I funghi che uccidono in silenzio: la minaccia reale dietro la fiction
Oltre le serie tv, nel mondo reale esistono funghi capaci di infettare l’uomo. Non si vedono, non si sentono, ma ci sono. E colpiscono soprattutto chi è più fragile
Nella serie The Last of Us, un fungo reale — il Cordyceps — viene immaginato in una versione mutata e adattata all’uomo, capace di infettare il cervello e trasformare le persone in zombie. Una narrazione potente, che ha catturato milioni di spettatori. Ma quanto c’è di vero? Può davvero un fungo infettare il nostro cervello e controllarci? La risposta è no — almeno non come nella fiction. Eppure, ciò che accade ogni giorno negli ospedali di tutto il mondo ha dell’inquietante: i funghi uccidono, e lo fanno in silenzio.
Nel mondo reale, esistono funghi capaci di infettare l’uomo. Non si vedono, non si sentono, ma ci sono. E colpiscono soprattutto chi è più fragile: persone con un sistema immunitario indebolito, pazienti oncologici, trapiantati, o anche chi si trova in terapia intensiva. Fino a pochi decenni fa, queste infezioni erano rare. Ma con il progresso della medicina, che ha aumentato la sopravvivenza di pazienti critici, è cresciuto anche il numero di persone vulnerabili. Il problema è che, a differenza dei virus e dei batteri, i funghi non fanno rumore. Non si trasmettono in modo spettacolare, non scatenano pandemie da prima pagina, ma si insinuano nei corpi e resistono alle cure. Ogni anno, causano oltre 1,5 milioni di morti nel mondo — più dell’HIV in alcune aree, più della tubercolosi, ma con un’attenzione pubblica decisamente inferiore.
I funghi patogeni sono ovunque: nell’ambiente, nell’aria, sulla pelle. Alcuni fanno parte del nostro microbioma. Di solito non ci danno fastidio. Ma se il nostro sistema immunitario si indebolisce, questi stessi organismi possono diventare micidiali. Eppure, nonostante la loro ubiquità e il loro potenziale letale, solo quattro classi principali di antifungini sono attualmente disponibili in medicina, contro le oltre venti classi di antibiotici usate contro i batteri. Questa scarsità di armi farmacologiche si deve al fatto che i funghi, come noi, sono organismi eucarioti: le loro cellule somigliano più alle nostre che a quelle batteriche, rendendo difficile colpirli senza colpire anche il paziente.
Inoltre, alcune specie fungine sono dotate di strategie di sopravvivenza straordinarie: la Candida auris, ad esempio, può formare biofilm — veri e propri “scudi” biologici — su dispositivi medici come cateteri e tubi respiratori, rendendo il trattamento ancora più complesso. Questo fungo, scoperto nel 2009 in Giappone, si è diffuso in pochi anni in tutto il mondo, infiltrandosi negli ospedali, resistendo alla disinfezione delle superfici e infettando pazienti già debilitati. È capace di sopravvivere per settimane su letti, dispositivi medici e perfino sulla pelle del personale sanitario. La sua resistenza agli antifungini è talmente elevata che in alcuni casi non esiste una terapia efficace. Eppure molti non ne hanno mai sentito parlare.
Oppure pensiamo all’Aspergillus fumigatus, un fungo ambientale presente nel suolo, nella polvere e persino nel compost domestico. Quando una persona sana lo respira, il sistema immunitario lo neutralizza. Ma in chi è immunocompromesso, può provocare gravi infezioni polmonari, talvolta letali. Oggi, in molti Paesi europei — Italia compresa — questo fungo mostra una preoccupante resistenza ai farmaci, anche a causa dell’uso intensivo di fungicidi in agricoltura: si tratta di prodotti chimicamente simili agli azoli, una delle poche classi di antifungini utilizzate in medicina. In pratica, ciò che usiamo per proteggere le piante può renderci vulnerabili a livello ospedaliero, selezionando in natura i ceppi più resistenti che poi ritroviamo nei reparti di terapia intensiva. Un cortocircuito inquietante, ma reale, che riflette quanto siano ormai intrecciati l’ambiente, l’agricoltura e la salute umana.
E se questo fenomeno sembra preoccupante già così, il quadro futuro rischia di essere ancora più complesso: il cambiamento climatico sta modificando l’ecosistema microbico globale e rendendo le condizioni sempre più favorevoli all’emergere di nuove specie fungine patogene per l’uomo. Alcuni funghi ambientali stanno già sviluppando tolleranze termiche che consentono loro di sopravvivere a temperature corporee umane, una soglia che storicamente rappresentava una protezione naturale per la nostra specie. Se il pianeta si scalda, anche i patogeni evolvono, e la barriera termica potrebbe non essere più sufficiente. È un processo evolutivo lento ma costante, e potrebbe portare alla comparsa di funghi "nuovi", in grado di colpire persone sane, in contesti insospettabili.
In questo contesto, diventa evidente come le infezioni fungine non siano solo una questione clinica, ma un problema sistemico che richiede un approccio integrato, quello che la comunità scientifica definisce One Health: la consapevolezza che la salute umana è strettamente interconnessa a quella animale e ambientale. Le resistenze che vediamo oggi in Aspergillus non nascono solo in corsia, ma nei campi coltivati; l’emergere di nuovi patogeni non dipende solo dalla genetica dei microrganismi, ma anche dal clima, dalla deforestazione, dall’inquinamento e dalla globalizzazione dei movimenti umani e agricoli. Nella loro “invisibilità”, i funghi sono straordinari anche per un altro motivo: alcune specie, come Cryptococcus neoformans, possono attraversare la barriera emato-encefalica e raggiungere il cervello, provocando meningiti mortali in soggetti immunocompromessi. Un fungo che riesce a entrare nel sistema nervoso centrale è, a tutti gli effetti, un esempio reale di invasione profonda dell’organismo umano — certo, ben lontano dallo zombie cinematografico, ma molto più vicino a ciò che davvero può accadere nel silenzio di una corsia ospedaliera.
Non è fantascienza, è un rischio reale, evidenziato da numerosi lavori scientifici negli ultimi anni, incluso l’articolo scritto dal nostro gruppo di ricerca GABIE e attualmente in fase di valutazione dalla rivista scientifica Microorganisms, che analizza in dettaglio le nuove classi di antifungini in via di sviluppo e la necessità urgente di una sorveglianza globale più efficiente. Nel lavoro mettiamo in luce anche il paradosso del nostro tempo: mentre i funghi patogeni aumentano in numero, letalità e resistenza, l’attenzione politica e i finanziamenti destinati a contrastarli restano marginali. È una lotta asimmetrica, in cui la scienza ha gli strumenti per difendersi, ma spesso manca il supporto per renderli accessibili e rapidi.
In questo scenario, le infezioni fungine rappresentano una minaccia silenziosa ma sistemica, resa più insidiosa da un’attenzione pubblica ancora troppo bassa e da investimenti in ricerca del tutto insufficienti rispetto ad altre aree della medicina infettiva. La nostra sfida, oggi e nei prossimi decenni, sarà quella di anticipare queste evoluzioni, migliorare le capacità diagnostiche, e investire in strategie terapeutiche innovative. Non possiamo permetterci di rincorrere i funghi resistenti: dobbiamo prevenirli, identificarli tempestivamente, e contenerli prima che diventino endemici. È in gioco non solo la cura dei pazienti immunodepressi, ma la tenuta stessa dei nostri sistemi sanitari in un mondo che cambia rapidamente.
E in fondo, il punto più inquietante è proprio questo: l’apocalisse fungina non sarà uno scenario hollywoodiano. Non ci saranno città in fiamme né orde di infetti, ma corsie silenziose, terapie che smettono di funzionare, vite fragili che si spezzano per un’infezione invisibile. Sarà una lenta, silenziosa erosione della nostra capacità di curare, di guarire, di proteggere chi non può difendersi da solo.
Il vero pericolo non è nel clamore, ma nell’indifferenza. È nella convinzione che ciò che non vediamo non ci riguarda. Ma i funghi resistenti sono già qui, e crescono nei luoghi più comuni: nell’aria che respiriamo, nel suolo che calpestiamo, negli ospedali in cui cerchiamo salvezza. Ogni ritardo, ogni sottovalutazione, ogni euro negato alla ricerca è un varco aperto su un futuro meno sicuro.
Abbiamo il privilegio di sapere. E sapere, oggi più che mai, ci dà la responsabilità di agire. Perché i funghi, se ignorati, non faranno rumore. Ma ci presenteranno il conto — in silenzio, ma con precisione. E quel silenzio, se non lo ascoltiamo ora, potrebbe essere assordante domani.