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19/12/2025 ore 06.15
Sanità

L’Ortopedia di Paola tra le migliori d’Italia, il primario Candela: «Modello replicabile, vince il lavoro di squadra»

Ospite del programma Dentro la Notizia, il medico ha parlato del recente riconoscimento dell’Agenas, che piazza il reparto da lui diretto nella top ten per il pronto intervento delle fratture di femore: «Il nostro sistema virtuoso nasce in Pronto soccorso»

di Mariassunta Veneziano

È facile immaginarlo in corsia, alle prese con uno di quei casi come «la nonnina di 102 anni, operata, che ha ricominciato a camminare». Uno di quei casi che, meglio dei numeri – ma ci sono anche quelli – raccontano come anche in Calabria esista una buona sanità. E sì, pubblica.

Seduto nello studio cosentino di LaC Tv, ospite del programma di approfondimento quotidiano Dentro la Notizia (RIVEDI QUI LA PUNTATA), Massimo Candela risponde alle sollecitazioni del giornalista Pier Paolo Cambareri con la stessa chiarezza che un medico deve ai suoi pazienti. Primario del reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’ospedale di Paola, maneggia le domande che gli vengono poste e con precisione chirurgica le trasforma nel racconto di un pezzo di sanità calabrese che funziona. A certificarlo, di recente, l’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Un’analisi rigorosa delle performance registrate negli ospedali italiani che piazza l’Ortopedia di Paola nella top ten per il pronto intervento delle fratture di femore negli over 65, operate entro 48 ore nel 94% dei casi. Un dato che spazza via ogni tentazione di falsa modestia.

«Il reparto che dirigo è all’avanguardia. Questi non sono risultati improvvisati ma derivano da anni di lavoro, dedizione e formazione sia del personale che coordino sia di quello degli altri reparti», spiega Candela esaltando un lavoro di squadra che lungo il Tirreno cosentino fa brillare non solo l’Ortopedia, ma l’intero ospedale di Paola.

Perché non c’è solo l’eccellenza rappresentata dagli interventi sul femore, ma tutta una quotidianità silenziosa che travalica i confini di un singolo reparto scrivendo una pagina luminosa nel libro nero della sanità calabrese.

«Il nostro modello virtuoso nasce in Pronto soccorso – sottolinea –. Già lì, nel momento in cui si valuta che serve il contributo di altri reparti, questi vengono coinvolti e si fa tutto entro 48 ore nello stesso Pronto soccorso».

Le difficoltà, certo, non mancano. Ma l’atteggiamento, la «mission» come la chiama Candela, è quella di trovare sempre il modo per superarle.

«Faccio un esempio. Quest’estate al Pronto soccorso – racconta – abbiamo avuto un sovraffollamento di pazienti. Insieme al primario del reparto abbiamo attivato il fast track ortopedico. È stato istituito un ortopedico fisso h12 dalle 8 alle 20, cosicché il paziente possa fare tutto quello che va fatto con il medico e la sala gessi. C’è stato un risparmio nei tempi di attesa che si è riversato anche sugli altri pazienti».

Così, mentre la sanità calabrese lotta ancora con i conti che non tornano e i costi troppo alti di una mobilità passiva dura a morire, a Paola si viaggia nella direzione opposta. «L’unità di Ortopedia ha dati di produttività standardizzati che negli anni sono migliorati costantemente – evidenzia Candela – e quest’anno siamo riusciti a superarci». E ciò, a dimostrazione di quanto detto prima, nonostante le difficoltà. «Lo scorso anno avevamo 18 posti letto, 14 in regime ordinario e 4 in day surgery. Ora l’Azienda sanitaria ha avviato una ristrutturazione del reparto per cui stiamo lavorando con la metà dei posti letto, ma siamo riusciti a ridurre la degenza post operatoria e ad avere un ampio turn over».

Massimo Candela ha scelto la sanità pubblica. E l’ha scelta nella sua Calabria. Originario di Morano, si è lasciato alle spalle un percorso già ben avviato a Pisa per tornare nella sua terra. Spinto, dice sull’orlo della commozione, «dalla passione per il lavoro che mi hanno insegnato i miei genitori».

«Il pubblico per me è una missione – aggiunge – e questo sono riuscito a trasmetterlo anche ai miei collaboratori. Da loro ho una disponibilità estrema e questa è una grande vittoria che sono riuscito a ottenere sia con gli italiani sia con i cubani».

Una missione, precisa, perché «gli stipendi non sono altissimi». E allora la gratificazione non può che venire dal lavoro stesso, dai pazienti. Da quella nonnina che a 102 anni, dopo un intervento, riesce a rimettersi in piedi.

«Dobbiamo cercare di motivare chi sceglie di venire in Calabria», dice, in una sorta di appello, Candela. E per motivare ci sono due modi: «O garantendo la possibilità di fare carriera o aumentando le risorse economiche. Dovremmo cercare di pagare di più specialità “a rischio”», chiarisce.

Intanto, l’ospedale di Paola prosegue per la sua strada che finora pare dare buoni frutti. La forza, rimarca il primario di Ortopedia, è la coesione tra reparti. «Nelle difficoltà uno soccorre l’altro. È un modello replicabile, ma è molto importante anche la passione: senza – conclude – non si va da nessuna parte».

Il racconto che ne viene fuori è quello di una Calabria che non è una terra perduta, come i più rassegnati credono. Di una Calabria che – se messa nelle giuste condizioni – è ancora capace di curare i suoi figli senza costringerli a soffrire il doppio lontano da casa e dagli affetti. Una Calabria che, sotto le sue cicatrici, ha ancora tessuto vivo su cui operare. Per migliorare la sua qualità della vita, per rimettersi in piedi. Come la nonnina ultracentenaria.