Le disuguaglianze del cuore: al Sud si muore di più, in Calabria si migra per sopravvivere
Diminuiscono i decessi per malattie cardiache in Italia, ma nel Mezzogiorno i cittadini fuggono per curarsi. Calabria, Basilicata e Trentino guidano la mobilità sanitaria. I cittadini perdono anni di vita e fiducia nel sistema
In Italia la mortalità per malattie cardiovascolari è calata sensibilmente negli ultimi decenni. Tuttavia, il quadro di salute del cuore resta diseguale: il Sud continua a pagare un prezzo troppo alto, sia in termini di cure disponibili che di anni di vita persi. Il recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, stilato dal Gruppo di lavoro su Equità e Salute nelle Regioni, mette nero su bianco le disparità sanitarie nel Paese, evidenziando i punti deboli di un sistema che, ancora oggi, non riesce a garantire pari diritti e prestazioni a tutti i cittadini.
I dati, elaborati attraverso la sorveglianza Passi, parlano chiaro. Dal 1980 al 2021 la mortalità per malattie del sistema cardiovascolare è crollata da 904 a 266 decessi ogni 100mila abitanti, grazie a diagnosi più tempestive, trattamenti più efficaci e a una maggiore consapevolezza dei fattori di rischio. Ma se nelle regioni settentrionali si registrano numeri al di sotto della media nazionale, nel Mezzogiorno i progressi sono più lenti e meno strutturali.
Il 30% dei calabresi migra per un bypass
Il divario emerge anche guardando ai ricoveri per infarto: una diminuzione generalizzata del 20% negli uomini e del 34% nelle donne, ma con valori ancora alti al Sud. Questo non solo segnala una carenza cronica di prevenzione e assistenza sul territorio, ma genera anche pesanti conseguenze per le famiglie, costrette a spostarsi per ricevere cure salvavita.
Emblematica è la situazione della mobilità sanitaria. Per un intervento di bypass aortocoronarico, nel 2023 quasi il 30% dei pazienti calabresi ha dovuto lasciare la propria regione. Ancora più drammatica la percentuale per le operazioni su valvole cardiache, con il 60% dei residenti calabresi costretti a migrare per curarsi. Un quadro che si ripete anche in Trentino-Alto Adige, dove il tasso di mobilità per bypass è del 33% e quello per le valvole del 43%. In questo caso, si ipotizzano cause legate “alla distribuzione non uniforme delle strutture o alla mancanza di centri specializzati”.
Al Sud si perde vita per le malattie cardiache
La Basilicata segue con cifre comunque preoccupanti: il 17% dei pazienti va altrove per un bypass, il 40% per interventi su valvole. Si tratta di numeri che riflettono un sistema di cure frammentato e fortemente squilibrato, che costringe molti a spostarsi — spesso a caro prezzo, sia economico che psicologico — per ricevere trattamenti fondamentali.
L’iniquità del sistema sanitario non si misura solo nei numeri dei ricoveri, ma anche nella perdita di anni di vita. Gli uomini del Sud, infatti, presentano tassi di anni di vita persi per infarto ben superiori alla media: 664 ogni 100mila abitanti in Campania, 634 in Calabria e 608 in Sicilia, contro i 569 della media nazionale.
Un ulteriore aggravante è rappresentato dagli stili di vita poco salutari. L’obesità colpisce il 10% della popolazione italiana, con un altro 33% in sovrappeso. Nel frattempo, la sedentarietà è aumentata, passando dal 23% al 28%. Anche in questo ambito il Mezzogiorno detiene i numeri peggiori, segno di un allarme sociale che tocca educazione, cultura e accesso a stili di vita sani.
Bellantone (Iss): «Mitigare le disparità regionali»
Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone, non ha dubbi: “Le variazioni regionali dipendono dalla prevalenza delle condizioni a rischio, dalla disomogeneità dei modelli assistenziali e dalle risorse organizzative”. Serve dunque un’azione strategica che sia calibrata sulle reali necessità delle aree più svantaggiate. Secondo Bellantone, i dati del rapporto “potranno essere utili per elaborare strategie che riescano a mitigare le disparità regionali che sono il problema principale della sanità nel nostro Paese”.