Gabriele Cirilli e la sua family conquistano il Teatro Cilea di Reggio Calabria e fanno il tutto esaurito
VIDEO | Dalla supervisione di Carlo Conti al legame con l’Officina dell’Arte, uno show che mescola comicità, vita vera e il coraggio di educare attraverso la scena
Gabriele Cirilli ha portato con sé cuore e complicità a Reggio Calabria, dove è tornato da amico e ospite affezionato dell’Officina dell’Arte alla stagione del Teatro “Francesco Cilea”. La sua, non è solo una compagnia teatrale, non è semplicemente un gruppo di giovani attori in tournée: è una famiglia.
«La famiglia è tutto». E da lì si parte. Cirilli lo dice con la semplicità di chi non cerca l’effetto, ma un senso vero. Alle sue spalle, una piccola folla allegra di ragazzi con cui condivide palcoscenico, strada, treni, valigie e sogni. «Se ci fosse più attenzione verso il nucleo familiare, forse le cose potrebbero andare meglio nel mondo» riflette. «Pensateci: casa, condominio, quartiere, comune, provincia, regione, nazione... Se inizia ad andare bene nel piccolo, poi si allarga come i cerchi nell’acqua». Una visione che parte da dentro e si proietta fuori, come un abbraccio.
Un’idea di famiglia che va oltre il sangue
Nel suo nuovo spettacolo, “Cirilli & Family”, la famiglia non è solo quella di origine. È una comunità di affetti, è un gruppo che si riconosce e si sostiene. «Se ci sono lo spirito e la motivazione giusta, qualsiasi squadra può diventare una family. L’amore è il comune denominatore» spiega l’attore, e lo dice senza retorica, lasciando spazio al gesto quotidiano che vale più di mille definizioni. Come quando, per sentirsi in famiglia, “butta la spazzatura”: un modo per dire che ogni piccolo gesto può servire a sentirsi parte, davvero, di un gruppo.
Sullo sfondo, il legame profondo con chi ha scelto di camminare con lui. «Guardo questi ragazzi con la stessa luce con cui Gigi guardava me. È bello vederli partire in questo mondo straordinario». Non si limita a offrirgli un palco, ma li guida, li protegge, li forma. «Quando sento il dolore che provai all’inizio della mia carriera, cerco di attenuarlo a loro. Non sempre ci riesco, ogni tanto arrivano delle cazziate. Ma lo faccio perché voglio che imparino bene questo mestiere».
Uno show che fa ridere e pensare
Sul palco del “Cilea” va in scena “Cirilli & Family”, uno spettacolo che unisce comicità e riflessione, scritto e strutturato con la supervisione di Carlo Conti. Non è un semplice monologo comico, ma un vero e proprio comedy show, quasi un mini musical, dove la narrazione si intreccia con momenti di canto, recitazione corale e ritmo da varietà. Il risultato è un flusso continuo di emozioni e risate, capace di coinvolgere generazioni diverse.
Cirilli racconta i vizi e le virtù della famiglia partendo dalla propria esperienza personale, con un tono che è insieme leggero e profondo. Il pubblico si ritrova nei racconti, si specchia nelle situazioni, si riconosce nei tic, nei paradossi, nei piccoli drammi quotidiani. «Una semplice squadra può diventare qualcosa di più, una family, se si combatte insieme mossi dall’amore». E lo spettacolo non ha bisogno di volgarità per far ridere: è intelligente, diretto, accessibile, costruito con un’attenzione particolare al linguaggio pulito e alla forza delle idee.
La Factory come palestra di vita
In scena con Gabriele Cirilli ci sono i giovani attori della sua Factory, ragazzi formati in un percorso che unisce studio, pratica e spirito di gruppo. Per lui non sono comparse o accompagnatori, ma interpreti veri e propri, a cui affida battute, ruoli, pezzi di spettacolo. E soprattutto fiducia. «Io li guardo con la stessa luce con cui Gigi guardava me» dice, e in quella frase c’è tutto: trasmissione di esperienza, rispetto, affetto.
Cirilli non è un maestro accomodante: crede nella disciplina e nel valore della formazione professionale. «Ogni tanto arrivano delle cazziate di quelle forti, perché voglio che studino bene questo mestiere» ammette sorridendo. È un richiamo accorato contro la superficialità diffusa, figlia di una cultura social che spesso premia l’improvvisazione. «Non sono contro i social, li uso anch’io. Ma torniamo a imparare davvero questa professione».
Risate, rimproveri e valigie giganti
In ogni famiglia ci sono aneddoti che si tramandano. E anche nella compagnia di Cirilli le “cazziate” diventano ricordi da condividere. A raccontarne una è una delle giovani attrici della Factory, che con ironia rivive una scena da backstage. «Gabry ci aveva detto di portare valigie di una certa dimensione. Io avevo capito male: pensavo intendesse il peso e ho portato un valigione enorme. Ha occupato tutto il bagagliaio e noi dietro eravamo come sardine».
L’episodio fa sorridere, ma serve a Cirilli per sottolineare un concetto preciso: l’equilibrio del gruppo dipende da ogni singolo elemento. «È come una squadra di calcio: se il portiere non para o l’attaccante non segna, la squadra può perdere» spiega. In una famiglia teatrale, anche un dettaglio può fare la differenza. E ogni errore è un’occasione per crescere.
Visioni condivise e radici calabresi
L’incontro con Peppe Piromalli e l’Officina dell’Arte è stato per Cirilli qualcosa di più di una collaborazione artistica. È un incontro umano e professionale che si rinnova nel tempo. «Quando vado in televisione lo chiamo amico, ma qui lo abbraccio. Per me è un grande professionista, un visionario. Lo dico sempre».
Piromalli, secondo Cirilli, ha la capacità rara di anticipare i tempi, scommettendo su volti nuovi e idee coraggiose. «Riesce a portare nomi incredibili in ogni stagione. Ma soprattutto ha un occhio che sa vedere quello che gli altri ancora non vedono». È anche grazie a questo spirito che Reggio Calabria ha potuto accogliere, ancora una volta, uno spettacolo vivo, generoso, travolgente, capace di far ridere e riflettere insieme.
Un palco che accoglie come casa
La chiusura, come tutto lo spettacolo, è condivisa. «Venite a vederci, ovunque capitiate in Italia» dice Cirilli rivolgendosi al pubblico, con il sorriso largo di chi non recita più, ma parla davvero. «È uno spettacolo che fa tanto, tanto ridere, ma anche riflettere. E non è volgare, lo giuro». Gli fanno eco i ragazzi, con un saluto semplice, quasi timido: «Ciao!». E lui li guarda e sorride: «Gli ho insegnato io che la semplicità vince sempre».