Roberto Occhiuto e gli alleati “carogne” come l’Huriah Heep di Dickens
Nel novero delle reazioni alla bufera giudiziaria sulla Regione ci sono anche quelle dei vicini di coalizione messi all’angolo dal decisionismo del governatore. Solidarietà di circostanza da alcuni, pudiche prese di distanza da altri. Ma il presidente si “consola” con le crocerossine dell’opposizione
L'invidia, pur vivendo in clandestinità ed abitando gli anfratti del sottosuolo, è un demone di rango. Non ha grandi capacità di affabulazione né si lascia preludere da minacciose sonorità. Di rado, intrattiene consuetudini con le parole, anzi, le sgozza perché non tramino contro il buio silente in cui il mostro dimora. Si muove, guardinga, in cattività, dentro mimiche e pallori sospetti. Del resto, è - in assoluto - il sentimento meno scenico. Tra i vizi capitali, quello più perfido e più incline alla mimesi.
Nessuno, prima di Charles Dickens in David Copperfield, seppe braccarne il tratto: Uriah Heep, infatti, ne è prova tangibile. Uriah, la serpe per antonomasia, lungo la cui anima lacerata e scoscesa vaga la larva del rancore. Heep, il "servitore" untuoso che affida unghie e polpastrelli alle sue stesse fauci per farseli maciullare, è la potentissima messa in scena letteraria della gestualità allusiva dell'invidioso. Una metafora gigantesca che descrive lo stato d’animo di certa politicanza destrocentrica calabra - infedele e rancorosa - da sempre messa all’angolo dal vitalismo di Roberto Occhiuto, e, per questo, rosicona, pur sotto le mentite spoglie dell’adulazione. Si tratta di uccellacci e uccellini, di pedalini non ancora promossi all’ambitissimo rango di mezzecalzette, pur detenendo cariche importanti. Nel novero anche subalterni di cordata e guappi di cartone, spesso costretti all’irrilevanza dal tratto decisionista del Presidente. Parliamo di controfigure, comprimari, azionisti di coalizione o di anonimo gregariato. Gli stessi che - dopo la diffusione della notizia del coinvolgimento di Occhiuto nell’indagine della Procura di Catanzaro - hanno mimato costipate e pudiche solidarietà di circostanza. Altri, invece, si sono finti morti per vantare, presso la pubblica opinione, un qualche credito di illibatezza personale a cui credono solo i pollastri delle libertà. Come dire: se prendo le distanze da Roberto, faccio la figura di una clarissa cappuccina dalle rosa gote. Come no! Cappuccina un piffero! C’è di più: qualcuno, più azzurrino degli altri, immagina addirittura di trarre vantaggio dalle disavventure del governatore, stante il recente assedio delle fiamme gialle alla Cittadella, e spera di ipotecare quello che i cronisti definiscono il dopo-Occhiuto. Sempre che i fratellastri tricolore siano disposti a mollare il colpo al prossimo giro di danze elettorali.
Ad ogni modo, il vizio di soffrire a causa del talento altrui si fa sempre più lancinante, ma non elargisce presagi di furore fino al suo definitivo compiersi. Che coincide in genere con l’insorgere dei guai dell’invidiato. A quel punto il livore tramuta in gioia. Esultanza carogna. Esultanza bastarda e clandestina già dai prodromi di un’inchiesta giudiziaria. Cosicché quelli del fuoco amico, o meglio, del tric-trac amico, possano autorisarcirsi di antiche frustrazioni.
In ogni caso, per indagare meglio le contusioni d'anima del cosiddetto "uomo ordinario", in cerca di riscatto attraverso le dune protettive del livore, occorrerebbe convocare i tecnici dell’inconscio e la psicoanalisi. Spesso lontanissima dal cielo. A meno che non sia quello, uggioso e gonfio, della Londra di Dickens, estensione perfetta del cuore spettrale di Huriah Heep. In dissolvenza lungo lo schermo di un’estate calabra. Che riverbera il volto di tanti piccoli, infami Heep. D’improvviso convertiti al Verbo delle Procure. A consolare il Presidente ci penseranno, ancora una volta, le caritatevoli crocerossine di opposizione in quel di Palazzo Campanella. Inoffensive come una tisana allo zenzero, fatta salva qualche eccezione. Sai com’è: tempo al tempo. Per ora, «manca l’analisi e poi non ho l’elmetto». Venditti dixit.