Paesi sicuri, Tajani: «La magistratura non può fare tutto». Musolino: «Maggioranza non accetta che vi sia un altro potere a bilanciare»
La recente pronuncia della Corte di Giustizia europea riaccende lo scontro tra politica e giudici. I commenti del vicepremier nei giorni scorsi in riva allo Stretto per la convention di Forza Italia e del segretario nazionale di Magistratura Democratica, anche procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria
Posizioni opposte. E tali sono rimaste dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea che ha ritenuto legittima la valutazione di un giudice circa l'indicazione di un Paese come sicuro mediante un atto normativo.
«Un Paese Ue può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo, a patto che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo». Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue nei giorni scorsi, di fatto, riaccendendo lo scontro tra politica e magistratura in merito a chi debba decidere quale Paese di provenienza dei migranti sia sicuro. Una qualificazione in base alla quale ritenere sufficiente una procedura sommaria piuttosto che quella ordinaria per valutare i diritti (asilo politico, protezione internazionale, etc.) da riconoscere allo stesso migrante che provenga da quel paese.
Nella recente convention di Forza Italia a Reggio Calabria, il vicepresidente del consiglio dei Ministri e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sottolineato che «in un momento in cui si combatte il traffico internazionale di essere umani, occorrono le certezze. Queste sono date dal lavoro dei ministeri, dei tanti funzionari pubblici, delle ambasciate e dei consolati, con competenza e conoscenza specifiche che i giudici, chiamati ad applicare la legge e non ad intervenire nel processo legislativo, non hanno. Dunque alla luce di questa sentenza ci auguriamo che la Commissione Europea vorrà accelerare i tempi di entrata in vigore delle nuove norme. Queste certamente annulleranno l'effetto di questa pronuncia», ha sottolineato Antonio Tajani.
Non è dello stesso avviso il segretario nazionale di Magistratura Democratica, anche procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino. «Le nuove norme - dichiara - dovranno necessariamente fare i conti con questa sentenza che rimette al centro quanto false narrazioni cercano di offuscare ossia i diritti dei migranti. È questo ciò di cui ci si dovrebbe occupare nel trattare questo tema. La questione di fondo è il diritto del migrante o meno a potere avviare una procedura ordinaria o semplificata, senza che la scelta della seconda, in caso di valutazione eventualmente da approfondire o aggiornare di paese sicuro, si traduca in una riduzione dei diritti in capo a quello stesso migrante. Questo è il cuore della questione».
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