del destino altrui», scandisce, legando il gesto semplice del voto a un atto collettivo di coscienza politica.

«La Calabria è un Eldorado», afferma Spirlì, convinto che le ricchezze della regione restino in gran parte da attivare. Elenca le risorse naturali, il talento dei giovani, la forza degli imprenditori, il patrimonio culturale e artistico. «Abbiamo tutto, ma dobbiamo metterlo a frutto. Non possiamo continuare a seppellire la nostra storia sotto dieci metri di terra».

Il paragone corre tra passato e presente: «Quando noi tessevamo il lino con la porpora, gli altri bevevano la birra nel corno di capra. Poi loro hanno continuato, la birra l’hanno messa nelle bottiglie e l’hanno venduta. Noi abbiamo lasciato il nostro lino sepolto con i morti dell’antica Magna Grecia». Per Spirlì questa è la lezione da cui ripartire: smettere di piangere e far emergere un patrimonio che aspetta solo di essere valorizzato. «L’Eldorado ce l’abbiamo sotto i piedi e dobbiamo assolutamente metterlo a frutto».