I quartieri invisibili dei social
Dalle piazze eleganti di LinkedIn alle periferie rumorose di TikTok: le piattaforme come città in continua trasformazione, specchio delle nostre contraddizioni e laboratorio del futuro delle relazioni
I social network oggi assomigliano sempre di più a delle città. Crescono, cambiano e al loro interno si formano quartieri diversi, con le proprie regole e gerarchie. Come nelle città reali, ci sono zone eleganti, quartieri popolari e periferie rumorose.
LinkedIn è il quartiere nobile. Qui vivono professionisti, manager, consulenti. Tutto è curato, ordinato, perché la reputazione conta più di ogni altra cosa. Chi ha risorse può anche pagare per farsi vedere: sponsorizzare un post o un annuncio è come affittare una vetrina nel centro storico, visibile a tutti ma non alla portata di tutti.
Instagram è il quartiere della movida. Colori, immagini e trend lo rendono sempre vivace. Anche qui, per emergere nel rumore serve spesso la pubblicità a pagamento: chi vuole farsi notare deve investire, come comprare spazio sulle insegne luminose della città.
Facebook è la zona intermedia. Non più centro, ma nemmeno periferia. È il quartiere della vicinanza: gruppi, comunità locali, relazioni consolidate. La sponsorizzazione è uno strumento utile, soprattutto per piccole attività o negozi, per farsi vedere senza la pressione dei grandi trend.
TikTok è all’altra estremità della città digitale, lontano da LinkedIn. È la periferia popolare e rumorosa, il quartiere dove regna il trash e i contenuti più leggeri e veloci. Qui si creano mode e tormentoni effimeri, spesso privi di qualità, ma che catturano l’attenzione. Anche su TikTok si può pagare per emergere, ma il risultato dura poco: oggi sei visibile, domani sparisci. È il quartiere dove anche i contenuti più trash trovano casa, e dove l’emarginazione sociale digitale è più evidente.
LinkedIn e TikTok rappresentano due mondi opposti: da una parte il prestigio e la reputazione, dall’altra il caos e il consumo immediato. In mezzo ci sono zone di transizione, dove gli utenti cercano visibilità ma anche legami autentici. Ogni social riflette ciò che vogliono i suoi abitanti e lo trasforma in regole e comportamenti.
Guardando avanti, la città digitale diventerà ancora più divisa: quartieri alti sempre più ordinati e periferie rumorose sempre più vivaci. Nessuno però resterà isolato: le mode della periferia filtreranno sempre verso il centro e chi comunica dovrà imparare a essere umano, autentico, mostrare anche imperfezioni.
I social non sono solo tecnologia, sono emozioni, fragilità, voglia di essere visti. Ognuno di noi oscilla tra apparire credibile e lasciarsi andare al leggero e al divertente. Ignorare le periferie significa perdere il contatto con ciò che muove le persone, ma capire il loro linguaggio significa cogliere i cambiamenti prima degli altri.
Capita che gli abitanti dei quartieri si incontrino: professionisti che provano ad affacciarsi su TikTok con linguaggi più leggeri, o creator nati su TikTok che cercano spazio su canali diversi per guadagnare credibilità. Ma spesso il terreno non è fertile, perché ogni quartiere valorizza codici e approcci diversi. È come provare a portare una vetrina elegante in una piazza rumorosa o un murales colorato in un salotto formale: l’effetto può incuriosire, ma raramente dura.
La città dei social, con nobili, piazze, quartieri popolari e periferie rumorose, è lo specchio delle nostre contraddizioni. Immaginando l’evoluzione dei social e della comunicazione, non si può che pensare a una quotidianità sempre più connessa, sempre più in diretta, sempre più “vera” perché vissuta davanti agli occhi di tutti.
Ciò che mi incuriosisce – e al tempo stesso mi inquieta – è immaginare l’impatto che tutto questo avrà negli anni sulle personalità delle nuove generazioni, fino a toccare i figli dei nostri figli.
Quando penso alla mia piccola Ophelia in un mondo iperconnesso, non vi nascondo che una parte di me prova paura. Paura perché la rete, con tutta la sua forza, può diventare una gabbia. Ma anche consapevolezza delle sue potenzialità: la possibilità di crescere in un mondo senza confini, di imparare, di condividere, di creare.
Il futuro della comunicazione sarà questo: una sfida tra opportunità e fragilità. Una sfida che ci riguarda tutti, come genitori, come cittadini, come comunità.
Buona comunicazione a tutti.