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07/05/2025 ore 21.50
Spettacolo

Otto film (più una serie) da vedere mentre il mondo aspetta un nuovo Papa

Dal dramma psicanalitico di Moretti al thriller ecclesiastico di Berger, passando per Sorrentino e Meirelles: come il cinema racconta la solitudine e i segreti del soglio pontificio

di Luca Arnaù

Nelle ore sospese tra una fumata nera e l’altra, con i cardinali riuniti dietro le mura vaticane e il mondo in attesa del celebre habemus papam, c’è un modo per ingannare il tempo e, insieme, tentare di comprendere qualcosa di più di quel che accade nel cuore della Chiesa cattolica. Il cinema ha spesso varcato i confini del colonnato di San Pietro, spingendosi fin dentro i segreti, le ambizioni e le inquietudini del potere spirituale più antico del mondo. E allora ecco una selezione di film – e una serie tv – da riscoprire in questi giorni di Conclave, tra sacro e profano, tra fiction e allegoria, tra storia e psicodramma.

Il conclave continua: è nera la prima fumata sulla Cappella Sistina

Si comincia da Conclave di Edward Berger, il film che ha scosso l’ultimo Oscar con la sua sceneggiatura non originale (tratta dal romanzo di Robert Harris) e che immagina un’elezione papale come una corsa spietata al potere, tra colpi bassi e segreti inconfessabili. Ralph Fiennes è un mite cardinale chiamato a custodire un segreto esplosivo, mentre Sergio Castellitto interpreta un porporato italiano astuto e implacabile. Il finale? Un colpo di scena queer, che ha fatto discutere il mondo cattolico e fatto applaudire le platee di mezzo mondo.

Ma se Berger immagina un’elezione come uno scacchiere da spy story, Nanni Moretti in Habemus Papam mette in scena l’angoscia. Michel Piccoli è il cardinale Melville, eletto Papa suo malgrado. Invece di affacciarsi alla loggia, crolla. Letteralmente. Fugge, si nasconde, rifiuta il ruolo. Moretti, nei panni di uno psicanalista chiamato a rimettere insieme le sue paure, costruisce un apologo commovente e ironico sull’incapacità dell’uomo moderno di reggere il peso del destino.

Anche I due papi di Fernando Meirelles (2019) racconta un’elezione, ma in tono più conciliatorio. Jonathan Pryce e Anthony Hopkins incarnano, rispettivamente, il futuro papa Francesco e Benedetto XVI in un lungo dialogo immaginario fatto di confessioni, divergenze e tentativi di comprensione. Storicamente discutibile, cinematograficamente potente.

Per chi volesse ripercorrere davvero il cammino del primo Papa latinoamericano, c’è Chiamatemi Francesco di Daniele Luchetti (2015), biopic sobrio e sentito che segue Jorge Mario Bergoglio dagli anni bui della dittatura argentina fino alla sera dell’elezione del 2013. Rodrigo de la Serna regala un Bergoglio credibile, umano, incerto, molto lontano dall’icona granitica che a volte l’immagine pubblica restituisce.

Il lato oscuro del potere spirituale è al centro invece di Morte in Vaticano (1982) di Marcello Aliprandi, un piccolo cult dimenticato in cui Terence Stamp interpreta un pontefice troppo progressista per sopravvivere. I corridoi del potere diventano qui un labirinto di intrighi, dove il Vangelo sembra perdere terreno di fronte alla ragion di Stato.

Poi ci sono le incursioni eccentriche, i film fuori asse che raccontano il papato in modi imprevedibili. Come E venne un uomo di Ermanno Olmi, delicato ritratto del “Papa buono” Giovanni XXIII, girato con un rigore quasi documentaristico. Oppure Il Pap’occhio (1980) di Renzo Arbore, satira scanzonata e psichedelica su una Rai in Vaticano, vietato per anni e oggi cult della dissacrazione intelligente. O ancora L’udienza (1972) di Marco Ferreri, viaggio allucinato e kafkiano di un giovane Enzo Jannacci che vuole a tutti i costi parlare col Papa. Un’odissea grottesca sulla solitudine e il bisogno di ascolto.

Infine, non è un film ma vale più di uno: The Young Pope, serie visionaria e barocca firmata Paolo Sorrentino, con un Jude Law indimenticabile nei panni di un pontefice giovane, bello e reazionario, fumatore incallito e stratega spietato, più vicino a Machiavelli che al Vangelo. Un’opera d’arte sul mistero del potere, della fede e del desiderio.

E allora, mentre le campane di Roma aspettano di suonare a festa, il cinema ci ricorda che il papato non è solo un’istituzione, ma anche un simbolo, un enigma, un palcoscenico eterno per drammi umani, spirituali e politici. E ogni film, a suo modo, è una chiave per tentare di aprire quella porta chiusa a chiave da secoli.