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12/04/2025 ore 16.46
Salute

Obesità, una sfida crescente. Il professor Abenavoli: «In Calabria tassi superiori alla media nazionale»

Il docente di Gastroenterologia dell’Umg di Catanzaro rilancia l’allarme: «Non è solo una questione estetica, aumenta il rischio di sviluppare malattie croniche». E sottolinea l’importanza della dieta mediterranea

di L. F.

L’obesità: una sfida crescente per la salute pubblica. L'Italia si appresta a diventare il primo Paese al mondo a riconoscere l'obesità come una malattia cronica. Per cui i pazienti potranno ricevere cure gratuite garantite dal Servizio Sanitario Nazionale.

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità del 2021, il 50% degli adulti e il 30% dei bambini e adolescenti nel mondo sono in sovrappeso o obesi. Ne parliamo con Ludovico Abenavoli, professore ordinario di Gastroenterologia, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato digerente, Università Magna Graecia di Catanzaro, presidente della Società italiana di Medicina interna Sezione Calabria.

Con il prof. Abenavoli vediamo la situazione nel nostro Paese.
«In Italia, la situazione è altrettanto preoccupante. Infatti circa 18 milioni di adulti sono in sovrappeso e 5 milioni sono obesi. Particolarmente allarmante è la condizione dei bambini, con 3 su 10 in sovrappeso e, tra questi, uno risulta obeso».

Ma vediamo anche la situazione in Calabria.
«La regione Calabria presenta tassi di obesità superiori alla media nazionale. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il 35% della popolazione calabrese è in sovrappeso e il 12% è obeso. Questi dati evidenziano una problematica significativa, soprattutto considerando l’impatto dell’obesità sulla salute generale e il rischio di sviluppare patologie ad essa correlate».

L’obesità non è solo una questione estetica.
«Esattamente. Rappresenta un grave problema di salute pubblica. Essa aumenta significativamente il rischio di sviluppare diverse malattie croniche non trasmissibili, tra cui il diabete mellito di tipo 2, l’ipertensione arteriosa, le malattie cardiovascolari e alcune forme di cancro. Particolarmente rilevante è l’associazione tra obesità e patologie epatiche su base dismetabolica. La steatosi epatica non alcolica, recentemente rinominata malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica, è una condizione caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato in assenza di altre cause eziologiche, tra cui quella alcolica, virale, farmacologica, autoimmune. In Italia, la prevalenza della steatosi epatica è stimata intorno al 25% nella popolazione generale, ma raggiunge il 50% tra gli individui obesi o diabetici».

Questa condizione dove può portare?
«Può progredire verso forme più gravi, come la steatoepatite non alcolica, la cirrosi epatica e, infine, l’epatocarcinoma. Tra le persone affette da steatosi epatica, circa il 2% sviluppa un danno epatico significativo, una percentuale che sale fino al 15% nei soggetti considerati a più alto rischio, come quelli con obesità, diabete o sindrome metabolica. Questi dati sottolineano l’importanza di affrontare l’obesità non solo per migliorare la qualità della vita individuale, ma anche per ridurre l’incidenza di gravi malattie epatiche e il conseguente impatto sul sistema sanitario».

Ma come si può affrontare tutto questo?
«Il trattamento dell’obesità richiede un approccio multidisciplinare che comprende modifiche dello stile di vita, interventi dietetici, attività fisica e, in alcuni casi, terapie farmacologiche o chirurgiche. Tra le strategie dietetiche, la dieta mediterranea si è dimostrata particolarmente efficace. A tal proposito, numerosi studi hanno evidenziato come l’adozione del regime alimentare mediterraneo in soggetti sovrappeso e obesi porti a benefici significativi, comprendendo la riduzione del colesterolo plasmatico totale e un miglioramento nella composizione del microbiota intestinale, con un aumento dei batteri benefici che producono acidi grassi a corta catena e una diminuzione delle specie potenzialmente pro-infiammatorie».

Quindi non si tratta solo di dimagrire.
«Questi risultati suggeriscono che la dieta mediterranea non solo favorisce la perdita di peso, ma migliora anche parametri metabolici, riducendo il rischio di sviluppare complicanze associate all’obesità, come le malattie cardiovascolari e le malattie croniche del fegato. La prevenzione dell’obesità è fondamentale per contrastare l’aumento della sua prevalenza e delle malattie ad essa correlate. Interventi preventivi efficaci includono l’educazione alimentare fin dall’infanzia, la promozione di uno stile di vita attivo e la creazione di ambienti che facilitino scelte salutari».

Ed appare fondamentale il ruolo delle scuole.
«Le scuole svolgono un ruolo cruciale nell’educare i bambini a una corretta alimentazione e nell’incoraggiare l’attività fisica regolare. Programmi scolastici che integrano l’educazione nutrizionale e l’esercizio fisico possono contribuire a instaurare abitudini salutari che persistono nell’età adulta. A livello comunitario, è essenziale implementare politiche che aumentino l’accesso a cibi sani e spazi per l’attività fisica. Inoltre, campagne di sensibilizzazione pubblica possono aumentare la consapevolezza sui rischi associati all’obesità e sui benefici di uno stile di vita sano».

Possiamo concludere che l’obesità rappresenta una sfida?
«Si tratta di una sfida complessa e multidisciplinare che richiede un impegno congiunto da parte di individui, famiglie, istituzioni sanitarie e decisori politici. È fondamentale smettere di considerarla solo come una responsabilità individuale e iniziare a riconoscerla come una vera e propria malattia cronica da prevenire e trattare con serietà. Investire nella prevenzione, nell’educazione alimentare e nella promozione di stili di vita sani è un investimento nel futuro del nostro sistema sanitario e della nostra società. Ridurre l’obesità significa anche diminuire l’incidenza di malattie croniche, migliorare la qualità della vita e aumentare il tasso di sopravvivenza della popolazione. È quindi essenziale promuovere e valorizzare modelli alimentari sostenibili, come la dieta mediterranea, e sensibilizzare le comunità sull’importanza di muoversi di più e alimentarsi meglio. Solo attraverso un approccio integrato e coordinato potremo davvero contrastare questa pandemia silenziosa».