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08/10/2025 ore 20.28
Politica

Tridico e Occhiuto, travolti da un insolito destino nell’azzurro mare calabro

VIDEO | Il prof pentastellato decolla da Bruxelles verso Lamezia convinto di far cambiare rotta alla Regione, ma ai comandi del volo c’è già Roberto Occhiuto che trasforma le elezioni calabresi nella sua vittoria di Austerlitz. Tra naufragi elettorali, scialuppe democratiche e ponti padani, stoccate e colpi bassi la saga è finita senza colpi di scena

di Alessia Principe

Travolto da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, Pasquale Tridico si è imbarcato sull’aereo più pazzo d’Italia, battente bandiera calabra. Con il candore di chi crede ancora nell’innocenza dei buoni propositi, pensava forse di poter abolire il bollo solo perché il Van aveva preso una buca. Ma la rotta era già tracciata. In cabina di pilotaggio, fin dal decollo, c’era Roberto Occhiuto, travestito da CEO di Ryanair, che con virata decisa verso nord ha annunciato laconico: «Prossima fermata: Bruxelles».

Il duello tra il governatore napoleonico e il professore giacobino ha mandato in tilt le ferie degli assessori e turbato i sogni dei consiglieri, che già pregustavano altri due anni di ospitate tra fiere del gusto, eccellenze e volani di sviluppo. Alla resa dei conti – stringi stringi – Occhiuto ha trasformato la sua vittoriosa Austerlitz in un gigantesco rimpasto di giunta (e chi c’è, c’è).

A luglio scorso, per evitare un Vietnam in salsa local - e ritrovarsi a guadare il Mekong senza calzini - il presidente ha fischiato l’inizio del gioco prima ancora che la squadra avversaria uscisse dagli spogliatoi. Sperava di vincere facile, blindandosi in Cittadella come un Líder Máximo circondato dal fumo dei sigari e dai fedeli cubani (ma col camice bianco al posto dei barbudos), e così è stato.

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Tridico, portiere senza attacco, e con una difesa che fischiettando se l’è data a gambe verso gli spogliatoi, alla resa dei conti, nonostante l’impegno sui social e nelle piazzette, ha incassato una percentuale da Caporetto registrando la più rapida sconfitta nella storia delle elezioni: a ventisette secondi netti dalla chiusura dei seggi, il sogno della sua presidenza è affondato sugli instant poll più rapidamente del Titanic dopo la prima botta all’iceberg, mentre democrat e grillini restavano sulle scialuppe a contemplare l’inabissarsi di liste e acchiappa-voti un tempo leggendari, ora troppo ingombranti persino per trovare posto su una zattera.

Occhiuto, dal forte di Gizzeria, nel suo primo discorso alla Regione a social unificati, in un impeto trumpiano ha invocato la pacificazione di una terra dilaniata dal conflitto e dall’instabilità tra destra e sinistra, conservatori e liberali, occupati e disoccupati, sani e malati, scapoli e ammogliati, invocando la resa incondizionata del nemico e l’occupazione dello Stretto, benedicendo il Ponte su cui issare il vessillo padano.

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Il nuovo, ma anche vecchio, presidente ha festeggiato la vittoria con i suoi fedelissimi raccolti in formazione a testuggine: lo scudiero Cannizzaro, detto Testa d’ariete, rasato per l’occasione come un soldato sbarcato in Normandia; Gianluca Gallo presidente della repubblica indipendente delle clementine; familiari, amici, qualche imbucato come nei migliori matrimoni, e Tajani che dopo il relativismo giuridico espresso in diretta tv, si è temuto dicesse che i voti in Calabria valgono, ma fino a un certo punto. Anche se stavolta, forse, su quelli di opinione, non avrebbe avuto tutti i torti.