Sanità in bilico: meno investimenti, più disuguaglianze. E il futuro (buio) dell’Italia è già scritto nei numeri
Il sottofinanziamento cronico del sistema pubblico accresce il divario tra Nord e Sud: a seconda della Regione fare una Tac può richiedere tre settimane o un anno. I dati parlano chiaro: meno fondi oggi significa più malati e meno diritti domani

Un Paese che spende meno in salute è un Paese che sceglie di ammalarsi. Le cifre, si dice spesso, sono fredde. Ma in certi casi bruciano.
Quando si parla di sanità pubblica, i numeri non sono astrazioni tecniche, ma traducono concretamente la qualità della vita, la durata dell’attesa per una visita, il tempo che una barella resta in corridoio, la possibilità o meno di curarsi senza dover aprire un mutuo.
Negli ultimi anni, complice l’effetto rimbalzo post-Covid, si è tornati a parlare con enfasi del valore del Servizio Sanitario Nazionale. Eppure, dopo le celebrazioni, è arrivata la contraddizione: proprio mentre la pandemia ha mostrato quanto sia vitale un sistema pubblico efficiente, si è cominciato a ridurne il finanziamento in rapporto al Pil.
Dietro questa contrazione silenziosa, si agitano almeno tre questioni centrali che meritano di essere comprese fino in fondo — perché condizionano il presente e, soprattutto, il futuro della sanità italiana.
Sanità pubblica al collasso: 40 miliardi in fumo e un Ssn che muore tra annunci e silenzi istituzionaliQuanto spendiamo rispetto all’Europa?
Spesso si sostiene che l’Italia, nonostante le difficoltà, mantenga un sistema “tra i migliori del mondo”. Ma è una narrativa parziale. Perché la qualità di un servizio sanitario non si misura solo sulla base della buona volontà degli operatori, ma anche delle risorse investite.
Il confronto con i partner europei rivela un dato chiaro: l’Italia investe stabilmente meno degli altri grandi Paesi dell’Unione in rapporto al proprio Pil. Ed è una scelta che ha conseguenze strutturali.
Dal 2001 la sanità è diventata materia a forte competenza regionale. Da allora il Sistema sanitario nazionale si è trasformato in 20 sistemi sanitari diversi, con standard, prestazioni, spese e accessibilità che variano in modo drastico da una Regione all’altra.
Non è più solo questione di “Nord e Sud”. Oggi esistono territori dove fare una Tac richiede tre settimane, e altri dove ne servono sei mesi o un anno. Il diritto alla salute si è trasformato in una lotteria geografica.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha stanziato fondi importanti per la sanità, puntando su digitalizzazione e medicina di prossimità. Ma si tratta di investimenti una tantum, non strutturali. E soprattutto, molti progetti sono già in ritardo, bloccati dalla carenza di personale e da croniche difficoltà di governance. Se le risorse del Pnrr non si trasformano in servizi reali e duraturi, rischiano di essere un’occasione sprecata.
Il divario tra Nord e Sud

Ecco il grafico che mostra la spesa sanitaria pubblica pro capite per Regione (valori indicativi). È evidente il divario tra Nord e Sud, con alcune Regioni che ricevono centinaia di euro in meno per cittadino rispetto ad altre.